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L'OSPITE«No Billag? È un salto nel buio»

18.01.18 - 08:40
Coscienza Svizzera, Gruppo di studio e di informazione
Keystone
«No Billag? È un salto nel buio»
Coscienza Svizzera, Gruppo di studio e di informazione

Pensiamo all’avvenire della Svizzera quale nazione plurilingue costruita sulla volontà. Coscienza Svizzera invita i suoi membri e le cittadine e cittadini chiamati ad esprimersi il 4 marzo prossimo a fermarsi un momento e riflettere sulla radicalità del testo e sulle conseguenze dell’articolo costituzionale proposto:

Art. 93:

Cpv. 3: La Confederazione mette periodicamente all’asta concessioni per la radio e la televisione.

Cpv. 4: La Confederazione non sovvenziona alcuna emittente radiofonica o televisiva. Può rimunerare la diffusione di comunicati ufficiali urgenti.

Cpv. 5: La Confederazione o terzi da essa incaricati non possono riscuotere canoni. Inoltre nelle disposizioni d’entrata in vigore si esplicita: cpv. 3 Alla data d’entrata in vigore delle disposizioni legali (ndr 1.1.2019!) le concessioni con partecipazione al canone sono revocate senza indennizzo. Sono fatte salvo le pretese d’indennizzo per i diritti acquisiti coperti dalla garanzia della proprietà.

LA RADICALITÀ DEL TESTO: L’iniziativa No Billag implica che il 31 dicembre di quest’anno scadrebbero le concessioni di tutte le emittenti della SSR e delle 34 emittenti private al beneficio di una partecipazione al canone. Una chiusura d’ufficio quindi. Se dotate di sufficiente capitale proprio, esse potranno semmai partecipare alla messa all’asta delle nuove concessioni assieme a concorrenti nazionali ed esteri. Produrre e diffondere un’offerta radio e televisiva sarà allora esclusivamente una questione di mercato e di utili commerciali, poiché non sarà possibile a nessuno prelevare un canone e sarà vietato alla Confederazione di sovvenzionare in alcun modo un’offerta rtv. Informazione e altri programmi saranno nelle mani di chi ha pagato di più, secondo una logica commerciale. Gli utenti dovranno verosimilmente pagare un abbonamento e non avranno alcun diritto di reclamo (nessuna partecipazione democratica).

L’AMBIGUITÀ DEL DIBATTITO: L’iniziativa ha potuto e può sembrare motivante per tutti coloro che vorrebbero un dibattito critico sulla qualità e la quantità dell’offerta di servizio pubblico, che si vorrebbe diverso, meno sbilanciato e più sobrio. In realtà questo non è per nulla l’oggetto del voto. L’oggetto del voto è semplicemente lo smantellamento del servizio pubblico, quindi lo scioglimento della SSR e dei canali privati che beneficiano di una ripartizione del canone. Le nuove concessioni saranno appannaggio di chi può mettere sul tavolo più soldi, per profitto diretto dell’investitore o indiretto di potenti gruppi imprenditoriali o personaggi miliardari. Ai piccoli e alle collettività pubbliche locali riempire i buchi a proprie spese.

GLI EFFETTI BOOMERANG: 

Sul budget domestico: l’illusione di un’offerta gratuita è presto sciolta. Supposto un risparmio di un franco al giorno per economia domestica quanto si pagherà per i singoli pacchetti di prodotti (premium, sport, intrattenimento) offerti dal mercato? L’esperienza all’estero, dove comunque il servizio pubblico sussiste, dimostrerebbe il contrario.

Sulla sovranità del consumatore: il consumatore si sentirà liberato dallo Stato e dai suoi condizionamenti in materia? Invece di un servizio pubblico - soggetto agli obiettivi, ai criteri e alle forme di controllo democraticamente inserite in leggi e ordinanze comunque modificabili - l’utente potrà scegliere tra le offerte di concessionari commerciali, dove i gradi di libertà sono quelli unilateralmente definiti dai loro obiettivi e criteri.

Sull’offerta a misura dei singoli bisogni: le nuove tecnologie della comunicazione permettono un maggior coinvolgimento dell’utente e nuove modalità d’interazione. Tutte cose che anche il servizio pubblico sa e può fare secondo regole del gioco concordate. L’iniziativa non lo vuole e radicalmente le sopprime sul nascere. Il risultato incontrollato è quello della frammentazione dell’offerta, della ghettizzazione degli utenti e di una produzione mediatica minimalista, specie dell’informazione.

Sull’avvenire della stampa e dei gruppi editoriali: la salvezza in questo settore sicuramente minacciato e problematico dipende forse dalla cancellazione del servizio pubblico? Meglio (fra)inteso del nemico SSR? Le analisi del mercato pubblicitario mostrano come in questo caso a guadagnare sarebbero le finestre pubblicitarie di emittenti estere oppure le grandi multinazionali dei media elettronici e delle reti sociali.

Sull’educazione e la capacità civica del cittadino: il salto nel buio è totale ed è puro autolesionismo replicare che comunque le generazioni delle reti sociali vanno in altre direzioni. È adattando e trovando nuove forme di servizio pubblico – e non vietandole – che si agirà nella giusta direzione.

Sull’occupazione e sugli equilibri regionali: la SSR e le 34 società private rispecchiano la volontà finora espressa dal legislatore e dal popolo di avere in tutte le regioni linguistiche e per ogni utente un’offerta “equivalente” in termini di servizio pubblico. Questo ha non solo degli effetti diretti sulla perequazione delle risorse finanziarie (con la Svizzera italiana a ricevere quattro volte di più rispetto alla sua forza finanziaria) e l’occupazione, bensì anche degli effetti sistemici, vale a dire sul tessuto micro e macro regionale e sulle capacità di sviluppare spazi autopromuoventi di crescita.

Sulla cultura del Paese: distruggendo alla base ogni modalità di definire, modificare e far crescere un servizio pubblico la radicalità dell’iniziativa interrompe quella rete di rapporti complementari che si è voluto costruire tra i media e i settori produttivi e creativi che di solito non si autofinanziano e che sono invece obbligatoriamente previsti dall’attuale concessione di servizio. Cinema svizzero, musica svizzera, produzioni letterarie per la RTV svizzera, approfondimenti su piccole realtà svizzere che diventano poi “d’archivio” e quindi parte della storia del Paese non riceveranno più un contributo, rischiando di scomparire o di piegarsi alla logica della americanizzazione. Anche le lingue minoritarie perderanno il loro vettore culturale nazionale.

Sulla costruzione di una Svizzera in cammino: la storia dell’avvento della comunicazione via etere e delle successive epoche dettate dai nuovi mezzi e potenzialità di comunicazione fino all’odierna era digitale non avviene al di fuori o a lato degli scenari e delle sfide politiche e di civiltà che in ogni tempo si sono poste e si pongono. Distruggendo il servizio pubblico dei media radiotelevisivi e senza vere alternative, saboteremo quegli elementi fondamentali di Nazione plurilingue, frutto della nostra volontà di essere Svizzera.

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