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L'OSPITEEquivalenza borsistica: la vera posta in gioco è un’altra

11.07.19 - 15:18
Giovanni Merlini, Consigliere nazionale
Equivalenza borsistica: la vera posta in gioco è un’altra
Giovanni Merlini, Consigliere nazionale

La Commissione UE ha scelto la peggiore delle strategie possibili con la Svizzera. E anche la più controproducente ai fini stessi dell’Accordo quadro. La mancata decisione, venerdì scorso, sul riconoscimento dell’equivalenza delle nostre regole borsistiche ne è l’ennesima dimostrazione. In realtà la nostra normativa sulla Borsa non offre il fianco ad alcuna critica specifica da parte europea e non ha alcun legame con la sottoscrizione dell’Accordo istituzionale. Ma Bruxelles sembra voler proseguire sulla via delle indebite pressioni, rivelando ancora una volta scarsa conoscenza dei meccanismi di formazione della volontà politica tipici nella nostra democrazia semidiretta. E sembra ignorare che da noi le decisioni maturano dal basso - per fortuna - con il coinvolgimento del popolo, dei partiti, dei partners sociali e di tutte le parti interessate, grazie alle procedure di consultazione. La portata pratica del mancato riconoscimento dell’equivalenza borsistica va però ridimensionata perché comporta un danno limitato per la nostra Borsa. La contromisura che il Consiglio federale (CF) ha predisposto prevede infatti che il commercio estero di azioni svizzere dovrà essere ammesso unicamente sulle piazze che non discriminano la Svizzera, quindi non su quelle dell’UE. Ciò significa che i negoziatori europei di titoli svizzeri potranno comunque acquistare e vendere azioni svizzere alla Borsa svizzera, visto che le restrizioni dell’UE per le transazioni dei negoziatori europei in Svizzera, in mancanza dell’equivalenza, riguardano solo le azioni che vengono trattate anche nell’UE. La cifra d’affari conseguita con il commercio di azioni svizzere rappresenta solo il 3% della cifra d’affari globale del commercio azionario nell’UE (nelle piazze di Francoforte e Parigi meno dello 0.5%). Molto più importante è invece la piazza londinese per il commercio di azioni svizzere e anche alla Borsa svizzera i negoziatori britannici che commerciano azioni sono una fetta ben più consistente rispetto agli altri negoziatori europei. Una volta che la GB sarà uscita dall’UE e che avrà riconosciuto (com’è molto probabile) l’equivalenza borsistica svizzera, ecco che tra i due Paesi varranno le stesse condizioni per le transazioni azionarie. Certo, rimane l’aspetto politico della faccenda e se nelle prossime settimane non sarà giunto un segnale più accomodante da Bruxelles si complicherà la sorte del cosiddetto miliardo di coesione, anche se non c’entra con l’Accordo quadro. Già nel settembre dello scorso anno avevo interpellato il CF, sollecitandolo ad una riflessione strategica sugli interventi strutturali necessari per migliorare la competitività della nostra piazza finanziaria ed economica, non solo quindi in risposta all’atteggiamento discriminatorio di Bruxelles verso la Confederazione. In particolare avevo richiesto di valutare seriamente l’abolizione dell’imposta di bollo sull’emissione di titoli: un provvedimento che gioverebbe molto alla promozione degli investimenti in Svizzera e che, tra l’altro, mostrerebbe a Bruxelles la nostra capacità di resilienza. L’abolizione dell’imposta di bollo ci arrecherebbe per altro molti più vantaggi duraturi rispetto al congelamento del cosiddetto miliardo di coesione, che oltretutto è almeno in parte anche nel nostro interesse e non solo dei Paesi che ne beneficerebbero. Un congelamento non farebbe altro che produrre ulteriori tensioni, con il rischio di nuove ritorsioni, mentre è urgente riportare un po’ di serenità e stabilità nei rapporti tra UE e Svizzera. Avevo anche domandato al CF di prendere in considerazione l’avvio di una procedura di composizione delle controversie secondo la regolamentazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) per fare accertare il carattere discriminatorio del mancato riconoscimento dell’equivalenza borsistica svizzera, tanto per segnalare a Bruxelles che non siamo disposti ad accettare supinamente simili misure vessatorie e che aspiriamo a relazioni caratterizzate da correttezza e rispetto vicendevoli. Ma al netto di questi episodi, per quanto irritanti possano risultare, non dobbiamo mai perdere di vista la vera posta in gioco: che non consiste nell’equivalenza borsistica e ancora meno nel miliardo di coesione, bensì nella salvaguardia della via bilaterale. Vediamo quindi di conservare nervi saldi e mente fredda con il nostro principale partner commerciale.

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