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L'OSPITELa coscienza del tempo

26.02.16 - 10:00
Benedetta Galetti e Roberto Pezzoli, candidato al Consiglio comunale di Minusio
Ti Press
La coscienza del tempo
Benedetta Galetti e Roberto Pezzoli, candidato al Consiglio comunale di Minusio

Ci sono rimaste ormai poche ore per votare l’ormai famigerata mezz’ora supplementare. Insieme alle quattro votazioni federali, come sappiamo bene, voteremo anche su un soggetto cantonale.

Vogliamo la nuova legge sull’apertura dei negozi?

Non ci proponiamo di farvi cambiare idea, di convincervi se indecisi, né di confermarvi nella vostra decisione. Ciò che però vorremmo fare è ordinare le idee, ammettendo i limiti del sì e quelli del no.

Gli argomenti degli oppositori

Secondo gli sfavorevoli alla legge, la nuova regolamentazione andrebbe a discapito dei lavoratori e dei piccoli commercianti che non riuscirebbero a sopportare la mezz’ora supplementare e l’ora e mezza supplementare del sabato.

Senza dubbio, il primo aspetto è pertinente. Mezz’ora in più significa uscire dal proprio luogo di lavoro tra le 19:00 e le 19:30 e non più intorno alle 18:30 – 19:00, come avviene oggi. D’altra parte, già oggi, il 42% dei lavoratori del settore è occupato in negozi che possono aprire fino alle 19, dal lunedì al sabato, e durante tutto l’anno; mentre l’81% lavora in negozi che beneficiano del medesimo orario, escluso il sabato, durante i mesi estivi.

È bene precisare che non aumenterebbero le ore lavorative, ma verrebbero probabilmente fatte scivolare di mezz’ora.

Per quanto riguarda invece, i piccoli commerci, ricordiamo che UNIA ha presentato 300 firme di altrettanti responsabili di questi piccoli commerci che chiedevano all’elettorato di votare no a una legge che li avrebbe svantaggiati. A questo proposito, come ha ricordato Christian Vitta in occasione del dibattito televisivo “Democrazia diretta”, UNIA ha peccato di trasparenza, non chiarendo a sufficienza la petizione della quale era chiesto il sostegno. A conferma di ciò, qualche giorno fa, il signor Renato Fullin si è fatto portavoce del fastidio suscitato (in qualcuno, in molti, in tutti questi 300 commerci?) dalla confusione fomentata da UNIA. Ciò detto, per i (299??) commercianti sfavorevoli, rimangono ancora 2’268 commerci (secondo le stime del 2008, i commerci al dettaglio in Ticino ammontavano appunto a 2'567) favorevoli all’entrata in vigore della nuova legge.

Un altro motivo addotto al rigetto della nuova legge, sarebbe il fatto che il potere d’acquisto non aumenta con il prolungarsi dell’orario d’apertura dei negozi. In parole povere, se abbiamo 100 fr. in tasca, questi non aumentano. La constatazione è ineccepibile. Però anche un’altra constatazione sembra ineccepibile: se abbiamo 100 fr. in tasca e siamo stati in ufficio fino alle 18:30, i 100 fr. ce li portiamo a casa.

I contrari alla legge rifiutano di vedere nell’art. 23 (quello che fa dipendere l’entrata in vigore dal CCL) un aspetto favorevole al miglioramento della situazione dei lavoratori. La perizia dell’avvocato e professore Gabriel Aubert dichiara che non è possibile sottomettere l’entrata in vigore della legge alla sottoscrizione di un contratto collettivo di lavoro. Il Tribunale federale, nel 2004, aveva dichiarato l’incostituzionalità di una tale condizione. La stessa Laura Sadis, ripresa poi da Christian Vitta, sottolineava il “pasticcio” di tale condizione. Ciò detto, nulla impedisce alle parti di sedersi intorno a un tavolo con la volontà di arrivare a un accordo. Su questo punto, crediamo che non ci si possa che rimettere alla buonafede e alla parola data dai commercianti. La legge non imporrà loro di giungere a un accordo con i sindacati. Il voto favorevole del popolo li costringerà esclusivamente, sulla base del buonsenso, non della legge, a sedersi e a discutere con i sindacati, con la consapevolezza di non essere costretti a un accordo, ma anche del fatto che alzarsi con troppa facilità farebbe perdere loro credibilità.

Gli argomenti dei sostenitori

Secondo i favorevoli alla legge, si tratta di rimpiazzare una legge diventata ormai obsoleta, complicata e di messa in opera onerosa. Sottolineano che la legge attualmente in vigore risale al 1968. Questo evidentemente non è un argomento sufficientemente pregnante. Se la legge è adeguata e giusta, la data in cui il legislativo l’ha redatta è poco significativo. E inoltre se la nuova legge è peggiore di una legge datata, sarà evidente a tutti il fatto che non sia il caso di votarla.

Per quanto riguarda gli oneri amministrativi, il Cantone fa notare come l’attuale sistema fondato sulle deroghe costringa gli uffici pubblici a esaminare caso per caso, fondando così costi molto elevati a carico del Cantone. Quest’ultimo è senza dubbio un buon argomento, ma, come per la data di redazione, non è significativo se la nuova legge non è materialmente giusta. In altre parole, non si può risparmiare a discapito della giustizia. Ciò che però questo stesso argomento mette in luce, è appunto il problema delle deroghe. La deroga è un’eccezione e lascia molto potere all’autorità decisionale. Un sistema fondato sulle deroghe è per definizione un sistema a rischio di inuguaglianze e di insicurezza giuridica. In questo senso, la nuova legge, semplice e chiara, ridimensionando notevolmente lo spazio lasciato alle deroghe, favorisce l’uguaglianza dei cittadini e la loro sicurezza davanti alle autorità.

Un’altra ragione sollevata dai favorevoli a sostegno della legge è l’attuale situazione dei commercianti ticinesi. L’Italia a portata di qualche chilometro che offre gli stessi prodotti a prezzi inferiori su un lasso di tempo (tra le 7:00 e le 22:00) molto superiore a quello ticinese. Ci pare, ma lasciamo a voi il giudizio, che in Italia si vada in primo luogo per i prezzi notevolmente (ma non sempre) più bassi. Mezz’ora in più cambia poco, se non nulla, all’esodo ticinese. L’apertura al sabato, che si estenderebbe fino alle 18:30, sarebbe invece, probabilmente, un’occasione per i commercianti ticinesi. Non abbiamo certezze, certo, ma le possibilità di un miglioramento paiono comunque credibili e oggettive. D’altra parte, basta dare un’occhiata ai negozi che negli ultimi mesi hanno cambiato insegna tanto velocemente quanto i magazzini cambiano gli allestimenti esterni, per capire che non è un momento florido (né petaloso). Insomma, se da una parte tentano di mantenere i contratti di lavoro invariati, senza diminuzioni del personale, forse un passo verso di loro, accogliendo quella che definiscono una necessità, appare ragionevole.

I sostenitori dichiarano che la nuova legge creerà nuovi posti di lavoro, salvo poi ammettere che non si farà che posticipare l’orario di apertura di mezz’ora per poter così coprire, senza ulteriori disagi, la mezz’ora supplementare. Insomma, se aumento sarà, non sarà tale da risolvere il problema della disoccupazione. Ciò detto, allo stato attuale delle cose, evitare licenziamenti appare già una grande vittoria.

Agli sfavorevoli alla legge, che mettono in evidenza le difficoltà di un tale regime per i piccoli commercianti, i sostenitori adducono che la libertà lasciata dalla legge è totale, come d’altra parte lo è già ora. La legge definisce il lasso di tempo durante il quale i commerci possono essere aperti (6:00-19:00), ma nessuno li costringe a coprire questo orario. In altre parole, il negoziante che oggi chiude alle 18:30, potrà continuare a farlo. Certo, questo è senza dubbio vero. Ma è anche vero che la concorrenza costringerà il negozio ad adeguarsi agli altri. È altrettanto vero che altri negozi, in particolare quelli che soffrono meno la concorrenza, possono permettersi più libertà e continuare a mantenere l’orario di apertura attuale.

Infine, secondo i sostenitori, la nuova legge è necessaria poiché si adegua all’attuale stile di vita dei ticinesi. Questo argomento, a prima lettura un po’ vago, è probabilmente il più forte a disposizione dei favorevoli. Che lo stile di vita dei ticinesi (e non solo) sia cambiato è evidente. Gli orari di lavoro si allungano, spesso si esce dall’ufficio con la coscienza di trovare il frigorifero vuoto, la mobilità è nettamente aumentata. Ma c’è qualcosa in più. Il Ticino è sulla strada giusta per diventare un cantone che non ha nulla da invidiare a quelli più attrattivi della Svizzera. Un cantone attrattivo, dinamico, vivo, ma non a discapito della qualità della vita, tutt’altro. Ma ci sono dei passi necessari da compiere e da compiere senza ritardi. Necessitiamo di trasporti pubblici di maggior efficienza, di car-sharing, di sostegni alle famiglie, di sostegni alle idee giovani, di cultura nazionale e internazionale. E, forse, necessitiamo anche di non costringere i lavoratori (tutti quelli che non lavorano nei negozi, perché ci sono anche quelli!) a uscire dal posto di lavoro alle 18:00 per comprarsi la cena o il regalo alla fidanzata prima che chiudano tutti e che la città spenga le luci. E nemmeno i turisti estivi a percorrere il lungolago in sù e in giù perché tutti i negozi sono chiusi, con in testa le immagini delle città costiere.

Che sia un passo verso l’adeguamento è dimostrato dal semplice fatto che l’attuale legge pone il Ticino tra i cantoni tra i più restrittivi in materia, al pari di Soletta, Giura, Uri, Neuchâtel, Lucerna e Vallese. Giochiamo a fare i cantoni cosmopoliti, alla stregua di Zurigo (in cui i negozi sono potenzialmente aperti fino alle 23:00) e Ginevra (fino alle 19:00) con progetti di ampio respiro, quali il LAC o la costruzione della nuova sede universitaria, ma poi chiudiamo i negozi allo stesso orario dei solettesi (non ce ne vogliano!).

Concludiamo con una domanda: la nuova legge, qualora entrasse in vigore, non soddisferebbe appieno né commercianti (che prolungherebbero volentieri oltre le 19:00), né gli impiegati (che ridurrebbero volentieri l’attuale orario di chiusura). Questo non si chiama compromesso?

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