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ti.mammeCoppie al capolinea: serve rimanere insieme per i figli?

21.06.22 - 08:00
La scelta dei genitori di sacrificarsi per mantenere unita la famiglia fa passare un messaggio fuorviante
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Coppie al capolinea: serve rimanere insieme per i figli?
La scelta dei genitori di sacrificarsi per mantenere unita la famiglia fa passare un messaggio fuorviante

Forse è superfluo precisarlo, ma le famiglie perfette non esistono ed in ogni casa possono esserci malumori e litigi occasionali. È un dato di fatto che permette di non sprofondare nella disperazione cosmica dopo un battibecco o una strepitosa litigata con il proprio marito. L’occasionalità di questi eventi li differenzia dalle continue incomprensioni, dai dissapori quotidiani che finiscono per esacerbare gli animi lasciando emergere la delusione di un legame arrivato al capolinea. Sì, i sentimenti possono davvero cambiare ed i problemi cominciano quando quello in cui si trasformano non è più all’altezza delle aspettative e delle speranze di una coppia o, semplicemente, non basta a tenere insieme due persone. È così che finiscono relazioni e matrimoni. L’importante è prenderne coscienza e comportarsi da persone mature. La difficoltà, però, è sempre quella di non sapere come affrontare la situazione se ci sono dei bambini. Separarsi sarebbe la soluzione, ma spesso la si scarta «per il bene dei figli». Ma in questo modo si fa davvero il bene dei piccoli?

Ignorare e passar sopra ai problemi della coppia, nella convinzione di agire per il bene dei piccoli di casa, rappresenta la scelta sconsiderata dei genitori di sacrificarsi per mantenere la famiglia unita, convinti di donare serenità ai propri figli senza rendersi conto, invece, di danneggiare la loro vita. È la prole, infatti, a diventare il perno al quale si appoggia la coppia in crisi, convinta così di poter sopravvivere. Ed i figli, invece, subiscono questa scelta ritrovandosi a sostenere il peso troppo grande delle difficoltà dei genitori, subendo quella che è a tutti gli effetti un’ingiustizia ai loro danni. Il sacrificio al quale sono disposti i genitori che, pur non andando d’accordo, decidono di non separarsi per il bene delle proprie creature, in realtà, non ha neanche la parvenza dell’atto eroico e generoso poiché spesso nasconde motivazioni ritenute meno degne. Il timore di rimanere soli e perdere l’affidabile vicinanza di una persona conosciuta così come quella di impantanarsi senza riuscire a dare un nuovo indirizzo alla propria vita dopo la separazione sono alcuni dei motivi che possono frenare dalla scelta risolutiva più difficile e più sana.

Agli occhi dei figli appaiono, così, immagini contraddittorie che si traducono in messaggi sbagliati. I giovanissimi dall’esempio dei genitori traggono l’insegnamento che la soggettività non ha valore e l’amore è poco importante, che sopravvivere e mortificarsi in un rapporto di coppia astioso e deprimente sia preferibile ad una nuova opportunità di vita. Alla fine, osservando l’infelicità palpabile dei genitori, nella mente straordinariamente lineare dei figli non tarderà a delinearsi l’idea che la colpa di quel malcontento sia loro e da essa deriverà il doveroso bisogno di colmare la tristezza e l’insoddisfazione di mamma e papà. Ma un figlio non può e non deve sentirsi obbligato a compensare le mancanze vissute da un genitore! Quando si ha coscienza della fine del proprio matrimonio o della propria convivenza, quindi, bisogna avere il coraggio di tornare a vivere fuori da una coppia esautorata senza mentire nascondendosi dietro il vessillo del sacrificio per il bene dei figli. Ai pargoli andrà spiegato il senso della scelta di mamma e papà, evidenziando ogni loro mancanza di colpa ed aiutandoli ad affrontare il dolore per quel cambiamento. Alla fine sono proprio i figli, infatti, a meritare due genitori sereni e ben venga una separazione se può garantire questo stato!

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