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L'OSPITEChiusura del Casinò di Campione: un problema anche ticinese

15.03.19 - 16:47
Leonardo Bussi, Candidato UDC al Gran Consiglio
Chiusura del Casinò di Campione: un problema anche ticinese
Leonardo Bussi, Candidato UDC al Gran Consiglio

Tutti noi abbiamo letto in questi mesi delle enormi difficoltà dell'enclave italiana in Ticino. Ora che il Casinò di Campione è chiuso e che, come era logico attendersi, questo ha comportato un forte sviluppo di quelli di Lugano e di Mendrisio, si potrebbe essere tentati di pensare che il destino dell'enclave, al di là dei milioni dovuti al Cantone dal Comune di Campione d'Italia, rappresenti, tutto sommato, un problema altrui, con perfino qualche ricaduta positiva sul Ticino in termini di fatturato. Purtroppo non è così.

Campione ed il Ticino sono territori profondamente legati, storicamente, culturalmente (basti pensare che molti dei Maestri Campionesi venivano da Melide, Bissone, Arogno...), ma anche e soprattutto economicamente.

Inevitabilmente si influenzano a vicenda. L'attuale crisi di Campione rappresenta pertanto un danno economico anche per il Ticino. Non solo per i debiti legati alla prestazione dei servizi essenziali, ma anche per l'effetto depressivo sui comuni ticinesi confinanti e per l'impatto che la crisi stessa ha sull'immagine internazionale di tutta la regione.

In attesa di sviluppi da Berna o da Roma, io credo che il Cantone dovrebbe chinarsi senza indugio sul problema. Non solo per garantire ai cittadini campionesi (molti dei quali, è bene ricordarlo, sono anche cittadini svizzeri) un livello minimo di servizi essenziali (cosa che peraltro è già stata prontamente fatta e per cui gli stessi hanno manifestato pubblicamente la propria gratitudine verso la Svizzera), ma anche per creare le condizioni per un rilancio dell'enclave e di tutti i comuni ticinesi limitrofi.

Sappiamo tutti che una parte significativa dei nostri residenti, specialmente quelli con un reddito meno elevato, ma non solo, fanno la spesa in Italia. Questo fenomeno, giustamente avversato dai nostri commercianti, ma che finora si è rivelato oggettivamente difficile da sradicare, rappresenta, di fatto, un trasferimento di ricchezza dal Ticino all'Italia ed un minor giro d'affari per i nostri negozi.

Perché non provare a riprenderci questo ingente flusso di capitali, che oggi lascia il nostro territorio?

Si potrebbe esplorare con il Comune di Campione d'Italia la creazione di un super centro commerciale nell'enclave. Un gigantesco supermercato, tipo Harrods a Londra o il Metropole a Monaco, dove trovare di tutto, detenuto da una società a capitale misto (50-50) svizzero-italiano, controllata e posseduta dai comuni ticinesi limitrofi riuniti (eventualmente anche con la partecipazione degli attori della grande distribuzione) e dal Comune di Campione d'Italia. 

Una struttura snella, amministrata con competenza da professionisti nominati dai comuni interessati, dedicata a far da vetrina, in parti rigorosamente uguali, a prodotti italiani e svizzeri.

 

Non una struttura assistenziale, ma un'azienda con un duplice e chiaro compito: da un lato, ritornare ai comuni che la possiedono profitti crescenti anno dopo anno e, dall'altro, fornire ai prodotti locali ticinesi una nuova prestigiosa vetrina.

In questo modo potremmo spostare il baricentro della spesa oltre confine da Carlazzo/Como/Ponte Tresa a Campione e, così facendo, tramite il controllo della società in questione, riportare in Ticino (sotto forma di dividendi) una buona parte dei fondi prodotti in Ticino che ora si perdono tra i numerosi supermercati cresciuti appena oltre il nostro confine.

Una volta rientrati i nostri Comuni dell'investimento iniziale, si potrebbero anche destinare i dividendi così raccolti a programmi a favore dei commercianti ticinesi (ad esempio, partecipazioni ai costi di affitto e/o per i nuovi assunti oppure campagne pubblicitarie gratuite). Un circolo virtuoso. A vantaggio di tutto il territorio.

Aiutare Campione d'Italia ad uscire da questa profonda crisi sarebbe in questo modo un buon affare per tutto il Ticino ed aiuterebbe a rigenerare anche le aree limitrofe (bar e ristoranti in primo luogo, ma non solo).

La fine del segreto bancario ha scosso la nostra economia e ha reso imperativi cambiamenti e aggiustamenti. Io credo che il nostro Cantone abbia le competenze, gli strumenti e gli uomini per cominciare guidare questi cambiamenti invece che farvi semplicemente fronte. Potremmo cominciare da Campione e dalla spesa di casa nostra.»

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