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L'OSPITESì alla Scuola che verrà

17.09.18 - 17:00
Renato Reichlin (già insegnante del settore Medio e Medio Superiore)
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Sì alla Scuola che verrà
Renato Reichlin (già insegnante del settore Medio e Medio Superiore)

Io voto un convinto Sì a “La scuola che verrà”. Un bel Sì per una molteplicità di ragioni.

Voto Sì, perché credo che la scuola debba essere un cantiere sempre aperto, soprattutto di fronte all’entità e alla velocità delle trasformazioni in atto.

Voto Sì, perché è bene che periodicamente la scuola sottoponga a verifica e sperimentazione le proprie modalità e i propri strumenti.

Voto Sì, perché per gli insegnanti (sono stato uno di loro!) una sperimentazione è un’imperdibile occasione per riattivare energie, stimolare passioni e risorse professionali, con ricadute indiscutibilmente benefiche per allievi, famiglie e società tutta.

Voto Sì, perché sono da sempre a favore di ciò che può contribuire a profilare nuovi orizzonti, stimolare riflessioni, focalizzare nuovi obiettivi.

Voto Sì, perché “La scuola che verrà” corregge quello che ho sempre considerato il peccato originale della Scuola Media Unica: considerare l’uguaglianza tra i ragazzi come dato di partenza anziché come meta ideale verso cui convergere.

Voto Sì, perché “La scuola che verrà” indica anche nuove strade e nuovi mezzi per conseguire tale meta ideale, rispondendo tra l’altro anche a un’annosa e legittima richiesta dei docenti: poter insegnare in classi più contenute, dove sarà finalmente possibile un inedito e proficuo dinamismo allievo-insegnante e allievo-allievo.

Voto Sì a un progetto che guarda avanti e chiede di potersi impegnare a migliorare un’istituzione come la scuola, diventata così fondamentale in un’epoca di crisi quando non addirittura di dismissione del ruolo della famiglia.

Sono ovviamente pronto a votare Sì a un’iniziativa che anche in Ticino offrisse finalmente agli insegnanti delle Scuole Medie e Medie Superiori la possibilità di essere direttamente coinvolti nelle discussioni e decisioni che riguardano la Scuola e la formazione e dunque di essere eleggibili a pieno titolo (e non al 50% di occupazione) in Gran Consiglio e quindi membri delle rispettive Commissioni, dove su questi temi si propone e discute, ciò che è da sempre permesso ai medici per trattare di sanità e agli avvocati per trattare di leggi (per i quali non sembra valere la regola del controllore-controllato). La loro piena eleggibilità potrebbe essere anche un’opportunità per restituire agli insegnanti quella dignità e quella considerazione che troppo spesso la politica-partitica ha contribuito a svalutare.

Ma per questo sarebbe necessaria una riforma ancora più urgente, proprio quella del sistema politico/partitico, che invece sembra crogiolarsi nell’assenteismo che il sistema stesso causa e che, quando va bene, fa solo finta di denunciare.

 

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