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FUTUROLOGIALa continuazione della specie

25.05.10 - 17:25
Esistono delle ipotesi scientifiche in base alle quali la specie umana potrebbe sopravvivere in eterno?
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La continuazione della specie
Esistono delle ipotesi scientifiche in base alle quali la specie umana potrebbe sopravvivere in eterno?
Uno dei più laceranti interrogativi dell'essere umano, è sempre stato quello di chiedersi che fine farà l'uomo. Le Religioni promettono la vita eterna in un luogo che può essere gradevole o meno, a seconda della vita condotta da ogni singolo. Altri confidano nella spiritualità più astratta e non convenzionale, in base alla quale lo spirito dell'uomo sopravviverà in eterno in una dimensione idilliaca. Altri ancora ritengono che un giorno tutto finirà, in una maniera o nell'altra, compreso l'uomo.
Accantonando i dogmi religiosi e le varie credenze spirituali, proviamo ad analizzare cosa dice la scienza a questo proposito, sia per quanto riguarda il destino dell'Universo e sia per quanto riguarda il destino della specie umana.
Prima però di addentrarci nell’analisi, è necessario stilare un quadro della situazione attuale, definendo l’Universo in base alla sua nascita, alla sua vita e cercare di descrivere le ipotesi scientifiche sulla sua ipotetica fine. Parallelamente, cercheremo di collocare l’uomo all’interno dell’Universo.
 
Circa 13,7 miliardi di anni fa, con l’esplosione del famigerato Big Bang, nasce il nostro Universo e, da allora, sembra che sia in continua espansione. Evitando i tediosi tecnicismi, per dare un’idea intuitiva sul significato di espansione dell’Universo, proviamo ad immaginarci un palloncino. Dopo averlo gonfiato appena un po’, prendiamo un pennarello e iniziamo a punteggiare la superficie del palloncino. Ogni puntino rappresenta una galassia e cominciando a gonfiare il palloncino, ci si accorgerà che i puntini cominciano ad allontanarsi fra loro e continueranno ad allontanarsi in maniera proporzionale alla grandezza del palloncino che si gonfia. La teoria cosmologica più accredita, dice che l’Universo (palloncino) si espanderà all’infinito. Questa teoria è detta "Big Freeze".
Nel quadro che emerge dai dati del satellite WMAP, c'è una misteriosa forza di antigravità che sta accelerando l'espansione dell'Universo.
Se continuasse così per miliardi, o migliaia di miliardi di anni, l'Universo finirebbe inevitabilmente per raggiungere un Big Freeze simile alle bufere che annunciano il crepuscolo degli dei, e la vita così come la conosciamo noi, sarebbe condannata a sparire. Questa forza di antigravità è proporzionale al volume dell'Universo. Pertanto, più grande è l'Universo e più forte è l'antigravità che allontana le galassie, il che a sua volta aumenta il volume dell'Universo, e così via.

Il circolo vizioso si ripete senza fine, fino a quando l'Universo non comincia a crescere in modo incontrollato ed esponenziale.
Ciò significa che le trentasei galassie del nostro Gruppo Locale finiranno per costituire l'intero Universo visibile, mentre miliardi di galassie, un tempo vicine, saranno state proiettate al di là del nostro orizzonte degli eventi.
Con l'espansione dello spazio intergalattico, a una velocità superiore a quella della luce, l'Universo diventerà un luogo incredibilmente solitario. Le temperature precipiteranno, e l'energia rimanente si distribuirà attraverso il cosmo in modo sempre più rarefatto. Con le temperature sempre più vicine allo zero assoluto, le specie intelligenti dovranno affrontare il loro destino finale: morire congelate.
Prendendo per buona la teoria del Big Freeze, vediamo di collocare l’epoca odierna nell’arco della vita dell’Universo, che dovrebbe terminare con il "grande gelo".
 
Le cinque fasi dell'Universo
Nel tentativo di analizzare la storia completa dell'Universo, scienziati come Fred Adams e Greg Laughlin hanno pensato di suddividerla in cinque fasi distinte. Dato che stiamo parlando di scale temporali veramente astronomiche, ci serviremo di un’unità di misura detta "Decade Cosmologica" che è una divisione del tempo di vita dell'Universo di tipo logaritmico in base 10. Ciascuna successiva decade cosmologica rappresenta un incremento di dieci volte nell'età totale dell'Universo.
 
Fase 1: l'era Primordiale
Nella prima fase (compresa tra -50 e 5), l'Universo subì un'espansione rapidissima, ma anche un raffreddamento altrettanto rapido. Nel raffreddarsi, le varie forze, che prima erano fuse in una "superforza" dominante, si separarono, dando origine alle quattro forze che conosciamo oggi. La prima a separarsi fu la gravitazione, seguita dall'interazione nucleare forte e, successivamente, dall'interazione nucleare debole. Inizialmente l'Universo era opaco e il cielo appariva bianco, dato che la luce veniva assorbita poco dopo essere stata emessa. 380’000 anni dopo il Big Bang, il cosmo si raffreddò abbastanza da permettere agli atomi di formarsi senza venire distrutti dall'altissimo calore circostante.
Il cielo diventò nero. La radiazione cosmica di fondo risale a questo periodo. Durante quest'epoca, l'idrogeno primordiale si fuse in elio, dando origine a una miscela di combustibile stellare che si diffuse in tutto l'Universo e che esiste tuttora. In questa fase dell'evoluzione dell'Universo, la vita così come la conosciamo non avrebbe potuto esistere: il calore era troppo intenso, le molecole di DNA o di qualsiasi altro composto autocatalitico sarebbero stare distrutte subito dopo essersi formate a causa delle collisioni casuali con altri atomi. I composti stabili necessari alla vita non si sarebbero mai formati.
 
Fase 2: l'era Stellifera
La fase in cui ci troviamo oggi è la seconda, compresa tra 6 e 14 (più precisamente ci troviamo nella Decade Cosmologica 10.1364). La compressione dell'idrogeno gassoso ha portato all'accensione delle stelle, che ora illuminano i cieli. In questa era troviamo stelle ricche d’idrogeno che risplendono per miliardi di anni, fino all'esaurimento del loro combustibile nucleare.
Il telescopio spaziale Hubble ha fotografato stelle in ogni momento della loro evoluzione, e anche giovani stelle circondate da un disco vorticoso di polvere e frammenti, probabilmente i predecessori dei pianeti di un sistema solare.
La fase 2 presenta le condizioni ideali per la formazione del DNA e per la nascita della vita. A partire dal numero enorme di stelle presenti nell'Universo visibile, gli astronomi hanno cercato di fornire degli argomenti plausibili, basati sulle leggi scientifiche conosciute, in favore della nascita di forme di vita intelligenti su altri sistemi planetari.
 
Fase 3: l'era Degenere
Nella fase 3 (tra 15 e 37) l’energia di tutte le stelle dell’Universo si esaurirà. Il processo, apparentemente eterno, di combustione dell'idrogeno seguito da quello dell'elio arriverà al termine, lasciandosi alle spalle dei pezzi senza vita di materia nucleare sotto forma di stelle nane, stelle di neutroni e buchi neri. Le stelle smetteranno di brillare, e l'Universo sprofonderà progressivamente nell'oscurità.
In questa fase, con le stelle private dei loro motori nucleari, le temperature precipiteranno. Tutti i pianeti in orbita intorno a delle stelle morte congeleranno. Anche ipotizzando che la Terra sia ancora intatta, ciò che resterà della sua superficie si trasformerà in una lastra di ghiaccio, obbligando le forme di vita intelligente a cercarsi una nuova casa.
Mentre le stelle giganti possono vivere solamente qualche milione di anni e le stelle che bruciano idrogeno, come il nostro Sole, hanno una vita media di qualche miliardo di anni, le piccole nane rosse possono vivere anche per trilioni di anni.
Alla fine, solo le nane rosse continueranno a consumare il loro combustibile. Col tempo, comunque, anche loro si affievoliranno. Tra cento trilioni di anni, infine, anche le nane rosse restanti si spegneranno.
 
Fase 4: l'era Dei buchi neri
Nella fase 4 (tra 40 e 100), l'unica fonte di energia verrà dalla lenta evaporazione dei buchi neri. Com’è stato dimostrato da Jacob Bekenstein e da Stephen Hawking, in realtà i buchi neri non sono neri, ma irradiano una piccola quantità di energia, un fenomeno noto come evaporazione.
I buchi neri che evaporano hanno una vita media variabile. Un mini-buco nero delle dimensioni di un protone potrebbe irradiare una potenza di 10 gigawatt per un periodo pari alla durata del sistema solare. Un buco nero di massa simile a quella del Sole evaporerà in 10
66 anni, mentre un buco nero pesante come un ammasso galattico ci metterà 10117 anni. Tuttavia, con l'avvicinarsi al termine della sua esistenza, il buco nero cessa di emettere radiazione poco per volta, ed esplode all'improvviso. E’ possibile che degli esseri intelligenti si riuniranno attorno al debole calore dei buchi neri in evaporazione per ricevere un po' di tepore, come dei senzatetto radunati intorno alle braci morenti di deboli fuochi, fino a quando l'evaporazione sarà conclusa.
 
Fase 5: l'era Oscura
La fase 5 (oltre 101) ci porta nell'era oscura dell'Universo, quella in cui, infine, tutte le fonti di energia saranno esaurite. In questa fase, l'Universo scivola lentamente verso la morte termica finale, e la sua temperatura si avvicina allo zero assoluto (-273.15 gradi centigradi).
A questo punto, gli stessi atomi sono quasi fermi. Forse anche i protoni saranno decaduti, lasciando un mare di fotoni e un brodo diluito di particelle interagenti debolmente (neutrini, elettroni e positroni). L'Universo potrebbe essere dominato da un nuovo tipo di "atomo" detto positronio, formato da elettroni e positroni in orbita gli uni intorno agli altri.
Alcuni fisici hanno ipotizzato che, in quest'era oscura, tali "atomi" di elettroni e antielettroni potrebbero diventare i mattoni di nuove forme di vita intelligente. Le difficoltà sarebbero però enormi. Le dimensioni di un atomo di positronio sono paragonabili a quelle di un atomo ordinario. Tuttavia, nell'era oscura un atomo di positronio si estenderebbe all'incirca per 1012 megaparsec, ossia milioni di volte le dimensioni dell’Universo osservabile. In questa era oscura, dunque, gli atomi di positronio potrebbero formarsi, ma avrebbero dimensioni paragonabili a quelle di un intero Universo. Poiché nell'era oscura l'Universo si sarà espanso su distanze enormi, non dovrebbero esserci problemi a contenere i giganteschi atomi di positronio.
Essendo così grandi, però, qualsiasi "chimica" fondata su questi "atomi" sarebbe caratterizzata da scale temporali colossali, del tutto differenti da quelle a noi note.
Come ha scritto il cosmologo Tony Rothman, "e così, infine, dopo 10117 anni, il cosmo sarà formato da pochi elettroni e positroni confinati su orbite enormi, da neutrini e fotoni rimasti dal decadimento dei barioni, e da qualche protone isolato prodotto nelle annichilazioni del positronio e dai buchi neri. Nel Libro del Destino è scritto anche questo".
Vediamo ora di collocare l’attuale grado di sviluppo della nostra umanità in un’ipotetica scala di valutazione delle possibilità di sviluppo futuro.
Per capire la tecnologia delle civiltà con migliaia, o milioni, di anni di storia in più rispetto a noi, i fisici ricorrono talvolta a una classificazione delle civiltà basata sul loro consumo di energia e sulle leggi della termodinamica. Nel sondare i cieli alla ricerca di tracce di vita intelligente, non si cercano gli omini verdi, ma delle civiltà con un'emissione di energia di tipo I, II o III.
La definizione fu introdotta dal fisico russo Nikolai Kardashev negli anni ‘60 per classificare i segnali radio emessi da eventuali extraterrestri. Ogni tipo di civiltà emette una forma di radiazione caratteristica, che può essere misurata e catalogata.
 
Le civiltà di tipo I sono quelle che hanno imparato a sfruttare le fonti di energia planetarie. Il loro consumo di energia può essere misurato con precisione: per definizione, esse sono in grado di utilizzare tutta l'energia solare che giunge sul loro pianeta, ossia 1026 watt. Con una tale quantità di energia, esse potrebbero controllare o modificare il clima, deviare gli uragani, o costruire città sull'oceano. Civiltà di questo tipo sono padrone assolute del loro pianeta.
 
Una civiltà di tipo II ha esaurito l'energia di un singolo pianeta, e ha imparato a sfruttare tutta la potenza di una stella (vale a dire più o meno 1026 watt). Civiltà di questo tipo potrebbero anche essere capaci di controllare i brillamenti solari e di far accendere nuove stelle.
 
Una civiltà di tipo III ha esaurito la potenza disponibile in un singolo sistema solare, e ha colonizzato una vasta porzione della propria galassia. Una civiltà di questo tipo è in grado di utilizzare l'energia generata da 10 miliardi di stelle, ovvero all'incirca 1036 watt.
Per descrivere il nostro grado di civiltà attuale, l'astronomo Carl Sagan è ricorso ad una suddivisione più fine tra i vari tipi di civiltà.
Abbiamo visto come le civiltà di tipo I, II e III siano caratterizzate da un'emissione di energia rispettivamente dell'ordine di 1016, 1026 e 1036 watt. Sagan ha introdotto, ad esempio, le definizioni di civiltà di tipo I.1, capace di generare una potenza di 1017 watt; di civiltà di tipo I.2, capace di generare 1018 watt, e così via.

Dividendo ogni tipo principale in 10 sottotipi, possiamo cominciare a classificare la nostra civiltà che, su una scala del genere, si avvicina di più a un livello 0,7 - non lontano da una civiltà realmente planetaria.
 
Il dubbio che ci assilla, a questo punto, è il seguente: è possibile che una forma di vita intelligente riesca a servirsi del proprio ingegno per sopravvivere attraverso le varie fasi, scampando a una serie di catastrofi naturali e addirittura alla morte dell'Universo?
Sembra impossibile che la vita possa continuare anche quando l'Universo invecchierà e si raffredderà. Le leggi della fisica e della termodinamica parlano chiaro: se l'espansione dell'Universo continuerà ad accelerare in maniera incontrollata, la vita intelligente così come la intendiamo noi, non potrà sopravvivere per sempre.
 
E’ possibile, tuttavia, che una civiltà avanzata riesca a salvarsi mentre la temperatura dell'Universo continua a calare, un eone dopo l'altro?
Riuscirebbe a sottrarsi all'ineluttabile Big Freeze, mettendo insieme tutta la propria tecnologia e la tecnologia di tutte le civiltà dell'Universo?
Dato che le fasi dell'evoluzione cosmica si misurano in miliardi o trilioni di anni, una civiltà operosa e ingegnosa avrebbe un sacco di tempo a disposizione per cercare di raggiungere l'obiettivo. Sebbene che, immaginare quale tipo di tecnologia debba essere messa a punto da una civiltà avanzata per prolungare la propria esistenza sia un esercizio puramente speculativo, si possono utilizzare le leggi fisiche conosciute per discutere l'insieme delle opzioni che potrebbero essere disponibili tra qualche miliardo di anni. La fisica non può dirci quale strategia specifica verrà adottata da una civiltà avanzata, ma potrebbe darci un'indicazione sui valori utili dei parametri da cui dipende una fuga del genere.
Per un ingegnere, il problema principale che si incontra nel cercare di abbandonare l'Universo riguarda la disponibilità di risorse sufficienti a costruire una macchina in grado di realizzare un'impresa così difficoltosa. Per un fisico, invece, il problema più grave è un altro: capire se le leggi della fisica sono compatibili con l'esistenza di simili macchine. Un fisico vuole una "prova di principio" - vuole dimostrare, cioè, che avendo a disposizione una tecnologia abbastanza avanzata, le leggi della fisica non impedirebbero la fuga in un altro Universo. Che ci siano o meno risorse sufficienti è un dettaglio secondario di cui si occuperanno le civiltà che tra qualche miliardo di anni dovranno affrontare il Big Freeze.
Secondo Martin Rees, "i wormholes, le dimensioni superiori e i computer quantistici aprono scenari ipotetici che potrebbero finire per trasformare tutto il nostro Universo in un "cosmo vivente".
In altre parole, l’unica possibilità che ci resta per immaginare una continuazione "eterna" della nostra specie, è rappresentata dal passaggio da un Universo all’altro.
Vediamo i vari passi che dovrebbero essere intrapresi e le varie opzioni possibili secondo
Michio Kaku.
 
Passo n. 1: creare e sottoporre a verifica una teoria del tutto
Il primo ostacolo, per una civiltà che aspiri ad abbandonare l'Universo, sarebbe una teoria definitiva del tutto. Che si tratti della teoria delle stringhe o di altro, dobbiamo trovare un modo affidabile per calcolare le correzioni quantistiche alle equazioni di Einstein, altrimenti nessuna teoria potrà esserci utile. Per fortuna, grazie ai rapidi progressi della teoria M, sapremo presto se si tratta veramente di una teoria del tutto o del nulla. Una volta trovata una teoria del tutto, occorrerà verificarne le conseguenze utilizzando le tecnologie più avanzate.
Quando si sarà trovata una teoria quantistica per la gravità, e se ne sarà verificata la correttezza servendosi di enormi acceleratori e rivelatori di onde gravitazionali, allora potremo cominciare a rispondere ad alcune delle domande fondamentali sulle equazioni di Einstein e sui wormholes.
 
Passo n. 2: trovare wormholes e buchi bianchi naturali
E’ possibile che nello spazio esistano già dei wormholes, dei portali dimensionali o delle stringhe cosmiche (vedi foto di copertina).
Non ci sono garanzie che in natura esistano veramente degli oggetti del genere. Nessuno li ha mai osservati, e sarebbe semplicemente troppo pericoloso rischiare il destino di una forma di vita intelligente puntando tutto sulla loro esistenza.
C'è però la possibilità che nell'esplorazione della volta celeste si finisca per scoprire dei "buchi bianchi". Un buco bianco è una soluzione delle equazioni di Einstein nella quale il tempo scorre al contrario, cosicché gli oggetti vengono espulsi da un buco bianco nello stesso modo in cui sono risucchiati in un buco nero. Un buco bianco potrebbe trovarsi all'estremità opposta di un buco nero, cosicché la materia che entra in un buco nero finisce per uscire dal buco bianco. Fino ad oggi nessuna ricerca astronomica ha trovato tracce di buchi bianchi, ma la loro esistenza potrebbe essere confermata o smentita dalla prossima generazione di rivelatori basati nello spazio.
 
Passo n. 3: l'invio di sonde attraverso un buco nero
Nell'Universo i buchi neri sono piuttosto abbondanti; una civiltà che riuscisse a venire a capo dei numerosi problemi tecnici ad essi associati, potrebbe considerarli seriamente come una possibile via di fuga dal nostro Universo. Il wormhole situato al centro dell'anello di Kerr può connettere il nostro Universo ad altri universi, o a punti diversi dello stesso Universo. L'unico modo per capirlo sarebbe quello di inviare delle sonde, usando un supercomputer per calcolare la distribuzione delle masse nell'Universo e le correzioni quantistiche alle equazioni di Einstein attraverso il wormhole.
Attualmente, la maggior parte dei fisici è convinta che un viaggio attraverso un buco nero sarebbe fatale. La nostra comprensione della fisica dei buchi neri, però, è ancora agli inizi, e una simile congettura non è mai stata sottoposta a una verifica.
Dal momento che un viaggio attraverso un buco nero sarebbe un viaggio a senso unico, e dati gli enormi pericoli presenti nelle vicinanze di un buco nero, probabilmente una civiltà avanzata cercherebbe un buco nero stellare non troppo lontano e comincerebbe con l'inviarvi una sonda. Quest'ultima sarebbe in grado di inviare informazioni preziose fino all'attraversamento dell'orizzonte degli eventi e alla conseguente perdita di contatto.
Una sonda destinata ad avvicinarsi all'orizzonte degli eventi dovrebbe essere schermata adeguatamente dall'intensa serie di radiazioni. Bisogna anche considerare che l'invio della sonda potrebbe destabilizzare il buco nero: l'orizzonte degli eventi potrebbe trasformarsi in una singolarità, e il wormhole si richiuderebbe. La sonda, comunque, riuscirebbe a determinare con precisione la quantità di radiazione presente in prossimità dell'orizzonte degli eventi, e a capire se il wormhole possa restare stabile nonostante l'intenso flusso di energia.
I dati inviati dalla sonda prima di attraversare l'orizzonte degli eventi, verrebbero trasmessi via radio ad astronavi in attesa nelle vicinanze.
 
Passo n. 4: costruire un buco nero al rallentatore
Una volta verificato con delle sonde cosa succede vicino all'orizzonte degli eventi di un buco nero, si potrebbe effettivamente passare alla creazione di un buco nero al rallentatore, per studiarne il funzionamento.
Una civiltà di tipo III potrebbe cercare di riprodurre i risultati suggeriti da Einstein in uno dei suoi lavori - ovvero che è impossibile che un buco nero si formi a partire da una massa rotante di polvere e particelle. Resta aperta, tuttavia, la possibilità di iniettare lentamente altra energia e altra materia nel sistema in rotazione, costringendo la massa a contrarsi progressivamente entro il raggio di Schwarzschild. In tal modo una civiltà riuscirebbe a far nascere un buco nero in maniera controllata.
Si può immaginare, ad esempio, che una civiltà di tipo III riunisca un insieme di stelle di neutroni, ognuna delle quali grande come Milano ma più pesante del nostro Sole, e formi un insieme rotante di queste stelle morte. La gravità le farebbe avvicinare progressivamente senza mai raggiungere, però, il raggio di Schwarzschild, come ha dimostrato Einstein. A questo punto, gli scienziati di quella civiltà così progredita potrebbero aggiungere lentamente delle altre stelle di neutroni, alterando l'equilibrio del sistema: la materia neutronica collasserebbe così al di sotto del raggio di Schwarzschild, dando origine a un anello rotante, il buco nero di Kerr. Controllando la velocità e il raggio delle varie stelle di neutroni si potrebbe far aprire il buco nero di Kerr alla velocità desiderata.
Naturalmente, chiunque attraversi un orizzonte degli eventi non farà mai ritorno. Tuttavia, per una civiltà sull'orlo dell'estinzione un viaggio senza ritorno potrebbe essere l'unica alternativa.
 
Passo n. 5: creare un baby-Universo
Finora abbiamo ipotizzato che l'attraversamento di un buco nero sia possibile. Partiamo adesso dall'assunto opposto, ovvero che i buchi neri siano troppo instabili e pieni di radiazione letale. Si potrebbe allora cercare di percorrere un cammino ancora più difficile: creare un baby-Universo.
L'idea che una civiltà avanzata possa crearsi una via di fuga verso un altro Universo ha affascinato fisici come Alan Guth. Dato che la teoria dell'inflazione dipende in maniera cruciale dalla creazione di un falso vuoto, Guth si è chiesto se sia possibile, per una civiltà avanzata, creare un falso vuoto artificiale e far nascere così un baby-Universo in laboratorio.
A prima vista,l'idea della creazione di un Universo sembra priva di senso. Dopo tutto, come sottolinea Guth, per creare un Universo come il nostro ci vorrebbero 1089 fotoni, 1089 elettroni, 1089 positroni, 1089 neutrini, 1089 antineutrini, 1089 protoni e altrettanti neutroni. Sebbene un compito simile possa sembrare irrealizzabile, Guth ci ricorda che anche se il contenuto di materia/energia del nostro Universo è grande, esso è controbilanciato dall'energia negativa associata alla gravitazione.
Il contenuto totale netto di materia/energia potrebbe essere di qualche decina di grammi appena. Guth poi avverte: "Se la massa di tutto l'Universo osservabile venisse compressa alla densità del falso vuoto, finirebbe per occupare un volume inferiore a quello di un atomo!".
Il falso vuoto sarebbe la piccolissima regione dello spazio-tempo in cui un'instabilità nasce e si espande come una spaccatura. Anche se bastano pochi grammi di materia all'interno del falso vuoto per creare un baby-Universo, tale quantità di materia, per quanto piccola, dovrebbe essere compressa entro un volume incredibilmente piccolo.
Dunque anche lo scenario inflazionario richiede che il baby-Universo venga creato utilizzando l'energia negativa, analogamente a quanto richiesto per la creazione di un wormhole attraversabile.
 
Passo n. 6: costruire acceleratori di particelle giganteschi
Una civiltà che sia riuscita a raggiungere lo status di tipo III sarebbe già in grado, per definizione, di maneggiare l'energia di Planck. Gli scienziati sarebbero capaci di giocare con i wormholes e di assemblare una quantità di energia sufficiente ad aprire dei buchi nello spazio-tempo.
Una civiltà di tipo III, avrebbe la possibilità di realizzare un acceleratore delle dimensioni di un sistema solare, o addirittura di un sistema stellare. Il fascio di particelle subatomiche sarebbe sparato nello spazio, e verrebbe accelerato all'energia di Planck. Con la nuova generazione di acceleratori di particelle al laser tra qualche decina di anni i fisici potrebbero essere in grado di costruire un acceleratore da tavolo capace di raggiungere 200 GeV (200 miliardi di elettronvolt) su una distanza di un metro.
Mettendo in fila tantissimi acceleratori del genere, si può pensare di riuscire a raggiungere quei livelli di energia ai quali lo spazio-tempo diventa instabile.
Ipotizzando che gli acceleratori del futuro potranno dare alle particelle un impulso di 200 GeV al metro, per raggiungere l'energia di Planck ci vorrebbe un acceleratore lungo 10 anni luce. Sebbene si tratti di una lunghezza proibitiva per una civiltà di tipo II, sarebbe alla portata di una civiltà di tipo III. Le collisioni tra i due fasci libererebbero energie vicine alla scala di Planck.
 
Passo n. 7: creare dei meccanismi d’implosione
Si potrebbe immaginare anche un altro dispositivo, basato su raggi laser e su un meccanismo di implosione. In natura, vengono raggiunte temperature e pressioni altissime nel caso di implosioni, ad esempio quando una stella morente collassa all'improvviso sotto l'azione della forza di gravità.
Una civiltà di tipo III potrebbe realizzare qualcosa di simile, costruendo delle enormi batterie di laser sugli asteroidi e sulle lune di vari sistemi solari. L'accensione simultanea di tutti i laser farebbe convergere una serie di fasci potentissimi su un singolo punto, dove le temperature raggiungerebbero dei valori capaci di destabilizzare lo spazio-tempo.
L'accensione di una batteria sferica di laser, avrebbe lo scopo di riscaldare una cavità a tal punto da creare al suo interno uno stato di falso vuoto; in alternativa, lo stesso metodo potrebbe essere usato per far implodere e comprimere un insieme di lastre allo scopo di creare dell'energia negativa attraverso l'effetto Casimir.
Per far funzionare un dispositivo del genere, bisognerebbe comprimere un insieme di lastre sferiche fino a una dimensione comparabile con la lunghezza di Planck (10-33 centimetri). Dal momento che la potenza totale che può essere trasportata da un raggio laser è virtualmente illimitata, il problema principale diventa la costruzione di un apparato abbastanza stabile da sopravvivere a una compressione così elevata. In teoria, all'interno delle lastre sferiche dovrebbe aprirsi un wormhole, che metterebbe in comunicazione il nostro Universo morente con un Universo più giovane e molto più caldo.
 
Passo n. 8: costruire una macchina a propulsione warp
Un elemento chiave per la costruzione dei dispositivi descritti finora è la capacità di viaggiare attraverso lo spazio interstellare. Una soluzione possibile è l'utilizzo della macchina a propulsione warp, proposta nel 1994 dal fisico Miguel Alcubierre. Una macchina a propulsione warp non altera la topologia dello spazio facendovi un buco e saltando nell'iperspazio: più semplicemente, essa provoca la contrazione dello spazio che vi sta di fronte e l'espansione di quello che vi sta dietro. Immaginate di attraversare un tappeto per raggiungere un tavolo. Invece di camminare sul tappeto, potreste prendere il tavolo al lazo e tirarlo lentamente verso di voi, facendo arricciare così il tappeto tra voi e il tavolo. Voi non vi siete mossi di molto, ma in compenso lo spazio davanti a voi si è contratto.
Analogamente, si potrebbe viaggiare più velocemente della luce facendo contrarre lo spazio a una velocità superiore a quella della luce. Di fatto, sarebbe possibile viaggiare verso una stella vicina praticamente senza lasciare la Terra: basterebbe far collassare lo spazio che ci sta di fronte e far espandere quello alle nostre spalle. Invece di andare fino ad Alfa Centauri, la stella più vicina a noi, porteremmo Alfa Centauri qui. Un po’ come la storiella di Maometto con la montagna.
Alcubierre ha dimostrato che questa è una soluzione possibile delle equazioni di Einstein - cioè che è compatibile con le leggi della fisica. Per far funzionare la nostra astronave ci vorrebbero quantità enormi di energia, sia positiva che negativa (l'energia positiva verrebbe usata per comprimere lo spazio davanti a noi, e quella negativa per espandere lo spazio dietro di noi). Per costruire un'astronave del genere dovremmo costruire una grande sfera e mettere i passeggeri al suo interno. Ai lati della sfera, intorno all'equatore, ci sarebbe una fascia di energia negativa. I passeggeri all'interno della sfera non si sposterebbero mai, ma lo spazio davanti a quest'ultima si contrarrebbe a una velocità superiore a quella della luce: così, uscendo dalla sfera, i passeggeri si troverebbero a destinazione.
Nel suo lavoro originale, Alcubierre osservava che la sua soluzione non avrebbe permesso solamente di farci raggiungere le stelle,ma anche di viaggiare nel tempo.
Due anni dopo, il fisico Allen E. Everett ha dimostrato che se si avessero due astronavi di quel tipo, sarebbe possibile viaggiare nel tempo applicando la propulsione warp in sequenza. Come ha sostenuto Richard Gott, "si direbbe quindi che Gene Roddenberry, il creatore di Star Trek, non abbia poi sbagliato a includere tutti quegli episodi sui viaggi nel tempo!".
Scrive Gott: "Una futura civiltà ipertecnologica potrebbe scegliere di predisporre tracciati per il motore di curvatura in modo da consentire alle astronavi di spostarsi tra le stelle, proprio come potrebbe stabilire collegamenti tra le stelle mediante cunicoli di tarlo. Una rete di tracciati per il motore di curvatura potrebbe anche essere più facile da realizzare rispetto a una di wormholes, perché i motori di curvatura richiederebbero soltanto un'alterazione dello spazio esistente e non la creazione di nuove gallerie capaci di connettere regioni lontane da loro".
Tuttavia, proprio il fatto che una macchina del genere debba viaggiare all'interno dell'Universo esistente implica che non possa essere utilizzata per abbandonarlo. Ciò nonostante, la propulsione di Alcubierre potrebbe ugualmente servire a costruire un dispositivo per la fuga dall'Universo.
 
Passo n. 9: utilizzare l'energia negativa proveniente da stati compressi
Nel 1978, Lawrence Ford, dimostrò la validità di tre leggi cui deve obbedire l'energia negativa e che da allora sono state oggetto di un'attività di ricerca molto intensa. Prima di tutto, Ford scoprì che la quantità di energia negativa in un impulso è inversamente proporzionale alle sue dimensioni spaziali e temporali. Se generiamo con un laser un grande impulso di energia negativa per aprire un wormhole, la sua durata non può che essere brevissima. La seconda legge scoperta da Ford, afferma che a un impulso negativo segue sempre un impulso di energia positiva di ampiezza maggiore (cosicché la somma è sempre positiva). Infine, con l'aumentare dell'intervallo tra i due impulsi aumenta l'ampiezza dell'impulso positivo.
Partendo da queste leggi generali, si possono quantificare le condizioni necessarie affinché un laser, o un insieme di lastre di Casimir, produca dell'energia negativa. In primo luogo, si potrebbe cercare di separare l'impulso di energia negativa da quello positivo immediatamente successivo inviando il raggio laser in una cavità munita di un otturatore che si chiuda immediatamente dopo l'ingresso dell'impulso negativo, facendo entrare solo quest'ultimo. In teoria questo metodo permetterebbe di estrarre grandi quantità di energia negativa, separandola dalla quantità ancor più grande di energia positiva grazie all'otturatore. Se l'energia dell'impulso positivo è grande, allora l'intervallo tra i due impulsi potrà anche essere piuttosto lungo.
Si direbbe, in linea di principio, che questo sia il modo ideale per generare quantità illimitate di energia negativa da utilizzare per una macchina del tempo o per un wormhole.
Queste tre leggi possono essere applicate all'effetto Casimir. Per produrre un wormhole di un metro, dobbiamo concentrare dell'energia negativa in una banda non più grande di 10
-22 metri (un milionesimo delle dimensioni di un protone). Ancora una volta, solo una civiltà estremamente progredita potrebbe mettere a punto la tecnologia necessaria per operare su distanze e intervalli di tempo così incredibilmente piccoli.
 
Passo n. 10: aspettare una transizione quantistica
Esseri dotati di intelligenza che affrontino il raffreddamento progressivo del loro Universo potrebbero essere obbligati a pensare più lentamente e a ibernarsi per lunghi periodi. Il rallentamento del pensiero potrebbe durare trilioni e trilioni di anni, un tempo sufficiente perché si producano degli eventi quantistici importanti. In condizioni normali possiamo trascurare l'eventualità che si formi spontaneamente un Universo-bolla, o che avvenga una transizione ad altri universi quantistici, poiché si tratta di eventi estremamente rari.
Nella fase 5 dell'evoluzione cosmica, però, degli esseri intelligenti potrebbero pensare così lentamente che degli eventi quantistici di questo genere potrebbero diventare relativamente comuni. Nella loro scala temporale soggettiva, alle creature sembrerebbe di pensare sempre alla stessa velocità, ma la vera scala temporale sarebbe così dilatata da rendere comuni gli eventi quantistici menzionati.
Se così fosse, non dovremmo fare altro che aspettare l'apertura di un wormhole o l'inizio di una transizione quantistica, e servircene per scappare in un altro Universo.
 
Passo n. 11: l'ultima speranza
Facciamo per un momento l'ipotesi che tutti gli esperimenti futuri con i wormholes e i buchi neri si scontrino con un problema insormontabile: che gli unici wormholes stabili siano di dimensioni microscopiche, o addirittura subatomiche. Ipotizziamo anche che un viaggio attraverso un wormhole sottoponga il nostro corpo a dei rischi inaccettabili, anche all'interno di un involucro protettivo. Se così fosse, non ci resterebbe che una soluzione: iniettare in un nuovo Universo abbastanza informazione da ricostruire la nostra civiltà dall'altra parte del wormhole.
Pensate a una quercia, che sparge i suoi semi minuscoli in ogni direzione. I semi (a) sono piccoli, elastici e compatti; (b) contengono tutto il DNA dell'albero; (c) sono fatti in modo tale da poter viaggiare a una certa distanza dall'albero genitore; (d) contengono cibo sufficiente per poter dare il via al processo di rigenerazione in un terreno distante; (e) possono mettere radici e assorbire sostanze nutritive ed energia dal suolo su cui si sono posati. Analogamente, una civiltà potrebbe cercare di imitare la natura, utilizzando gli ultimi ritrovati delle nanotecnologie che saranno disponibili tra miliardi di anni per inviare i propri "semi" attraverso un wormhole, e distribuire così una copia delle proprie caratteristiche fondamentali.
Come ha detto Stephen Hawking, "sembra [... ] che la teoria quantistica consenta il viaggio nel tempo su scala microscopica".
Se Hawking ha visto giusto, i membri di una civiltà avanzata potrebbero decidere di trasformarsi in qualcosa capace di sopravvivere ai pericoli di un viaggio nel passato o in un altro Universo, unendo carbonio e silicio per ridurre la propria coscienza a pura informazione.
In un futuro lontanissimo potremmo essere in grado di fondere la coscienza con le nostre creazioni robotiche usando le tecniche più moderne d’ingegneria genetica, le nanotecnologie e la robotica.
Tutto ciò può sembrare bizzarro se misurato secondo gli standard attuali, ma tra miliardi o trilioni di anni una civiltà potrebbe scoprire che si tratta dell'unica possibilità di sopravvivenza.
I membri di quella civiltà potrebbero essere costretti a trasferire i loro cervelli e le loro personalità direttamente in delle macchine. In tal modo, una civiltà avanzata (ad esempio di tipo III), potrebbe sfruttare le proprie conoscenze tecnologiche eccezionali per inviare dall'altra parte di un wormhole una quantità di informazione (circa 10
24 bit) sufficiente a ricostruirvi una copia della civiltà di partenza.
Lasciatemi sottolineare come tutti i passi che ho riportato in questo processo sono così lontani dalle nostre capacità attuali da sembrare fantascientifici. Tra miliardi di anni, però, potrebbe essere la sola possibilità di salvezza per una civiltà di tipo III. Di sicuro le leggi della fisica o della biologia non sono un ostacolo. Quello che voglio dire è che la morte del nostro Universo non deve implicare necessariamente quella dell'intelligenza. Naturalmente, se si può trasferire l'intelligenza da un Universo a un altro, c'è anche la possibilità che una forma di vita di un altro Universo, di fronte al proprio Big Freeze, cerchi di infilarsi in qualche angolo remoto del nostro Universo, più caldo e ospitale.
In altre parole, la teoria del campo unificato, invece di costituire una curiosità elegante ma inutile, potrebbe servire per elaborare un
piano per la sopravvivenza della vita intelligente nell'Universo.
 
Fonti bibliografiche:
- Prima dell'inizio. Il nostro Universo e gli altri - di Martin John Rees
- Infinito in ogni direzione - di Freeman John Dyson
- Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo - di Stephen Hawking
- The Physics of Star Trek - di Lawrence M. Krauss
- Mondi paralleli - di Michio Kaku
- La fisica dell’immortalità – di Frank J. Tipler
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