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L'OSPITEErrori, amicizia, soldi, ecco perché Manzo è stato silurato

21.12.16 - 07:00
«Gli “amici” giocatori hanno per caso salvato l'allenatore con delle buone prestazioni?». Arno Rossini ha analizzato il ribaltone bianconero: «Il mister via anche perché aveva un contratto leggero»
Errori, amicizia, soldi, ecco perché Manzo è stato silurato
«Gli “amici” giocatori hanno per caso salvato l'allenatore con delle buone prestazioni?». Arno Rossini ha analizzato il ribaltone bianconero: «Il mister via anche perché aveva un contratto leggero»
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LUGANO – «Il punto cambio-non cambio (allenatore) sta tutto nella fiducia che Renzetti ha ancora in Manzo. Se c'è, allora ci sono i presupposti per continuare. Altrimenti meglio chiudere subito. Per non correre il rischio che il primo colpo di vento si trasformi in un uragano». Non più tardi di una settimana fa Arno Rossini aveva anticipato quello che poi, puntualmente, si è verificato. 

Dopo giorni di riflessione il presidente bianconero ha infatti capito di non essere tranquillo, ha capito di dover intervenire subito piuttosto che trovarsi a cercar soluzioni improvvisate nel bel mezzo del girone di ritorno. E ha esonerato Manzo.

Ha fatto bene o male? Solo il campo, da febbraio in avanti, potrà dirlo.
«La scelta ha una sua logica – è intervenuto ancora Rossini – Renzetti non si è inventato nulla: solo ha valutato il cammino della sua squadra, soppesato pro e contro del cambio e poi ha agito».

Giusto, dunque, silurare il tecnico?
«Ripeto quanto già sostenuto: se era venuta a mancare la tranquillità, allora meglio cambiare subito. Ora almeno Tramezzani avrà tempo per lavorare, per preparare la seconda parte di campionato. Il presidente bianconero ha pensato e agito da imprenditore: ha visto che la sua azienda non stava rendendo al massimo ed è intervenuto».

Quindi la sostituzione è stata sensata?
«I numeri non erano dalla parte dell'ex mister. E neppure certi atteggiamenti della squadra. Questo è innegabile».

Da dove è “nato” l'esonero?
«Dalle ultime settimane di campionato, quando il Lugano, dopo un'ottima partenza, si è afflosciato. Fino a quando Alioski ha giocato a grandi livelli la squadra ha ottenuto buoni risultati. Quando l'esterno macedone è calato si è però spenta la luce».

Sulla condizione di “Gianni” Manzo non poteva certo intervenire.
«No di sicuro. Ma era nel momento in cui tutto stava andando bene che l'allenatore avrebbe dovuto cercare e trovare altri modi per rendere imprevedibili i suoi. E questo non è accaduto. Ecco, sì, il mister non ha saputo gestire le vittorie. Ha peccato caratterialmente...».

Una delle motivazioni “sottoscritte” anche da Renzetti.
«Sia ben chiaro, non sto parlando del Manzo “uomo” ma solo del professionista. Trovo che abbia pesato il fatto di non essere riuscito a tenere i suoi con i piedi per terra dopo l'exploit iniziale. Trovo che sia stato un clamoroso boomerang il fatto di non essere stato in grado di far voltare velocemente pagina al gruppo dopo i primi complimenti. La spogliatoio non ha cambiato atteggiamento nemmeno dopo le prestazioni deludenti. E queste si sono accumulate. Poi l'essere amico dei giocatori...».

Pessima idea?
«Gli atleti sono dei tuoi subalterni. E tu devi rendere conto al tuo presidente. I ruoli devono essere chiari e rispettati. Amico dei giocatori? Quando il gruppo è stato ripreso dopo qualche prestazione deludente ha per caso reagito, “salvando” l'amico allenatore? Non mi pare. I calciatori, in generale, sono così: quando si vince è merito di tutti, quando si perde è colpa dell'allenatore. Magari non lo dicono, ma con i comportamenti, “curando il loro orticello”, lo fanno capire. Comprendo la stima e il rispetto, ma l'amicizia tra mister e giocatori proprio no».

Con Zeman, dice Renzetti, non volava una mosca.
«Deve essere così. Il boemo andava per la sua strada, aveva i suoi metodi e bacchettava tutti. Ha anche commesso degli errori ma a fine anno ci è arrivato. Questo a Manzo non è riuscito. Poi, certo, una persona ti può andare a genio o meno, ma insomma stiamo parlando di rapporti lavorativi. Troppa confidenza non va bene».

A proposito di Zeman: seppur con meno qualità, il suo Lugano aveva fatto più o meno lo stesso cammino di quello di quest'anno. Perché lui il posto l'ha conservato?
«Per tutto quel che abbiamo detto fino a ora. Ha portato ordine, idee, rispetto dei ruoli. Poi di sicuro ha fatto degli sbagli, ma secondo Renzetti ha ottenuto il massimo possibile. E poi, non ultimo, Zeman è Zeman...».

La fama...
«Il curriculum più che altro. Ecco, anche, cosa è mancato a Manzo. Il boemo ha esperienza da vendere, sia nella gestione del gruppo che in quella dei rapporti con il presidente. Il numero uno bianconero ha peccato più volte mettendo in difficoltà, per mezzo stampa, i suoi collaboratori. Questo l'allenatore di quest'anno l'ha sofferto. Quello dell'anno passato invece no. E poi Zeman aveva un signor contratto».

E Manzo no.
«Non è semplice esonerare un mister che guadagna decine di migliaia di franchi ogni mese. Lo stipendio devi corrisponderlo comunque fino a fine campionato. Prima di cacciarlo - e gettare alle ortiche una grossa cifra - ci pensi più volte».

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