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L'OSPITE«Le convocazioni della Nazionale sono una rottura di palle». Però quanto pesano...

21.03.18 - 08:00
Con che testa giocatori impegnatissimi con i club vestono la maglia di una nazionale per delle amichevoli? E quanto può spingere un selezionatore? Ce lo spiega Arno Rossini
Keystone
«Le convocazioni della Nazionale sono una rottura di palle». Però quanto pesano...
Con che testa giocatori impegnatissimi con i club vestono la maglia di una nazionale per delle amichevoli? E quanto può spingere un selezionatore? Ce lo spiega Arno Rossini
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ATENE (Grecia) - «Le convocazioni della Nazionale sono una rottura di palle». Questa massima, opinabile, fu partorita da un allenatore di serie A il quale, per salvare almeno la faccia aggiunse: «Mi raccomando non scrivetelo. E se proprio dovete pubblicarlo, almeno non fate capire che l'ho detto io».

Noi continueremo a garantire l'anonimato a tale professionista ma, nel frattempo, cercheremo anche di capire se ha detto il vero. Certo, da mister, vedersi portar via molti giocatori per delle partite magari senza senso deve essere poco piacevole. Ma la seccatura è solo per chi si vede depredato? O anche chi deve cambiare maglietta per una decina di giorni non è del tutto felice? Impegnato magari nella rincorsa a un titolo o anche alla salvezza, con quanto entusiasmo un calciatore di una big europea risponde alla chiamata di un selezionatore?

«È un periodo delicato, questo - è intervenuto Arno Rossini - ci sono i campionati che sono entrati nella loro fase calda, i Mondiali che si avvicinano... le amichevoli vanno "interpretate"».

Nel senso che alla convocazione si risponde senza troppa convinzione?
«No. Nel senso che in campo forse non tutti daranno il massimo. Ma tenendo conto, appunto, del momento, ci può anche stare. Per quanto riguarda invece la convocazione, penso che quella sia sempre accettata con entusiasmo. Permette di ritrovare un gruppo che ha un obiettivo importante e anche di staccare per un po' dalla pressione e dalla tensione dei campionati».

I mister, chi più chi meno, lo abbiamo detto, odiano le amichevoli delle nazionali. I calciatori come le affrontano?
«Non si può generalizzare. Ci sono quelli che in campo danno sempre tutto, che si tratti di una partita che vale qualcosa o meno non fa differenza, e ci sono quelli che invece non "mettono la gamba". Ci sono quelli che cercano spazi...».

Quelli che devono guadagnarsi la chiamata per un evento importante?
«Esatto: chi non è sicuro di partecipare al Mondiale, in queste partite cercherà di mettersi in mostra per provare a convincere il selezionatore di turno».

Rischiando.
«Certo. Andare a tutta comporta sempre dei rischi. Gli infortuni sono sempre possibili».

Chi invece del posto è già sicuro?
«Quelli magari un po' si tratterranno. Magari, poi, nemmeno giocheranno i 180' previsti in questi giorni o le ultime due fatiche internazionali delle prossime settimane. Devono onorare la maglia ma anche, contemporaneamente, preservarsi. E poi hanno la stagione con i club da portare a termine. E i club sono i loro datori di lavoro».

In tutto ciò, in un mix di interessi diversissimi, un allenatore come può trarre informazioni o spunti preziosi da un'amichevole? Quanto contano insomma, se si parla della Svizzera, Grecia e Panama?
«Daranno di certo indicazioni importanti, anche se non definitive, e saranno utili per provare soluzioni diverse a livello tattico. Sarà questo, piuttosto che la valutazione del singolo calciatore, a rivelarsi prezioso».

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