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L'OSPITECoronavirus: siamo gli unici a non prendere misure al confine

24.02.20 - 23:40
Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale e municipale di Lugano, Lega dei Ticinesi
keystone-sda.ch (ABIR SULTAN)
Coronavirus: siamo gli unici a non prendere misure al confine
Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale e municipale di Lugano, Lega dei Ticinesi

Il dato saliente delle fumose comunicazioni ufficiali odierne sull’emergenza coronavirus è che continuano a non essere previste misure ai confini con l’Italia per tutelare la popolazione ticinese. Intanto nella Penisola i morti sono saliti a 7, quasi tutti in Lombardia.

Eppure i Paesi limitrofi all’Italia le misure al confine le hanno invocate ed anche applicate (vedi le richieste dei comuni francesi confinanti con la Penisola ed i blocchi di convogli da parte dell’Austria). Stati più lontani come la Romania e perfino Israele hanno imposto la quarantena a chi torna dalla Lombardia o dal Veneto. E questo stesso provvedimento è stato decretato addirittura da regioni del Mezzogiorno italiano!

Dei 70mila frontalieri (ufficiali) che entrano quotidianamente in Ticino, 45mila sono impiegati nel settore terziario: quindi è possibile negar loro l’accesso al nostro Cantone per un periodo adeguato di tempo, senza che ciò provochi alcun danno significativo all’economia. Del resto lo scoppio di un’epidemia in Ticino imporrebbe una serie di misure drastiche (si pensi a quelle decretate in Lombardia) che avrebbero conseguenze ben più pesanti sulle attività produttive.

E chi ha assunto frontalieri al posto di ticinesi, adesso faccia fronte alle implicazioni di tale scelta.

Tanto per mettere la ciliegina sulla torta, questa mattina dall’Italia arrivavano treni in composizione ridotta; col risultato di ammucchiare ulteriormente i passeggeri, ciò che di sicuro non serve a ridurre i rischi di contagio.

È evidente che Berna, anche in questo frangente, sottovaluta colpevolmente le conseguenze che la collocazione geografica del Ticino comporta per la sua popolazione in regime di libera circolazione delle persone. Senza dimenticare che molti ticinesi si recano in Svizzera interna per motivi di lavoro o di studio: nel caso il coronavirus si propagasse in Ticino, l’autorità federale “blinderebbe” il Gottardo per non aver voluto intervenire alle frontiere con l’Italia?

È allarmante che il dogma delle frontiere spalancate venga considerato prioritario addirittura rispetto alle questioni di salute pubblica; e questo malgrado la sospensione dell’accordo di Schengen per tali motivi sia prevista.

Chi compie simili scelte se ne dovrà assumere la responsabilità.

 

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