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L'OSPITE – ARNO ROSSINI«Shaqiri non è un fuoriclasse, si dimostri almeno intelligente»

04.09.19 - 09:00
Vincente ma comprimario, il 28enne è in crisi perché nel club non influisce. Arno Rossini: «I successi? Una volta tornato a casa si sarà guardato allo specchio e si sarà chiesto: “E io che ho fatto”?»
Keystone (foto d'archivio)
«Shaqiri non è un fuoriclasse, si dimostri almeno intelligente»
Vincente ma comprimario, il 28enne è in crisi perché nel club non influisce. Arno Rossini: «I successi? Una volta tornato a casa si sarà guardato allo specchio e si sarà chiesto: “E io che ho fatto”?»
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LIVERPOOL (GBR) – Guardando al suo palmares e tenendo conto del fatto che non ha ancora compiuto 28 anni, si rimane a bocca aperta. Tra gli allori nazionali, conquistati in Svizzera e Germania, ci sono tre Super League, due Bundesliga, quattro coppe nazionali e una Supercoppa (di Germania). Poi ci sono i dolcetti internazionali. Si sta parlando di una bacheca nella quale sono esposte due Champions League, due Supercoppe UEFA e una Coppa del mondo per club. Un giocatore che ha vinto tanto non può che essere definito un campione. O no? Xherdan Shaqiri, che poi di tanti trofei è il padrone, non può che essere definito un campione. O no? L'attaccante tascabile non è ancora riuscito a convincere tutti delle sue gigantesche possibilità. Ha numeri eccezionali, tanta classe e un fisico confezionato apposta per assorbire l'urto con i difensori più grossi. E poi, stando all'elenco sopracitato, è un vincente. Eppure... Eppure raramente, una volta lasciata Basilea, ha saputo divenire una pedina fondamentale in un club. Lo ha fatto allo Stoke City, dove però non si lottava per traguardi ambiziosi. Non al Bayern Monaco, che pure su di lui aveva scommesso forte. E neppure all'Inter. E neppure al Liverpool, dove ha vissuto giornate da protagonista, intervallate però da lunghi periodi da sopportato.

Heynckes, Guardiola, Mancini, Klopp... tanti grandi mister lo hanno considerato poco. E questo lo ha portato alla recente tristezza. Al momentaneo accantonamento della Nazionale per tentare di scalare le gerarchie tra i Reds. Ma una risalita è possibile? O il genietto di Gjilan è semplicemente un giocatore eccezionale in squadre mediocri e un giocatore mediocre in squadre eccezionali?

«Shaqiri non è un fuoriclasse – ha sentenziato Arno Rossini – non è uno dei top a livello continentale o mondiale».

In tutti questi anni è stato sopravvalutato?
«Questo no. Xherdan è bravissimo, ha grandi qualità; dei limiti a livello caratteriale non lo rendono tuttavia uno dei migliori. Ci sarà pure un motivo se nei grandi club non ha mai sfondato».

Gli era stato pronosticato un futuro da fenomeno. Molto probabilmente non lo avrà. È questo che lo ha portato al crollo di quest'ultimo periodo?
«Non possiamo dire che è depresso. Perché non c'è la certezza e forse non è neppure il termine giusto da usare. Si può in ogni caso sostenere che Shaqiri ha finalmente capito di avere dei limiti. Sono questi che lo hanno relegato a un ruolo marginale al Liverpool. Sono questi che gli hanno fatto perdere serenità».

E lo hanno portato a non accettare la convocazione di Vlado Petkovic...
«Un grave errore. Per se stesso e per la Nazionale. In un contesto positivo, dove è un elemento fondamentale, Xherdan avrebbe potuto ricaricare le batterie e fare il pieno di entusiasmo e fiducia. E la Svizzera... non si può rifiutare».

Entusiasmo e fiducia... si può non averne più nel punto più alto della carriera?
«Certo. È anzi proprio a quel punto che cominci a tirare le prime somme. Shaqiri ha probabilmente per la prima volta capito di non poter realizzare tutti i suoi sogni di bambino. È diventato ricco. È diventato un professionista. Ha vinto tanto però...».

Però?
«Però non può essere soddisfatto perché la gioia e il piacere di giocare arrivano dalle prestazioni personali prima ancora che dai risultati della squadra. Ha vinto due Champions League, ma quanto ha influito in quei successi? Certo, ha festeggiato con i compagni, ha fatto il giro di campo con la coppa, ma poi? Una volta tornato a casa si sarà guardato allo specchio e si sarà chiesto: “E io che ho fatto”? È come se, in una macchina durante una gara, fosse rimasto seduto accanto al pilota. Potete capire l'impatto...».

C'è una soluzione a tutto ciò?
«Fare autocritica. E dimostrare almeno l'intelligenza necessaria per accettare di non essere il numero uno. Una volta fatto ciò tutto sarebbe più leggero per lui».

Dovrebbe sentirsi comodo nel suo ruolo da comprimario al Liverpool?
«Fossi in lui farei un passo indietro per poi farne... tre in avanti. Cercherei una squadra media, com'era lo Stoke City, come potrebbe essere il Newcastle, nella quale poter ricoprire un ruolo centrale. Responsabilizzato e coccolato, Shaqiri tornerebbe a essere felice e, di riflesso, decisivo sul campo».

Mollare Anfield Road vorrebbe dire rinunciare a denari e allori. In una squadra di livello inferiore la Champions non la vinci.
«Meglio stare in campo qualche minuto e non sentire tuo un possibile successo o lottare – e magari essere decisivo – ogni settimana per un obiettivo meno nobile? Io sceglierei la seconda opzione. Senza dubbi. Dico di più, se decidesse di continuare a giocarsi le briciole in una big, Xherdan potrebbe finire con lo spegnersi. E questo sarebbe pessimo anche in ottica Svizzera. Con la Nazionale è sempre stato un fattore. È già uno dei migliori marcatori e potrebbe, nei prossimi 4-5 anni, diventare il giocatore con più presenze. Se però perdesse del tutto l'entusiasmo, quanto spazio potrebbe ancora avere?».

Accettare il suo “status” non da fuoriclasse e scegliersi un club su misura è la via d'uscita. Perché allora non l'imbocca, visto che le soddisfazioni se le è già tolte e il conto corrente l'ha già rimpinguato?
«Penso sia mal consigliato».

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