L'intercettazione di una telefonata di un affiliato a un clan conferma il complotto ai danni del Pirata. L'inchiesta sarà però archiviata per prescrizione
FORLÌ (Italia) - Ora, finalmente, si sa la verità: Marco Pantani perse il Giro d'Italia del 1999 - e da lì cominciò il processo autodistruttivo - a causa di un "giochetto" della camorra.
Il Pirata, il ciclista più forte della fine dello scorso millennio, fu escluso dal Giro del 1999 perché la mattina del 5 giugno il valore del suo ematocrito superò la soglia consentita.
Da anni si specula su quello che effettivamente accadde quel giorno. Sulla possibilità che il campione avesse assunto sostanze dopanti o, invece, sulla possibilità di un complotto.
La verità è arrivata al termine delle indagini portate avanti dal Pubblico Ministero della Procura di Forlì. Fu la camorra a minacciare un medico per alterare il controllo del sangue di Pantani. Un clan, pesantemente espostosi nelle scommesse clandestine, non poteva permettersi di "pagare" un successo del Pirata. Decise così di fermare, con le cattive, il campione in quel momento più amato del ciclismo internazionale.
La prova regina del coinvolgimento della camorra nella vicenda Pantani è arrivata con un'intercettazione ambientale. Una "cimice" ha infatti catturato una conversazione dell'esponente del clan coinvolto mentre questi ammetteva il complotto. Il camorrista in questione è lo stesso che nel 1999 suggerì al criminale italiano Renato Vallanzasca, al tempo suo compagno in un carcere milanese, che Pantani non avrebbe finito la corsa.
Le indagini hanno, insomma, fatto chiarezza su quel che successe diciassette anni fa. Non renderanno in ogni caso giustizia: la Procura di Forlì può infatti soltanto archiviare tutto il procedimento in quanto i reati sono caduti in prescrizione.