A Rotterdam Roger Federer ha scritto un nuovo capitolo - bellissimo tra l'altro - dell'interminabile libro della sua carriera
ROTTERDAM (Paesi Bassi) - Si guardano i numeri, si guardano le statistiche e ci si prepara a quello che potrebbe essere un match tirato. In fondo Dimitrov è uno degli astri nascenti del tennis. In fondo il suo obiettivo, tornare numero uno al mondo, a Rotterdam Federer lo ha già raggiunto. In fondo si trovano di fronte un vecchio di 36 anni e un atleta che, 26enne, sta avvicinandosi alla maturità fisica...
Tutto questo, tutte le previsioni e le idee fatte, vengono spazzate via come fuscelli al vento non appena i due cominciano a giocare. Il giovane, l'affamato, l'esuberante e l'entusiasta è quello "sbagliato". Non è - come dovrebbe essere - Grigor da Haskovo, bensì Roger da Basilea. È forse questo, battersi con la voglia di un principiante, uno dei segreti che rendono (quasi) imbattibile Federer. Che ancora adesso, dopo una corsa cominciata anni fa, gli permettono di correre, giocare, entusiasmare e soprattutto vincere sui campi di mezzo mondo.
Della finale olandese, chiusa 6-2, 6-2 in 55' c'è poco da dire. Del torneo in sé, che ha permesso al renano di salire a quota 97 successi in carriera (il recordman Jimmy Connors, arrivato a 109, non è più lontanissimo) pure. Sono però entrambi "buoni" perché danno spunti importanti. Ci fanno capire quanto Federer goda a rimanere in campo, ci spiegano quanto - nonostante le mille volte in cui ha fatto spallucce - tenesse a tornare numero uno al mondo. Quasi gli servisse la certificazione dei computer ATP per ricordare a tutti che il Re è ancora lui. Ma Roger, in fondo, è fatto così: appena ha certezze solo finché rimane in campo. Quando i riflettori si spengono, ha bisogno di una nuova sfida, di un nuovo campo da domare o una nuova classifica da scalare, per provare a sé stesso prima ancora che al mondo che lo circonda di essere il migliore. Applauditelo, seguitelo e gustatevelo finché potete. Ancora qualche record potrà scriverlo, ma prima o poi il suo grande libro dovrà pur chiuderlo. Quel giorno pare in ogni caso ancora lontano, seppur non lontanissimo; quindi più che il momento dei ricordi, questo deve essere il momento delle celebrazioni. Via il cappello davanti al Campione. Anzi, in ginocchio davanti al Re. Vecchio sì, ma ancora abbastanza forte per riprendersi il trono.