Emil, infermiere clinico specializzato, reparto di cure intense CHUV Losanna
Che faccia ha la paura? Che faccia ha l’angoscia?
Da piccoli ci insegnano, guardando delle immagini, a identificare i sentimenti che gli occhi e il viso ci mostrano. Ma ora non sono più immagini, ma volti reali, 1..2..3..5..10.. 40 volti. I volti di quelle persone che, spinte dai soccorritori o dagli infermieri di altri reparti, varcano le porte delle nostre cure intensive.
«Buongiorno signora, buongiorno signore, mi chiamo Emil e sono l’infermiere che si occupa di lei oggi. Aspetti che le do più ossigeno...».
E quegli occhi sono lì davanti, silenziosi nel rumore del flusso dell’ossigeno, dell’allarme della desaturazione. Quegli occhi che non osano voltarsi a destra o sinistra per evitare di vedere il futuro, vedere il vicino e la vicina intubati e pensare quando toccherà a lui. Colpi di tosse e allarmi, leggere mobilizzazioni e allarmi. Suoni che alimentano quella paura ancorata sempre più fermamente a quei visi.
Solo la storia ci dirà cosa abbiamo sbagliato o cosa avremmo potuto fare di più. Se l’egoismo personale ha veramente più potere della responsabilità sociale.
Sono le 00:10, è l’ora del riposo e alle 5:20 la sveglia suonerà, perché quegli occhi della paura ci aspettano. Alcuni saranno chiusi perché sedati, altri saranno chiusi per sempre e altri hanno lasciato spazio alla speranza sognando il momento che quegli infermieri vengano a spingerli verso l’uscita delle cure intensive.
E voi che vivete il mondo, magari un po’ più limitato, pensate a proteggervi, proteggerli, proteggerci.