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FUTUROLOGIAIl prossimo salto evolutivo dell'umanità

07.09.10 - 10:00
Come potrebbe essere l'umanità che raggiungerà la civiltà di tipo I. La simbiosi tra un essere biologico e una macchina.
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Il prossimo salto evolutivo dell'umanità
Come potrebbe essere l'umanità che raggiungerà la civiltà di tipo I. La simbiosi tra un essere biologico e una macchina.

Nel mio precedente contributo "La continuazione della specie", ho cercato di ipotizzare, se e come, l’umanità potrebbe sopravvivere in eterno.
Ho passato in rassegna le ultime ipotesi della fisica teorica e mi sono concentrato sull’aspetto ambientale, essenzialmente riferito all’Universo e al suo funzionamento. Il tutto sviluppato su una scala temporale lunghissima.
Con questo contributo, vorrei invece spostare l’attenzione sulla centralità del genere umano e sui suoi possibili salti evolutivi che potrebbero avvenire in un futuro molto meno remoto, diciamo già entro la fine del XXI secolo.

Fusione tra tecnologia e intelligenza umana

Guardando in avanti parecchi decenni, è molto probabile che il salto evolutivo del genere umano consisterà nella fusione dell'ampia conoscenza incorporata nei nostri cervelli con la capacità, la velocità e l'abilità della conoscenza della tecnologia che produrremo.
Questo salto evolutivo consentirà alla nuova civiltà uomo-macchina di superare il limite del cervello umano, che oggi è costituito da cento milioni di miliardi di connessioni estremamente lente.
In effetti, sembra che non ci siano oggettivi impedimenti che possano precludere a priori la crea­zione di entità ancora più intelligenti.
L'analogia migliore che esiste è quella con il passato dell'evoluzione: gli animali possono adattarsi a problemi esistenziali, ma spesso a una velocità non superiore a quella naturale.
Noi esseri umani abbiamo la capacità di interiorizzare il mondo e di fare esperimenti ipotetici nella nostra testa; possiamo risolvere molti problemi migliaia di volte più velocemente rispetto alla sele­zione naturale.
Ora, creando i mezzi per eseguire queste simulazioni a velocità molto più alte, entriamo in un regime radicalmente diverso dal nostro passato umano, tanto quanto noi umani siamo diversi dagli animali inferiori.
Dal punto di vista umano, questo cambiamento significherà librarsi da tutte le regole precedenti, forse in un batter d'occhio, una fuga esponenziale oltre ogni speranza di controllo.

Molti eminenti studiosi come Vernor Vinge, Hans Moravec, Raymond Kurzweil e altri, hanno defi­nito l’età delle macchine intelligenti, il prossimo stadio evolutivo della nostra civiltà.
Macchine che cresceranno da noi, impareranno le nostre abilità e condivideranno i nostri fini e i nostri valori.

E’ possibile che il ritmo del progresso tecnologico continui ad accelerare all’infinito?
Non c'è un punto in cui, gli esseri umani non saranno più in grado di pensare abbastanza velo­cemente da tenere il passo? Per gli esseri umani "non equipaggiati", chiaramente sarà così.

Ma che cosa potranno ottenere mille scienziati, ognuno mille volte più intelligente degli scienziati umani di oggi, e ognuno in grado di lavorare mille volte più velocemente degli esseri umani di oggi?

Che cosa riusciranno a escogitare?

Beh, per dirne una, escogiteranno qualche tecnologia per diventare ancora più intelligenti, poiché la loro intelligenza non sarà più a capacità fissa. Cambieranno i loro stessi processi di pensiero per poter pensare ancora più rapidamente. Quando gli scienziati diventeranno un milione di volte più intelligenti e agiranno un milione di volte più velocemente, un'ora sarà come un secolo, nei termini di oggi.

Presupposti, progetti e tendenze che, secondo Raymond Kurzweil, lasciano supporre l’avvento dell’età delle macchine intelligenti

    • La velocità di cambiamento dell’innovazione tecnologica sta accelerando, già ora raddoppia ogni decennio.
       
    • La potenza (rapporto prezzo‑prestazioni, velocità, capacità, larghezza di banda) delle tecnolo­gie dell'informazione, cresce esponenzialmente a un ritmo ancora maggiore: oggi raddoppia ogni anno circa. Questo principio vale per un'ampia gamma di grandezze, fra cui anche la quantità di conoscenza umana.
       
    • Più migliora il rapporto fra costi ed efficacia di una tecnologia, tante più risorse si mettono in campo per il suo avanzamento, perciò, il ritmo della crescita esponenziale aumenta nel tempo. Per esempio, l'industria informatica negli anni quaranta, era costituita da una manciata di pro­getti storicamente importanti. Oggi il giro d'affari complessivo dell'industria informatica supera i mille miliardi di dollari.
       
    • La scansione del cervello umano è una delle tecnologie che migliorano esponenzialmente. Comin­ciamo solo ora ad avere gli strumenti sufficienti per iniziare una seria decodifica dei prin­cipi di funzionamento del cervello umano. Abbiamo già modelli notevoli e simulazioni di una ventina fra le centinaia di regioni del cervello. Nel giro di un paio di decenni, avremo una com­prensione dettagliata di come funzionano tutte le regioni del cervello umano.
       
    • Avremo l'hardware necessario per emulare l'intelligenza umana con supercomputer.
       
    • Disponendo sia dell'hardware che del software necessari per emulare pienamente l'intelligenza umana, si può immaginare che i computer supereranno il test di Turing (il che indica un'intelli­genza non distinguibile da quella degli esseri umani biologici) alla fine del 2030.
       
    • Quando raggiungeranno questo livello di sviluppo, i computer saranno in grado di combinare i tradizionali punti di forza dell'intelligenza umana con quelli dell'intelligenza delle macchine.
       
    • Fra i punti di forza dell'intelligenza delle macchine vi è la capacità di ricordare, con precisione, miliardi d’informazioni e di richiamarle istantaneamente.
       
    • Un altro vantaggio dell'intelligenza non biologica è che, una volta che una competenza è padro­neggiata da una macchina, può essere applicata ripetutamente a grande velocità, con una pre­cisione ottimale e senza stancarsi.
       
    • La cosa forse più importante è che le macchine possono condividere le loro conoscenze a velo­cità estremamente elevate, rispetto alla lentezza della condivisione umana delle conoscenze attraverso il linguaggio.
       
    • L'intelligenza non biologica potrebbe essere in grado di scaricare competenze e conoscenze da altre macchine, alla fine anche da esseri umani.
       
    • Le macchine elaboreranno e commuteranno segnali a velocità prossime a quella della luce, rispetto ai circa cento metri al secondo dei segnali elettrochimici usati nei cervelli biologici dei mammiferi. Il rapporto fra queste velocità è di almeno tre milioni a uno.
       
    • Le macchine possono mettere in comune risorse, intelligenza e memoria. Due macchine, o un milione di macchine, potranno collegarsi per diventare una sola, poi separarsi di nuovo. Più macchine possono fare entrambe le cose allo stesso tempo: diventare una sola e separarsi. Gli esseri umani lo chiamano innamorarsi, ma la nostra capacità biologica in proposito è volatile e inaffidabile.
       
    • Quando le macchine raggiungeranno la capacità di progettare e ingegnerizzare tecnologia come fanno gli esseri umani, ma a velocità molto più elevate e con potenza di gran lunga supe­riore, avranno accesso ai loro stessi progetti (codice sorgente) e potranno manipolarli. Gli esseri umani oggi fanno qualcosa di simile attraverso le biotecnologie (modificando i processi genetici e altri processi informativi che sottostanno alla nostra biologia), ma più lentamente e in modo molto più limitato di quel che potranno fare le macchine nel modificare i loro stessi programmi.
       
    • La biologia ha limiti intrinseci. Per esempio, ogni organismo vivente deve essere costruito a par­tire da proteine che vengono ottenute da stringhe unidimensionali di amminoacidi. I meccanismi basati sulle proteine mancano di forza e di velocità. Potremmo riuscire a ripro­durre tutti gli organi e i sistemi dei nostri organismi e cervelli biologici in modo che siano di gran lunga più potenti.
       
    • L'intelligenza umana ha un certo grado di plasticità (è in grado cioè di modificare la sua strut­tura), molto più di quanto non si pensasse un tempo. Ma l'architettura del cervello umano, comunque, è profondamente limitata. Per esempio, nel nostro cranio c'è spazio per circa cento milioni di miliardi di connessioni fra neuroni. Un cambiamento genetico che ha reso possibile agli esseri umani una capacità cognitiva molto superiore a quella dei nostri antenati primati, è stato lo sviluppo di una corteccia cerebrale più grande, insieme allo sviluppo di un maggior volume di materia grigia in certe regioni del cervello. Questo cambiamento, però, si è verificato secondo i tempi lenti dell'evoluzione biologica e porta con sé comunque un limite intrinseco alla capacità del cervello. Le macchine potrebbero riformulare il loro stesso progetto e aumentare le loro capacità senza limiti. Grazie a progetti basati sulle nanotecnologie, le loro capacità saranno di gran lunga superiori a quelle dei cervelli biologici, senza che questo comporti aumenti di dimensioni o di consumo energetico.
       
    • Le macchine, inoltre. potrebbero trarre vantaggio dall'uso di circuiti molecolari tridimensionali molto veloci. I circuiti elettronici di oggi sono oltre un milione di volte più veloci delle commuta­zioni elettrochimiche nei cervelli dei mammiferi. I circuiti molecolari di domani saranno basati su dispositivi come nanotubi, minuscoli cilindri di atomi di carbonio con un diametro di circa dieci atomi, e cinquecento volte più piccoli dei transistor di silicio di oggi.Poiché i segnali avranno distanze molto minori da percorrere, potranno funzionare a velocità dell'ordine dei terahertz (migliaia di miliardi di operazioni al secondo) rispetto ai pochi gigahertz (miliardi di operazioni al secondo) dei chip attuali.
       
    • La velocità del cambiamento tecnologico non sarà limitata alle velocità delle nostre menti. L'intelli­genza delle macchine migliorerà le sue stesse capacità in un ciclo di feedback che l'intel­ligenza umana, senza ausili, non sarà in grado di seguire.
       
    • Insieme con l'accelerazione del ciclo di miglioramento dell'intelligenza non biologica, la nanotec­nologia potrebbe consientire la manipolazione della realtà fisica a livello molecolare.
       
    • La nanotecnologia consentirà di progettare nanobot, robot disegnati a livello molecolare, con misure nell'ordine dei micrometri (milionesimo di metro), come i "respirociti" (globuli rossi mec­canici)". I nanobot potrebbero avere un gran numero di ruoli nel corpo umano, fra cui anche quello di invertire il processo d’invecchiamento (nella misura in cui questo compito non sarà già stato realizzato attraverso la biotecnologia, per esempio con l'ingegneria genetica).
       
    • I nanobot interagiranno con i neuroni biologici per aumentare enormemente l'esperienza umana, creando realtà virtuali dall'interno del sistema nervoso.
       
    • Miliardi di nanobot nei capillari del cervello estenderanno enormemente l'intelligenza umana.
       
    • Una volta che l'intelligenza non biologica avrà messo saldamente piede nel cervello umano (cosa che è già iniziata con gli impianti neurali computerizzati), l'intelligenza meccanica nei nostri cervelli crescerà esponenzialmente (com’è già successo), raddoppiando di potenza ogni anno. L'intelligenza biologica, invece, è effettivamente di capacità fissa; perciò la parte non biologica della nostra intelligenza finirà per predominare.
       
    • La capacità umana di comprendere le emozioni e di rispondervi in modo appropriato (la cosid­detta intelligenza emotiva) potrebbe essere una delle forme dell'intelligenza umana che ver­ranno capite e padroneggiate dalla futura intelligenza delle macchine. Alcune fra le nostre risposte emotive sono regolate in modo da ottimizzare la nostra intelligenza nel contesto dei nostri corpi biologici, limitati e fragili. Anche l'intelligenza delle macchine del futuro potrebbe avere "corpi" (per esempio, corpi virtuali in realtà virtuale, o proiezioni nella realtà "reale" gra­zie ai foglet) per interagire con il mondo, ma questi corpi della nanoingegneria saranno dotati di capacità maggiori e dureranno molto più dei corpi umani biologici. Perciò alcune delle rispo­ste "emotive" dell'intelligenza delle macchine saranno riprogettate in modo da riflettere le loro capacità fisiche, ampiamente perfezionate.
       
    • Man mano che la realtà virtuale dall'interno del sistema nervoso diventerà "concorrenziale" rispetto alla realtà reale, le nostre esperienze avverranno sempre più in ambienti virtuali.

Interrogativi sulle conseguenze di questo possibile salto evolutivo

Alcuni scienziati e filosofi chiamano "postumano" l’era delle macchine intelligenti. Tuttavia, essere umani significa essere parte di una civiltà che cerca di estendersi oltre i propri confini.

Stiamo già andando oltre la nostra biologia, ottenendo gli strumenti per riprogrammarla e raffor­zarla.

Se un essere umano modificato dalla tecnologia pensiamo che non sia più umano, dove tracce­remo la linea di demarcazione?
Un essere umano con un cuore bionico è ancora umano?
E se avesse un impianto neurologico?
E se avesse due impianti neurologici?
E se qualcuno avesse dieci nanobot nel cervello?
Se ne avesse 500 milioni?
Dovremmo stabilire un limite a 650 milioni di nanobot, al di sotto dei quali si è ancora umani e quando lo si supera non si è più umani?

Qualcuno dice che la fusione tra un essere umano e una macchina, crea una nuova "specie".
Ma quello di specie è un concetto biologico, e quel che stiamo facendo, già oggi, è trascendere la biologia. La trasformazione non è solo un altro passo in una lunga serie di passi dell'evoluzione biologica.
Stiamo mettendo completamente sottosopra l'evoluzione biologica e in tempi talmente brevi che, probabilmente, già i nostri nipoti saranno confrontati con questa realtà.

Se tutto quanto previsto da Kurzweil e da altri si dovesse avverare, nella futura civiltà di tipo I, ci sarà ancora spazio per le Religioni tradizionali?
Ci sarà ancora spazio per tutti quei temi che oggi ci sembrano di fondamentale importanza?

 

Fonte bibliografica:

Raymond Kurzweil, "La singolarità è vicina".

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