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L'OSPITEIl lato oscuro dell'iniziativa No Billag

14.11.17 - 11:09
Bruno Besomi, Membro del Consiglio Regionale della CORSI e dell’Assemblea dei Delegati della SRG SSR
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Il lato oscuro dell'iniziativa No Billag
Bruno Besomi, Membro del Consiglio Regionale della CORSI e dell’Assemblea dei Delegati della SRG SSR

Il titolo dell’iniziativa No Billag è decisamente fuorviante.

No Billag significherebbe, ed è bene ripeterlo all’infinito, la chiusura definitiva della SRG SSR e quindi la scomparsa della RSI.

La RSI, che nel 2018 compirà 60 anni di programmi tv, non arriverebbe simbolicamente all’età dell’AVS. Quel “no” messo davanti a “Billag” condiziona inevitabilmente cittadine e cittadini, inducendoli a mettere un “SI” sulla scheda.

Voluto, o semplicemente casuale, di fatto No Billag crea confusione e mi spiego:

Voto SI, per salvare la radiotelevisione di stato, a cui sono affezionato e interessato, quindi per garantire la continuità del servizio pubblico nazionale, oppure, voto NO, perché altrimenti continuo a pagare il canone radiotelevisivo.

Attenzione perché non è così!

Forse ci troviamo confrontati con una violazione dell’articolo 34 della Costituzione federale, in particolare, del suo capoverso 2: “La garanzia dei diritti politici protegge la libera formazione della volontà e l'espressione fedele del voto”.

Con No Billag la confusione è tale da non garantire totalmente quanto dovrebbe essere protetto dalla nostra Costituzione.

Il testo è ormai un dato di fatto, ma la lettura va spiegata senza equivoci. Se voto SI, sostengo l’abolizione del canone radiotelevisivo e accetto che la televisione svizzera venga definitivamente chiusa e con lei 2 canali tv, tre canali radiofonici e tutta l’offerta web, social e teletext per gli utenti italofoni in Svizzera e all’estero. Inoltre, risulterebbero a fortissimo rischio anche i canali privati radiofonici, televisivi e web della Svizzera italiana.

Nei fatti l’articolo 93 capoverso 3 della Costituzione federale verrebbe modificato con: “La Confederazione mette periodicamente all’asta concessioni per la radio e la televisione”. Di conseguenza, l’accesso alle frequenze privilegerà chi pagherà di più, indipendentemente dalla qualità del servizio erogato, dalla nazionalità e da eventuali interessi di nicchia che vorrà promuovere.

“La Confederazione non sovvenziona alcuna emittente radiofonica o televisiva. Può remunerare la diffusione di comunicazioni ufficiali urgenti”. Non vi sarà quindi nessuna possibilità per lo stato di evitare, con sovvenzioni straordinarie, la chiusura della SRG SSR.

“La Confederazione o terzi da essa incaricati non possono riscuotere canoni”.
Dal 01.01.2019, i cittadini svizzeri saranno esonerati dal pagamento del canone che rappresenta oltre i ¾ delle entrate della SRG SSR. Subito dopo il voto, si avvierebbe così la procedura di chiusura dell’azienda. A ciò si aggiunge che “In tempo di pace la Confederazione non gestisce emittenti radiofoniche e televisive proprie”. La Confederazione avrà le mani completamente legate per quanto concerne il controllo delle future emittenti multimediali. I nuovi attori del mercato potranno quindi decidere liberamente obiettivi e segmenti di popolazione da raggiungere, ma soprattutto i contenuti, che non saranno necessariamente orientati al pluralismo e alla libera formazione delle opinioni.

Oltre alle emittenti della RSI, pagherebbero dazio altri servizi molto importanti per il nostro panorama culturale e sociale, come ad esempio l’Orchestra della Svizzera Italiana (OSI), i barocchisti e il coro della RSI; istituzioni rinomate e riconosciute a livello mondiale.

Inoltre, perderemmo l’ampia offerta di showcase organizzati agli studi radio di Lugano-Besso, i concerti all’auditorio Stelio Molo, i concerti di Rete Due, le stagioni Jazz e le numerose serate pubbliche promosse dalla CORSI, con ospiti di rilievo e legate a temi di pubblico interesse.

Siamo davvero disposti a rinunciare a un’offerta complessivamente qualitativa e variegata, per risparmiare, nei fatti, un franco al giorno, con il rischio di ritrovarci a spendere di più per seguire i programmi di emittenti private?

Oltre ai numerosi posti di lavoro persi nella Svizzera italiana a causa delle nuove politiche aziendali dei grandi istituti finanziari e di altre importanti aziende, infliggeremmo, approvando l’iniziativa No Billag, un’ulteriore “danno” a un’economia regionale che certo non ha bisogno di altri indebolimenti, ma semmai di stimoli, idee ed imprenditorialità.

Pensiamo ad esempio a tutti i giovani che ogni anno, attraverso i più disparati percorsi scolastici e accademici, approdano alla RSI per stage obbligatori e per volontariati.

Tra di loro, emergono spesso dei talenti che hanno poi intrapreso con successo la scalata per un'assunzione permanente in azienda. Pensiamo anche all’ampia gamma delle professioni svolte all’interno della nostra radiotelevisione (almeno 60), quindi a un possibile sbocco professionale per numerosi lavoratori della Svizzera italiana.

Forse tutte occasioni da non buttare a mare. Recenti emissioni televisive e radiofoniche hanno ben evidenziato come gli stessi fautori della No Billag siano sovente imbarazzati nel difendere un’iniziativa di tale estremismo. Gli stessi mascherano e spesso nascondono il vero significato degli articoli di legge che saranno modificati in caso di accettazione da parte del popolo.

Non portiamo la Svizzera italiana e il resto del nostro paese verso un futuro mediatico pieno di incertezze e insidie. Il 4 marzo 2018 andiamo quindi tutti a votare e mettiamo un NO deciso e consapevole sulla scheda.

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