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ITALIA«Nell’800 Marx sarebbe stato etichettato come “fake news”»

02.06.17 - 07:00
Il filosofo Diego Fusaro spiega perché è importante “pensare altrimenti” e cosa contrasta la formazione del dissenso
Archivio POESTATE
«Nell’800 Marx sarebbe stato etichettato come “fake news”»
Il filosofo Diego Fusaro spiega perché è importante “pensare altrimenti” e cosa contrasta la formazione del dissenso

LUGANO - “Pensare altrimenti” è il titolo di un libro del filosofo Diego Fusaro, dal quale l’autore prenderà spunto a POESTATE per parlare di “filosofia del dissenso” e, insieme all’artista Gabriele Morleo, dell’attualità del pensiero di Antonio Gramsci. Fusaro e Morleo dialogheranno dalle 20 di sabato 3 giugno, a 80 anni dalla morte del grande pensatore sardo, analizzando gli strumenti offerti nelle Lettere e nei Quaderni per comprendere la realtà e il tempo in cui viviamo. Un’epoca, dice Fusaro, in cui «l’ordine dominante non reprime il dissenso ma opera affinché esso non si costituisca».

Perché, oggi più che mai, è importante “pensare altrimenti”?

«L’esigenza si pone quando tutti pensano nello stesso modo e nelle stesse forme».

Cosa serve affinché il dissenso si costituisca?

«Il dissenso acquista coscienza di sé quando sono chiare le contraddizioni del pensiero dominante, e quando si acquisisce consapevolezza si può pensare ed essere altrimenti».

In “Pensare altrimenti” si scaglia contro la “neolingua” infarcita di termini inglesi, che annulla le lingue nazionali e «favorisce l’accettazione irriflessa della galassia semantica dell’ordine neoliberale»: come siamo arrivati a questo punto, e se ne può uscire?

«Tutto nasce dalle lenta e continuativa avanzata del capitale, e ciò accade fin dal 1989, anno che gli sciocchi ancora oggi lodano come data di liberazione. La neolingua si fa strada perché c’è l’assenza di una controparte che la bilanci o che si opponga. Il fenomeno però non è irreversibile, come tutto in questo mondo: chi afferma che lo sia è chi ha interesse affinché tutto resti uguale».

Lei accusa le categorie contrapposte (autoctoni e stranieri, omosessuali ed eterosessuali, vegetariani e carnivori) di essere «sterili e fuorvianti»: perché lo sono, e come si è arrivati a creare questo etichettamento?

«L’etichettamento viene creato da chi sta in alto e ha interesse che chi sta in basso guerreggi. Per questo motivo proliferano i conflitti fra gli ultimi, che non colpiscono però l’egemonia dominante».

Come è stato possibile che la massa sia diventata «la quantità anonima e amorfa degli io individuali, ciascuna dei quali pensa, consuma e vede lo stesso, ma in maniera solitaria»?

«È frutto di un lentissimo processo che prende origine dalle contestazioni e dal 1968. Tutto nasce dall’ammodernamento ultra-capitalistico e post borghese della società che vuole che l’individuo sia affrancato dai vincoli di ogni genere. Siamo passati da Marx a Nietzsche, al suo individualismo».

Secondo una percezione comune a molti i media sono propagatori del pensiero unico e il dissenso nasce e si sviluppa sul web e sulle reti sociali: è vero oppure no?

«Non tanto. Nel web per ora ci sono più spazi di espressione rispetto ai canali informativi altri. Quando si cerca di limitare i pensieri non concordi a quello dominante nasce l’etichetta di “fake news”, o meglio: si cerca di far passare il dissenso come notizia fasulla. Nell’800 Marx sarebbe stato etichettato come “fake news”, e lo stesso accade oggi alle voci non allineate».

Lei è già stato a Lugano un anno fa, e ha ricevuto il Premio POESTATE: come è cambiato il mondo in questo lasso di tempo?

«La situazione è stazionaria/peggiorativa, manca un’egemonia alternativa rispetto al blocco dominante. Non vorrei fare la Cassandra ma le cose non vanno meglio, anzi».

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