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L'OSPITEUn po’ di storia ticinese e l’allerta "Corona Virus"

12.02.20 - 14:00
Matteo Muschietti
archivio
Un po’ di storia ticinese e l’allerta "Corona Virus"
Matteo Muschietti

Il nostro Cantone nel 1800 e 1900, era terra di emigranti. Il Ticino era povero e le principali alternative per avere lavoro erano quelle di recarsi in Italia, in Francia o nella Svizzera interna. Mi sovviene un aneddoto che mi raccontava mio padre ricordando il nonno. Si chiamava Pietro ed alla fine dell’Ottocento si recava in Piemonte presso una fornace a lavorare la creta per produrre coppi per i tetti e mattoni per la costruzione delle case. I suoi viaggi si svolgevano a piedi e per arrivare a destinazione ci volevano settimane.

La stagione lavorativa andava dalla primavere alla metà del mese di ottobre, poi con quanto guadagnato si tornava al paesello natio. Il viaggio era sempre un’incognita costellata di mille imprevisti, soprattutto al ritorno dove si dovevano proteggere i soldi guadagnati per far fronte agli impegni della famiglia nella stagione invernale e crescere i figli. Una frase celebre del mio bisnonno la diceva lunga sul fenomeno del brigantaggio, in quanto si lasciava scappare a più riprese che “ci sono più ladri in Italia che stelle in cielo“, a causa dei continui agguati portati da banditi durante il ritorno. I Ticinesi si riunivano allora in gruppi armati di bastone e ingaggiavano lotte contro queste bande criminali che operavano lunga la strada del ritorno in Ticino. Un altro fenomeno marcava profondamente gli animi già stanchi dei nostri poveri migranti. C’erano infatti degli anni dove in Piemonte imperversava il colera, virus molto diffuso nel 1800 e molto contagioso. Arrivati in Ticino erano fermati alle porte dei comuni di provenienza e dovevano sottoporsi alla quarantena, a quei tempi molto dura. A Curio, comune del Malcantone, chi tornava da una zona infetta doveva passare la quarantena presso la chiesa della Madonna della Morella, situata nei boschi sopra il paesello. Per quaranta giorni ai migranti veniva portato il pane, l’acqua era presa da una sorgente presso la chiesa. Non erano permessi contatti fisici e per parlare si doveva rispettare una distanza di 50 metri. Il colera è arrivato anche in Ticino ed ha fatto parecchi morti, quindi le precauzioni erano necessarie. Oggi siamo confrontati con un nuovo virus proveniente dalla Cina. La storia si ripete, perché noi uomini siamo fragili e soggetti a pandemie che portano malattie e morte. La medicina in questi anni ha fatto passi da gigante, speriamo quindi che arresti questa pandemia al più presto. Da parte nostra, questa “nuova” situazione ci faccia riflettere e pensare che siamo pellegrini in questo mondo e che prima o poi lo dovremo abbandonare. Cerchiamo dunque di vivere seminando amore e gioia costantemente.

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