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L'OSPITELa persona al centro

17.11.19 - 09:15
Giovanni Merlini, candidato al Consiglio degli Stati
Ti Press
La persona al centro
Giovanni Merlini, candidato al Consiglio degli Stati

L’unità di misura della politica dovrebbe essere l’essere umano: l’individuo come persona irripetibile, con le sue aspirazioni, capacità e debolezze. Ciascuno di noi è il nucleo originale che genera tutte le dimensioni collettive, dalla famiglia, alla scuola, alle associazioni fino alla Nazione. La persona è la cellula a partire dalla quale la politica deve muovere i passi per costruire la società del futuro.  

Purtroppo, questo approccio orientato alla difesa e promozione dell’individuo sembra vacillare. Con insistenza stucchevole si moltiplicano i discorsi che sminuiscono il valore personale delle donne e degli uomini. Assistiamo al dilagare di visioni disfattiste e risentite, che descrivono un mondo ostile, manipolato da poteri occulti e sfuggenti (multinazionali, manager stranieri, algoritmi eccetera). La donna e l’uomo sono sempre più raramente considerati come soggetti, ma piuttosto come oggetti e vittime inermi di un sistema che li schiaccia. È una visione pericolosa benché risulti in un certo senso comoda in quanto ci deresponsabilizza e tende a giustificare chi rinuncia a prendere in mano il proprio destino, visto che «tanto è tutto inutile».

La storia svizzera è, in gran parte, una storia di successi e ci racconta cose ben diverse. Ci racconta che servono coraggio, spirito di iniziativa, disponibilità al rischio imprenditoriale, slancio verso la realizzazione di sé e fiducia dei propri talenti. Solo così una Nazione povera e priva di ricchezze naturali è potuta diventare un faro di civiltà e benessere durante il “secolo breve” devastato dalle due guerre mondiali. Se vogliamo rimanere fedeli all’identità di questo nostro Paese e modellare il nostro avvenire nel solco di questa storia allora il nostro primo compito consiste nel contrastare ogni forma di pessimismo culturale.

Contemporaneamente si sta affermando però anche un’altra attitudine, altrettanto pericolosa e contraria. È quella forma di fideismo tecnologico che crede di identificare il progresso con la sola tecnica, con il solo saper fare e con la sola “aziendalizzazione” della nostra società, riducendo gli individui a mero «capitale umano», ad ubbidienti pedine di un sistema dove dominano le “tre i”: inglese, informatica, impresa. Gli effetti di questo paradigma si possono ravvisare in quelle politiche scolastiche che mirano a sfornare attori aziendali, portatori di una formazione strumentale e unicamente funzionale alle presunte esigenze del mercato del lavoro. Negli slogan acritici dei più entusiasti propugnatori della trasformazione tecnologica tutto è digitale, tutto è start-up, tutto si risolverà nell’innovazione e nelle sue opportunità. In questa ottica riduttiva il compito degli individui non è di trovare sé stessi, come insegna la saggezza antica, bensì di diventare attori alfa poiché non c’è più spazio per i «beta». Sempre più esperti nel come si fanno le cose, ma sempre meno consapevoli del loro senso e scopo.

Di fronte a queste visioni unilaterali dell’attuale rivoluzione industriale, il primo compito di un politico è di ponderare i contrapposti interessi, nella consapevolezza che i valori democratici non dovranno mai soccombere difronte alle logiche tecnocratiche. Per riuscirci, occorre che l’essere umano sia sempre al centro della nostra riflessione: con la sua forza e la sua fragilità, le sue ambizioni e le sue frustrazioni, le sue preoccupazioni e i suoi sogni. L’economia nel sistema capitalista ci consente di crescere e di produrre quella ricchezza necessaria che, attraverso la ridistribuzione, permette ad un sistema-paese di rimanere coeso e solidale. Proprio per questa ragione l’economia deve rimanere sempre al servizio della persona e della società, e non il contrario. Mi riconosco in questa visione umanistica dell’economia: la politica deve riprendersi quindi il suo ruolo principale che è quello di dettare le regole del gioco affinché si consolidi un rapporto virtuoso tra economia e società contribuendo ad uno sviluppo armonico della Nazione. Solo così riusciremo a superare la paura del futuro, dell’esclusione, dell’irrilevanza e dell’impotenza. Solo così potremo resistere alle sirene seducenti di chi cavalca le nostre paure con promesse che non potrà mai mantenere. Solo così saremo davvero protagonisti delle nostre esistenze.

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