L'esonero vallesano? Ovvio, secondo Arno Rossini: «Poco esperto, il mister ha anche “beneficiato” della distrazione di Constantin. Ora per lui in Svizzera è dura. In Italia però può ripartire»
SION – «Alla fine il panettone non l'ha mangiato, ben gli sta». In parecchi, tutti quelli rimasti scottati dal suo addio bianconero, hanno accompagnato con un sorriso e qualche battutaccia la fine della (breve) era-Tramezzani a Sion.
Con il suo esonero, quello che fino a inizio settimana era solo l'amato-odiato ex mister del Lugano ha infatti dato – in maniera involontaria ovviamente – grande soddisfazione a quel popolo di amanti sentitisi traditi dal voltafaccia di giugno.
Quel trambusto è in ogni caso ormai storia antica. Più fresco, attuale, è il crollo del suo castello vallesano, costruito con grande sfarzo ma rivelatosi prestissimo fragile. Poggiato su fondamenta per nulla solide.
E così, visto che in biancorosso c'è un presidente noto per la sua poca pazienza, il biondo allenatore è stato messo alla porta, rinnegato. Ci sta, nel calcio.
«L'esonero era scritto da tempo – è intervenuto Arno Rossini – era tutto chiaro. Anzi, forse hanno avuto addirittura più pazienza del previsto, è durato fin troppo. Di solito, quando prende una decisione, Constantin non temporeggia».
Tramezzani è stato cacciato perché...
«Perché salvo il buon avvio in campionato, il suo Sion ha poi faticato. Ha fatto malissimo in Europa League, venendo eliminato da una squadra impronunciabile, e poi soprattutto è uscito subito in Coppa Svizzera. E questo è un peccato mortale da quelle parti. La coppa nazionale è infatti importantissima per i biancorossi: sanno che con Basilea e Young Boys in giro, imporsi in Super League è difficilissimo, quindi puntano molto sul torneo a eliminazione diretta».
Perché allora non è stato esonerato subito?
«Vi do due motivi. Il primo è che Tramezzani aveva comunque un contratto lungo e importante. Questo gli ha fatto guadagnare del tempo. Il secondo è che Constantin era... distratto».
Da cosa?
«Dall'affaire-Fringer», ha aggiunto Arno con una risata.
Quindi si può dire che la litigata tra il presidente e l'opinionista sia stata utile al mister?
«Sì: gli spintoni a Fringer hanno allungato la vita di Tramezzani».
A livello lavorativo, dove ha fallito il mister?
«Non è riuscito a entrare nel cuore dei tifosi, che al Tourbillon sono “latini”, devono sentirsi coinvolti. Con il suo calcio e i suoi modi di fare non li ha conquistati».
Sul campo invece?
«Ha pagato a caro prezzo la mancanza di esperienza. Già da tempo avevamo sottolineato come i suoi soli sei mesi di panchina l'avrebbero potuto condizionare: è andata proprio così. A Lugano ha “approfittato” di Alioski e Sadiku e, con i risultati dalla sua parte, ha avuto vita facile. A Sion ha incontrato le normali difficoltà di una stagione ma, senza quei due a garantire gol e punti, i suoi modi si sono rivelati poco fruttuosi. Forse più che sul carattere e il lavoro avrebbe dovuto puntare sull'empatia, sul rapporto con i giocatori, sul fare gruppo. Magari così avrebbe potuto più agevolmente farsi capire e seguire».
“Trame” tornerà presto in panca?
«In Svizzera penso ora sia difficile possa trovare altre panchine. A Sion si è infatti bruciato tutto il credito guadagnato a Lugano. Vincendo in biancorosso avrebbe dimostrato che i risultati con i bianconeri erano anche merito suo e non solo di Alioski e Sadiku. Questi mesi vallesani hanno invece provato il contrario, ovvero che a Cornaredo ha vinto grazie alla squadra che aveva sotto mano. Detto ciò, credo che in Italia possa tranquillamente trovare spazio. Una Serie B, una Serie C magari... Si deve comunque ammettere che è un grande lavoratore, quindi non dovrebbe aver problemi a ripartire. Poi ora ha il tempo per scegliere con calma: aveva firmato un contratto di due anni...».