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L'OSPITESanta Chiara alla Moncucco: «"Privato" non fa sempre e solo rima con "profitto"»

06.06.21 - 20:20
Di Stefano Balestra, Alberto Gianoni, Augusto Pedrazzini e Filippo Simona.
Tipress
Santa Chiara alla Moncucco: «"Privato" non fa sempre e solo rima con "profitto"»
Di Stefano Balestra, Alberto Gianoni, Augusto Pedrazzini e Filippo Simona.

LOCARNO - Ora che dopo settimane di illazioni, speculazioni, tentativi di comperare a suon di rilanci milionari i voti degli azionisti, la Santa Chiara è passata nelle solide mani della Clinica Luganese Moncucco, alcune riflessioni ci sembrano necessarie.

La difficile situazione finanziaria in cui è venuta a trovarsi la clinica per tutta una serie di ragioni, non da ultimo per il progressivo isolamento in cui la vecchia direzione l’ha condotta, richiedeva un progetto di rilancio serio sul piano sanitario, che tenesse conto delle peculiarità del locarnese e della necessità di continuare a promuovere una buona medicina di prossimità, prima ancora di una medicina altamente specializzata; è stato proprio questo il terreno fertile di intesa su cui si sono sviluppati a inizio anno i primi contatti tra il nostro gruppo e la Clinica Moncucco, struttura affine alla Santa Chiara per storia, vocazione e orientamento sanitario.

Il progetto su cui si è lavorato si è poi tradotto in un’offerta d’acquisto agli azionisti, un gruppo di medici eterogeneo che anni fa aveva rilevato la clinica dal precedente proprietario, e in un concreto progetto di rilancio.

Si è preferito, in altre parole, investire in un progetto con buone potenzialità di sviluppo e destinato a durare nel tempo, piuttosto che riempire di soldoni le tasche degli azionisti.

E qui sta apparentemente per molti il nodo della questione di queste settimane, ampiamente riportato dagli organi di stampa e che non può non far riflettere; da più parti ci si è posto l’interrogativo a sapere come fosse possibile che oltre i tre quarti degli azionisti avessero potuto rinunciare a offerte maggiori, avanzate sia dal pubblico, che dal privato; interrogativi che hanno spinto alcuni concorrenti e non solo loro a malignamente insinuare che, proprio in virtù dell’offerta finanziaria più bassa, potessero essere stati stipulati accordi sottobanco o che sarebbero state fatte promesse di onorari maggiorati ai medici per le loro prestazioni…

Queste domande nascono da una implicita ammissione, detto per inciso, anche da parte di chi per posizioni ideologiche potrebbe porsi su un altro piano e cioè che “il dio denaro” tutto può, o addirittura tutto deve ottenere, in barba a qualsiasi altra considerazione o scala di valori. Ciò risultava ancor più incomprensibile sulla base dell’equazione pregiudiziale che “privato” fa sempre e solo rima con “profitto”. Ricordiamo a questo proposito che per statuti la Clinica Moncucco è un’associazione non profit.

Ebbene tutto questo è stato possibile poiché un gruppo coeso di colleghi si è più volte confrontato, prima di giungere al fatidico 14 maggio, data dell’assemblea, sui contenuti del progetto, riconoscendone pregi e potenzialità.

Giova ricordare che tra i sostenitori di questo progetto non vi erano solo medici attivi in clinica ma anche medici ora in pensione ed eredi di medici che vi hanno lavorato ed è proprio da loro che ci è giunta la lezione più preziosa, loro che avrebbero legittimamente potuto optare per soluzioni più lucrative e che invece ci hanno spronati a perseverare nella direzione intrapresa.

Sono poi giunte nei giorni precedenti l’assemblea altre offerte legittime e anche finanziariamente più importanti che non hanno tuttavia convinto la maggioranza degli azionisti.

Ora che la partita si è conclusa con l’acquisto da parte della Moncucco del pacchetto azionario di maggioranza, siamo convinti che si potrà tornare a lavorare serenamente all’interno della struttura, per il bene dei pazienti, rassicurando tutto il personale a cui va il nostro sentito ringraziamento e che vede in questo modo salvaguardato il proprio posto di lavoro.

Le pretese di rivalsa di un manipolo di azionisti per minori guadagni, legati alla mancata vendita a “migliori offerenti”, saranno forse materia per avvocati o ghiotti argomenti per gli organi di stampa.

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