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L'OSPITEPerché l’iniziativa sulla civica non è stata ritirata?

13.09.17 - 12:26
Giorgio Ghiringhelli, membro del comitato dell’iniziativa
TiPress
Perché l’iniziativa sulla civica non è stata ritirata?
Giorgio Ghiringhelli, membro del comitato dell’iniziativa

Da più parti ho letto delle critiche al Comitato dell’iniziativa sulla civica, ritenuto reo di non aver ritirato l’iniziativa dopo il compromesso raggiunto con il Gran Consiglio, il quale aveva accettato in parte (ma non
tutte) le richieste contenute nell’iniziativa. Queste critiche ci possono anche stare. In effetti c’erano ottime ragioni opportunistiche per ritirare l’iniziativa ed evitare il voto popolare. Se lo avessero fatto, i promotori - dopo quattro anni di laboriose e a tratti esasperanti trattative - avrebbero incassato una parziale e sudata vittoria, si sarebbero evitati un sacco di “rogne” e di spese supplementari e ora forse la modifica della legge sulla scuola sarebbe già in vigore (dico “forse” perché negli ambienti dei docenti v’era chi era pronto a lanciare un referendum contro la decisione del Gran Consiglio).

Però v’erano anche ottime ragioni per non ritirare l’iniziativa e andare al voto popolare, anche a rischio di rimanere con un pugno di mosche in mano in caso di bocciatura. Ad esempio senza questa coraggiosa decisione il Paese non avrebbe potuto dibattere in modo così approfondito, anche se spesso con toni sopra le righe e con squallidi attacchi personali (in particolare contro il primo firmatario dell’iniziativa, Alberto Siccardi), su una cosa importante e finora piuttosto trascurata come la civica.

Sono certo che dopo tutto quanto è stato detto e scritto in queste settimane, in futuro l’insegnamento della civica non potrà più essere trascurato nelle scuole, qualsiasi sarà l’esito delle urne (anche se ovviamente con una vittoria del Sì vi sarebbero migliori garanzie…). Un'altra ragione per andare al voto, oltre che sottoporre democraticamente a una verifica popolare un compromesso che non corrispondeva al 100% con il testo sottoscritto da oltre 10'000 cittadini, era che non si voleva fare la stessa fine dei Giovani liberali radicali ticinesi, i quali a suo tempo avevano ritirato l’iniziativa lanciata nel 2000 fidandosi delle promesse dei politici sulla volontà di insegnare la civica nelle scuole in modo trasversale (spalmandola cioè nelle varie materie). Promesse poi in parte disattese: come ammettono quei giovani liberali di allora che oggi sono al fianco degli iniziativisti. Con un voto popolare a favore della materia sulla civica, le autorità politiche e scolastiche non potrebbero più fare giravolte per aggirare l’obbligo di insegnamento, e questo è un altro buon motivo per non aver ritirato l’iniziativa.

Il compromesso raggiunto con il Gran Consiglio non prevedeva alcun accordo sul ritiro dell’iniziativa; o meglio: la Commissione scolastica incaricata di redigere un rapporto sull’iniziativa aveva sì invitato i promotori a ritirare la stessa, ma questi – contrariamente a quanto qualcuno ha detto negli scorsi giorni - non avevano accettato, e lo avevano pubblicamente dichiarato anche sui giornali un paio di settimane prima (!) che il Gran Consiglio approvasse il compromesso.

Il comitato promotore non ha preso tale decisione alla leggera e ha ben valutato i pro e i contro prima di decidere. E se ha potuto decidere di non ritirare l’iniziativa malgrado il raggiungimento di un compromesso solo in parte soddisfacente è per il semplice fatto che la legge sull’esercizio dei diritti politici glielo consentiva. L’articolo 140 di questa legge recita infatti che «non si procede a votazione quando i promotori ritirano la domanda di iniziativa (…) e quando il Gran Consiglio dichiara di accettare il progetto popolare». Il fatto che si andrà a votare dimostra che il progetto su cui si voterà non è interamente conforme a quello presentato dagli iniziativisti, altrimenti la votazione sarebbe stata esclusa per legge.

E comunque se la decisione di andare al voto appare a certi politici o a certi partiti come un delitto di lesa maestà nei confronti del Gran Consiglio, allora, invece di prendersela con gli iniziativisti che hanno esercitato questo diritto consentito da una legge approvata non da loro ma dal Gran Consiglio , questi politici e questi partiti farebbero meglio ad attivarsi per modificare la legge. Visto che stiamo discutendo di civica, ecco un compito che spetta al Legislatore, cioè al Parlamento!

Nella mia veste di membro del comitato respingo quindi con fermezza certe accuse e certe lezioni di civica che ho letto sui giornali come ad esempio la seguente: «Dando prova di scarso senso civico e rivelando il loro disprezzo per il Parlamento, gli iniziativisti, pur non contestando la decisione del Gran Consiglio, hanno preteso il voto popolare» (lettera del deputato del PS, Carlo Lepori, sul Corriere del Ticino del 13 settembre); o ancora la seguente: «Per chi è minimamente pratico sia di civica sia di storia politica del nostro Paese, sa esattamente che se un Parlamento adotta un testo condiviso pure dagli iniziativisti, l’iniziativa – per logica - viene ritirata» (comunicato del PPD dell’11 settembre).

Cittadini, votate Sì se volete avere in futuro una classe politica un po’ più preparata in fatto di civica ,di diritti e di leggi…

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