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L'OSPITEIl privilegio di un gesto che può cambiare le cose.

16.04.21 - 08:28
Tommaso Gianella, Candidato 28 al Consiglio Comunale di Lugano, lista numero 6.
Tommaso Gianella
Il privilegio di un gesto che può cambiare le cose.
Tommaso Gianella, Candidato 28 al Consiglio Comunale di Lugano, lista numero 6.

Votare significa poter dire la propria, e scusatemi se vi pare è poco… andate a dirlo a chi subisce da anni i soprusi del proprio Stato senza poter cambiare nulla. Sono sempre stupito di quanti amici che abitano all’estero mi esprimano la loro invidia per il fatto che noi svizzeri abbiamo la possibilità di esprimerci su molti argomenti, mentre loro non lo possono fare che rarissimamente… il resto è deciso centralmente e non resta che adattarsi.

Ma io sono cosciente di questa fortuna?

“Svizzera. Storia di un popolo felice”, era il titolo di un libro di Denis de Rougemont, scrittore e filosofo svizzero. Ma siamo veramente un popolo felice? O siamo un popolo viziato da tante libertà e tanti diritti, ai quali ci siamo talmente abituato da non esercitarli (e richiederli) nemmeno più?

Se guardiamo le statistiche su quanti hanno votato finora per queste comunali, direi che sì, forse abbiamo un problema. Non ci crediamo più?
A cosa non crediamo più? Al fatto che le cose possano cambiare? Alla possibilità di restare uniti nello stesso Stato? Ai valori del nostro Paese? Alla democrazia? Oppure a cose più immediate come il fatto che un giorno torneremo al ristorante…? Oppure a cose più fondamentali: alla stessa felicità? Oppure più semplicemente siamo pigri?
Così pigri da non riuscire nemmeno ad aprire la busta di voto…

È stata invece grande la sorpresa quando sabato scorso alla bancarella comune PPD-Verdi Liberali, si avvicina un uomo molto gentile e in un italiano con cadenza slava ci dice: “Siamo un gruppo di cittadini svizzero-kosovari e abbiamo fatto ritorno in Kosovo da diversi anni, ma siamo rientrati per votare. Da noi c’è tanto lavoro da fare ancora, ma ci sentiamo sostenuti dall’essere parte anche di questa comunità
ticinese”..
Che coscienza!

Io sono pronto a fare 1'450 km per andare a votare? 14 ore di auto per dire grazie ad un Paese che mi ha accolto quando avevo bisogno fino a darmi la sua nazionalità?
Non ne sono così certo.

È tempo che ci rendiamo conto che la comune appartenenza di quattro comunità linguistiche (e culturali), di cattolici e protestanti e di così tante e innumerevoli diversità, con un sistema di accoglienza tra i più inclusivi al mondo, non è qualcosa di ordinario. La Svizzera (con tutto ciò che comprende) sta in piedi su un sistema di valori condivisi, primo fra tutti il rispetto delle libertà individuali; ma anche quello di
uno Stato stimato da tutti perché funziona ed è l’espressione della volontà dei cittadini comunicata attraverso una democrazia semi diretta.

Liberi e svizzeri, si diceva una volta. Non era, e non è, soltanto un modo di dire.

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