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TORINOAllegri "No el capisse un casso", «Il mister è ancora alla Juve perché i dirigenti hanno paura»

30.04.19 - 07:01
Meglio la certezza dello scudetto piuttosto che la possibilità di vincere la Champions? Arno Rossini: «In bianconero è così. Allegri dà garanzie, è un aziendalista di alto livello. Però in Europa...»
KEYSTONE/EPA (ROBERTO BREGANI)
Si è cominciato, nei mesi addietro, con frecciatine e tirate d'orecchie; si è continuato con la lite in tv
Si è cominciato, nei mesi addietro, con frecciatine e tirate d'orecchie; si è continuato con la lite in tv
Allegri "No el capisse un casso", «Il mister è ancora alla Juve perché i dirigenti hanno paura»
Meglio la certezza dello scudetto piuttosto che la possibilità di vincere la Champions? Arno Rossini: «In bianconero è così. Allegri dà garanzie, è un aziendalista di alto livello. Però in Europa...»
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TORINO (Italia) - Si è cominciato, nei mesi addietro, con frecciatine e tirate d'orecchie; si è continuato con la lite in tv. Massimiliano Allegri e Daniele Adani hanno infuocato il weekend degli appassionati con i loro "Stai zitto, parlo io" e "Stai zitto lo dici a tuo fratello". Gli animi non si sono placati nemmeno nei giorni seguenti allo scontro televisivo. L'allenatore ha rincarato la dose sulla Rai con un "Non mi piacciono le lezioncine". Il commentatore ha replicato su Radio Deejay con un poco equivocabile: "Lui, maleducato e arrogante".

L'oggetto della diatriba? Una concezione opposta del pallone, in tutte le sue sfumature. Per il primo, il mister, contano i risultati, poco altro. Per il secondo, l'analista, non si può prescindere dal gioco. Chi ha ragione?

«La verità sta nel mezzo - ha sottolineato Arno Rossini - Il risultato è fondamentale. È però anche vero che a certi livelli non puoi arrivare se non con il gioco».

Ad Allegri, Adani ha contestato il fatto di non aver dato un'identità di gioco alla squadra. Lo ha criticato perché, con Ronaldo, vincere la Champions era il vero obiettivo stagionale.
«A livello di gioco, questo è sicuro, dalla Juventus ci si aspettava molto di più. Avrebbe potuto e dovuto imporsi come fanno o provano a fare compagini come Ajax, Barça e City. Non lo ha fatto. Si è anzi adattata, di volta in volta, all'avversario che si è trovata di fronte. E poi, puntando sulle straordinarie qualità dei suoi giocatori, è spesso arrivata al successo. Questo è però accaduto in Italia, non in Europa. Ma Allegri è così, lui sfrutta al meglio le caratteristiche degli uomini che ha a disposizione; è bravissimo a posizionare i suoi e a trovare contromisure ai rivali. È un aziendalista di alto livello».

Questo non è per forza un male.
«Assolutamente no. Ma con un tecnico come Allegri difficilmente puoi avere la vittoria in Champions come obiettivo. Per vincere in Europa serve un'idea di gioco consolidata. Serve avere fantasia in fase offensiva - e la Juve non ce l'ha - come anche un'identità di pressing in fase difensiva. E neppure questo hanno i bianconeri. Il mister fu cacciato dal Milan proprio per questo suo modo di disegnare le squadre...».

Berlusconi lo punzecchiò con un eloquente "no el capisse un casso".
«Una battuta...».

Allora perché continuare con un tecnico così?
«Perché è un vincente, che con il suo modo di fare calcio ti garantisce il successo in Italia. E la crescita del valore dei giocatori in rosa. Non ce ne sono tanti in giro come lui».

Riepiloghiamo. Con i suoi metodi e le sue idee, il mister bianconero è ottimo per le competizioni nazionali, nelle quali la Vecchia Signora parte avvantaggiata da uno strapotere fisico-tecnico ormai consolidato. In Europa però, più in là di un certo punto non può andare.
«Non è che non possa. La Champions League è un torneo duro, nel quale spesso sono i dettagli a fare la differenza. E non dimenticate che con Allegri la Juventus ha fatto due finali. Il punto è che nella competizione continentale i bianconeri partono allo stesso livello delle altre big, non davanti come succede in "casa". Per imporsi hanno quindi bisogno del gioco, con il quale esaltare le loro qualità. Dovrebbero essere sempre propositivi. Ma questo non accade. Non è nel credo dell'allenatore».

Se è tanto facile, perché allora a Torino non si attrezzano con un tecnico diverso. Un Giampaolo, per esempio. O De Zerbi. O Klopp. O Guardiola?
«Per soldi. E perché i dirigenti tengono alla loro poltrona».

Meglio vincere in Italia e sperare in Europa piuttosto che rischiare ovunque?
«Esatto. Manca il coraggio. Hanno paura di affidare la squadra a un allenatore pronto a mettere il gioco davanti alle individualità. Magari con uno così i risultati non sarebbero immediati. Magari con uno così si rischierebbe di non vincere il campionato. Magari con uno così un investimento estivo perderebbe valore. Si è parlato di Guardiola: ricordate che fine fece Ibrahimovic, uno che partecipa alla manovra quanto Ronaldo, nel suo anno di Barcellona? Non si adattò al gioco e finì in disparte fino alla cessione. In quell'operazione i blaugrana persero molti soldi. Alla Juve non vogliono che ciò si verifichi. Meglio quindi un aziendalista che ti garantisce il successo in campionato e un buon cammino in Champions piuttosto che uno che impone le sue idee ma con il quale puoi vivere un'annata mediocre».

Così però le possibilità di trionfare in Champions diminuiscono sensibilmente.
«Certo. E i dirigenti bianconeri lo sanno. Ma si guardano bene dal dirlo».

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