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L'OSPITEPrevisioni economiche “un tant al toc”

27.03.19 - 11:30
Matteo Pronzini, deputato MPS
KEYSTONE/KPINL KPAPA KPPA (SAMUEL GOLAY)
Matteo Pronzini
Matteo Pronzini
Previsioni economiche “un tant al toc”
Matteo Pronzini, deputato MPS

Un’economia basata sullo sfruttamento delle manodopera a basso costo d’oltrefrontiera e sui privilegi fiscali, salari sempre più lombardi e precariato che dilaga a macchia d’olio; eppure gli economisti preferiti del Consiglio di Stato ci dicono di stare allegri che va tutto benissimo. Al di là dell’evidente disprezzo dimostrato per le migliaia di persone che vivono situazioni di disagio, povertà ed esclusione dal mondo del lavoro, è chiaro ormai che le decisioni sul futuro economico del cantone si basano più su teorie superate che non sulla reale osservazione della realtà.

Si sente spesso dire che la sinistra (quella vera) è troppo ideologica, ma non c’è niente di più ideologico e sconnesso dalla realtà di credenze come “Il mercato si autoregola”, “le aziende creano benessere” e “la ricchezza sgocciola verso il basso”. Tutta la politica economica del cantone continua a poggiare su questi “assiomi” anche se le cifre reali attestano che i salari stagnano o si abbassano, le persone in difficoltà aumentano e il reddito disponibile della stragrande maggioranza dei ticinesi si è scostato sempre più da quello degli svizzeri. E il fatto di affidare gli studi economici sempre agli stessi “guru” non fa che peggiorare le cose.

Il Bak Basel ci ha deliziato nei giorni scorsi dell’ennesima analisi sul “miracolo economico ticinese”. Il PIl cresce, l’occupazione esplode, le aziende prosperano. Già a questo punto una riflessione si impone: il famoso “fuggi fuggi di aziende” che ci hanno descritto l’anno scorso i sostenitori della Riforma fiscale cantonale era solo una bufala per convincere i ticinesi a votare ulteriori sgravi alle aziende. È chiaro che lo studio, presentato a in pompa magna dalla Camera di commercio ticinese, è uno spot elettorale favore di Christian Vitta dell’intero governo ticinese, sempre così servile verso gli ambienti economici, ma quel che perplessi lascia è l’insistenza nel volerci presentare scenari futuri senza interessarsi minimamente alle ripercussioni sulla maggioranza delle popolazione. In Ticino i tassi di povertà, precariato e disoccupazione sono sempre più alti della media nazionale, ma sembra che a nessuno sia venuto in mente che questo possa essere l’effetto perverso della “crescita impressionante” dell’economia cantonale. Questo stesso istituto basilese, che oggi ci assicura un futuro radioso, quattro anni fa ci garantiva che la Moda era un settore “promettente” su cui puntare per lo sviluppo economico del cantone. Oggi ammette che è stato “forse sopravvalutato” e che in realtà contribuisce solo all’1% del valore aggiunto cantonale.

Gli economisti nostrani sono riusciti a fare pure peggio: Rico Maggi, direttore dell’IRE, insiste nel sostenere che il settore moda è “strategico” per il cantone, malgrado la partenza di Armani, e rivelazioni sulle condizioni di lavoro alal Philipp Plein e la delocalizzazione del personale amministrativo della Luxury Goods che ha fatto crollare del 95% il gettito fiscale. Mauro Baranzini, invece di chiedersi in cosa erano sbagliate le sue previsioni, ha accusato una giornalista della RSI -  autrice di un’inchiesta sulle spregiudicate operazioni di “ottimizzazione fiscale” del gruppo Kering - di aver dato alle autorità straniere materiale per accusare la Svizzera. Le inchieste giudiziarie per evasione fiscale in Italia e in Francia sono state avviate ben prima del servizi di Falò ed è allarmante pensare che un economista che ha definito la logistica “fra i migliori contribuenti del cantone” non sia neppure al corrente degli sviluppi a livello internazionale.

Oggi quindi ci ritroviamo a dover prendere decisioni di vitale importanza per il futuro del cantone basandoci su studi che in appena cinque anni risultano superati e che non tengono minimamente conto degli impatti sociali e ambientali. E il Consiglio di Stato invece di correre ai ripari si incaponisce a difendere le sue posizioni con argomenti sempre più improbabili. Stiamo per investire 45 milioni in una scuola tecnica di moda a Chiasso senza neppure sapere se una volta finita ci saranno ancora posti di lavoro in questo settore in Ticino e di che tipo. Non possiamo continuare a ipotecare il futuro di un intero cantone per favorire interessi particolari o difendere le scelte sbagliare del passato. È ora di cambiare radicalmente approccio e calcolare il “valore aggiunto” sulla base alle qualità dei posti di lavoro, dei salari e dell’ambiente invece che sull’introito fiscale immediato per pochi comuni e sull’improbabile indotto generato da manager fantasma.

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