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L'OSPITEGiovani comunisti: fra complotti e ingratitudine per l’esercito

16.04.20 - 14:40
Marco Grassi (Lega) risponde a Luca Frei, Coordinatore dei Giovani comunisti
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Giovani comunisti: fra complotti e ingratitudine per l’esercito
Marco Grassi (Lega) risponde a Luca Frei, Coordinatore dei Giovani comunisti

In un periodo come questo, con una crisi sanitaria in corso è davvero triste sfruttare la situazione per far campagna contro l’esercito, che in prima linea sta aiutando l’intera popolazione. La denigratoria campagna politica avviata in questo senso dai Giovani comunisti equivale a non riconoscere gli sforzi immagini che uomini e donne stanno facendo per noi tutti. Vien poi da chiedersi quale sia lo scopo dei Giovani comunisti… guadagnare qualche seggio alle elezioni comunali che proprio per via di questa emergenza sono state posticipate di un anno? Se così fosse (qualcuno ha qualche dubbio?) ci sarebbe di che rammaricarsi.

Ad alcune polemiche bisogna però replicare: mi riferisco in questo caso all’acquisto dei futuri aerei da combattimento dell’esercito, tanto osteggiati dai Giovani comunisti. Secondo questi ultimi vi sarebbe una sorta di complotto all’interno della NATO per cui gli Stati Uniti beneficerebbero della vendita di ogni singolo velivolo destinato a Paesi del – come lo definiscono loro – “diktat euroatlantico” di cui farebbe parte anche la Svizzera e quindi il suo esercito. A questo proposito vorrei ricordare che tre dei cinque velivoli presi in considerazione dall’esercito svizzero (il francese Dassault Rafale, l’europeo Eurofighter Typhoon e lo svedese Saab Gripen) sono prodotti da aziende europee con sede in Paesi appartenenti all’Unione Europea. Se la geografia non è un’opinione questi tre non sono prodotti americani, ed essendo ogni prodotto occidentale (inclusi quelli americani!) prodotto in un contesto in cui c’è la libertà economia e quindi spirito di concorrenza appare quantomeno azzardato sostenere che, tirate le somme, via sia un indefinito e ipotetico complotto segreto architettato dagli Statu Uniti d’America per governare il mondo economico. Una trama degna dei migliori lungometraggi sovietici o cinesi.

A proposito di Cina e Russia, l’esercito svizzero potrebbe sicuramente prendere in considerazione produttori di questi due Paesi (per esempio i Sukhoi russi o i Chengdu cinesi), che condividono o hanno condiviso, totalmente o in parte, gli ideali degli stessi Giovani comunisti. Verrebbe però da chiedersi con quale etica si acquisterebbero prodotti di nazioni che perseguitano le minoranze religiose e non sempre rispettano i diritti fondamentali dell’uomo. Basti guardare i campi di internamento (o come li chiamano loro “di rieducazione”) di Uiguri nello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale, oppure il diritto di voto in Russia, da sempre più simile ad un’utopia che ad un diritto, senza tralasciare le pressioni (eufemismo) che gli stessi Governi esercitano nei confronti dei propri oppositori.

Tornando all’esercito svizzero che la gioventù comunista tanto critica, vorrei giusto chiedere a loro di riflettere sulla situazione nella quale ci potremmo trovare se non fossero stati mobilitati 5'000 dei potenzialmente 8'000 effettivi a disposizione, come avremmo potuto trasportare i pazienti bisognosi tra un posto e l’altro, come si sarebbe potuto attuare, dal punto di vista logistico, la riorganizzazione ospedaliera che ha visto un ingente trasporto di materiale tra una struttura e l’altra, come si sarebbero potute controllare più efficacemente le frontiere, come si sarebbe potuto assicurare una riserva aggiuntiva di materiale medico, e non da ultimo come si sarebbero potuto trasportare così tanto materiale medico (respiratori inclusi) da un posto all’altro in così breve tempo. Per quest’ultimo punto vorrei aggiungere che sono state proprio le nostre forze aree, tramite gli elicotteri Super-Puma, ad aver svolto questo compito.

Anche se il nostro compianto “Nano” Bignasca anni fa si era dichiarato contrario agli aerei da combattimento, bisogna essere coscienti il tempo passa e i velivoli invecchiano, aumentano i propri costi operativi e necessitano di essere sostituiti (gli F-5 Tiger II sono velivoli del 1972, mentre gli F/A-18 Hornet sono del 1983). Aerei nuovi, oltre che sistemi più sofisticati, rappresentano anche un minor costo operativo. I velivoli che abbiamo ora nella nostra flotta sono ormai vetusti e presentano costi operativi molto alti. Le forze aeree devono continuare a rimanere operative, anche perché nel solo 2018 hanno effettuato un totale di 265 missioni di polizia aerea; di cui 245 “live mission” (ovvero osservazione e identificazione) e 20 “hot mission” (interventi). I Giovani comunisti dimenticano inoltre che la spesa che la Confederazione affronterà per l’acquisto dei jet da combattimento non sarà a fondo perso: l’azienda che fornirà i velivoli dovrà infatti spendere una percentuale dell’importo speso presso aziende elvetiche. Si chiamano “affari di compensazione”, ed il Ticino dovrebbe (stando agli ultimi discorsi parlamentari) beneficiare del 5% dell’importo totale. Ma del resto, a che gliene importa dell’economia e dei posti di lavoro ai comunisti?

Vorrei infine far notare che l’Esercito svizzero impiega pure risorse all’estero in missioni di pace, come ad esempio in Kosovo (KFOR) dove ha il compito di aiutare la popolazione a tornare alla vita normale, ma anche al di fuori dei confini europei, come la missione MINURSO nel Sahara Occidentale, per citarne una. La Svizzera, ogni tanto occorre ricordarlo, ha in più occasioni fornito il suo sostegno umanitario mostrandosi molto solidale… e non certo un burattino della NATO.

Chiunque abbia strumentalizzato questo argomento per fare propaganda politica in un momento così difficile e a tratti drammatico per la nostra nazione, come pure per il mondo intero, spero riesca dormire sonni tranquilli. Io non ci riuscirei, nel rispetto di chi si sacrifica al fronte, di soffre e di chi perde i propri cari.

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