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L'OSPITEConversione errata e la fattura del riscaldamento schizza

15.01.20 - 11:02
Cristiana Maspoli
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Conversione errata e la fattura del riscaldamento schizza
Cristiana Maspoli

Tra il 2004 e il 2010, ho gestito a Chiasso un bed and breakfast preso in affitto all’interno di una palazzina che ospita altri locali commerciali e appartamenti privati. Ma i contraccolpi si quell’esperienza si sono trascinati per quasi 9 anni. Tanto è durata la vertenza per i conteggi di riscaldamento. Alla fine il pretore mi ha dato torto nel merito, ma ritengo che la questione della corretta conversione dei vettori energetici (gas, gasolio ecc) meriti di essere conosciuta dagli inquilini e dalle autorità. Anche perché il rapporto del perito giudiziario riguardante l'efficienza energetica del patrimonio e i criteri per la corretta valutazione del fabbisogno sosteneva altro.

Il pretore invece ha ritenuto che i conteggi per il riscaldamento fossero tutti conformi. A mio parere non ha valutato correttamente le caratteristiche del vettore energetico esaminato. Così per consumi calorici non avuti sono stata condannata a pagare per il riscaldamento un importo eccessivo stabilito dal conteggio individuale delle spese.

In un impianto di riscaldamento, tra i kWh (chilowattora) rilevati mediante i contatori di calore e la conseguente valutazione del gasolio consumato, si considera anzitutto il fattore di conversione (esposto anche nella perizia giudiziaria) pari a 10,1 kWh al litro. Esistono i modelli per il conteggio individuale delle spese dell’energia e dell’acqua che vanno rispettati dagli amministratori che definiscono la suddivisione dei costi. 

Per chi usufruisce dei contatori di calore, è ovvio aspettarsi di pagare solo quanto corrisponde all’effettivo suo consumo energetico avuto.  Nella palazzina, dove avevo il B&B a Chiasso, unicamente per l’albergo garni e i locali commerciali, la proprietaria aveva installato dei contatori per la contabilizzazione dei consumi energetici per il riscaldamento. Gli inquilini degli appartamenti usufruivano invece di un conteggio basato sul volume degli spazi affittati.

Attraverso il bilancio energetico dettagliato dell’albergo garni, tenendo presente una temperatura media nei locali di 21.5 °C e anche l’acqua calda di consumo, la perizia giudiziaria ha stabilito l’indice di consumo energetico E. I conseguenti consumi unitari di gasolio, corrispondono a 20.7 litri/m2 che, secondo il documento SIA CE, sono perfettamente allineati con gli altri edifici costruiti negli anni ’70. 

Siccome i consumi di gasolio fatturati (ca. 30l/m2) erano troppo elevati rispetto ai kWh misurati, ho contestato il conguaglio delle spese accessorie davanti alla Pretura. Dopo una lunga vertenza, ne sono uscita sconfitta. Il pretore non ha infatti riconosciuto che, tra il numero di kWh misurati dai contatori e i litri di gasolio consumati, esiste un valore di conversione che non può variare in funzione dello stato edificatorio dell’immobile (le dispersioni termiche). La proprietaria ha fatto valere proprio il contrario, senza tuttavia riuscire a spiegare al pretore perché applicasse una conversione dell’olio extraleggero di soli 6'207 cal/l (corrispondenti a 7.2 KWh/l). Si tratta di un valore non sostenibile nemmeno tenendo conto delle perdite energetiche momentanee della combustione e anche del trasporto e distribuzione del calore, in quanto i contatori sono ubicati a lato della caldaia che si trova all’ultimo piano dell’edificio.

Il conteggio dei costi energetici risulta comunque lacunoso per più motivi. Il conteggio della quantità di gasolio utilizzato, espresso sulla base delle scorte iniziali e finali di combustibile, è spesso oggetto di inesattezze. Poiché i gruppi idraulici per i radiatori degli uffici e degli appartamenti non sono muniti di un contatore di calore, sarebbe stato opportuno utilizzarne perlomeno uno sul gruppo principale che concerne la caldaia. Tuttavia, è lo stesso modello per il conteggio individuale CISE (Svizzera energia) a indicare che ogni gruppo deve essere munito di un proprio sistema di misurazione.

Il conteggio individuale e di ripartizione delle spese non segue la contabilizzazione indicata dall’Ufficio federale dell’energia. Per ogni utenza, in base alla quota effettiva per il riscaldamento dei locali e per la produzione dell’acqua calda, il conteggio presentato non considera che i costi del calore vanno distribuiti, tra tutte le utenze, tra spese generali (il 30%, corrispondenti alle perdite della caldaia e quelle di distribuzione, al riscaldamento dei locali comuni ecc.) e consumi (70%). 

Il conteggio non tiene neppure conto del principio di compensazione che, in termini di fabbisogno energetico, stabilisce e corregge le condizioni sfavorevoli dell’ubicazione dei singoli locali rispetto all’ambiente che li circonda (ad esempio, le pareti esterne). 

Siccome gli altri locali commerciali (più piccoli del bed and breakfast) erano sfitti, a quest’ultimo sono stati assegnati quasi tutti i consumi, mentre in base al loro volume gli altri appartamenti si sono suddivise solo le spese rimanenti. Il mio conteggio energetico si è rivelato di conseguenza molto superiore rispetto all’effettivo consumo (quasi il 40% di consumi maggiorati).

Malgrado che la morfologia dell’intero edificio possa essere considerato tutta uniforme, l’indice di consumo energetico degli appartamenti risulta considerevolmente inferiore a quello del garni: è il segno evidente di un errore commesso nella distribuzione degli oneri per il riscaldamento dello stabile. Il pretore, malgrado una perizia tecnica giudiziaria non opinabile, non ha tenuto nella dovuta considerazione le valutazioni richieste all’esperto e ha dato torto all’inquilina.

È doveroso che il legislatore si chini sulla questione e stabilisca rimedi efficaci per uniformizzare le modalità di ripartizione delle spese accessorie e di riscaldamento alle prescrizioni vincolanti e, nel contempo, per rendere corretta l’efficienza energetica degli impianti mediante la giusta conversione dei requisiti dei vettori energetici.

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