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L'OSPITEL’Italia, i 300 milioni e i petardi

27.09.15 - 08:59
Giovanni Merlini, Consigliere nazionale
L’Italia, i 300 milioni e i petardi
Giovanni Merlini, Consigliere nazionale

Mentre sotto il Cupolone di Berna si dibatte di Strategia energetica 2050, di Riforma 2020 della previdenza sociale e professionale nonché di scambio automatico di informazioni fiscali, il Ticino si diletta d’altro. Il negoziato sulla fiscalità dei frontalieri è ormai diventato il boccone preferito dai media che amano i petardi. E non mancano i candidati pronti a cavalcare il tema senza ritegno. Quando ci sono di mezzo i rapporti con l’Italia (il secondo partner commerciale della Svizzera, non dimentichiamolo) è un gioco da ragazzi accendere la miccia della protesta. Attenzione però al fumo che provoca oscurando l’obbiettivo principale del nuovo accordo. Sono davvero uno scandalo, gli ormai famigerati 300 milioni ca. all’anno che l’Italia potrebbe incassare in più se, tra qualche anno, applicasse le sue aliquote ordinarie per tassare il reddito dei suoi frontalieri alla stessa stregua di tutti gli altri suoi contribuenti? Niente affatto. L’abbiamo voluto noi per un valido motivo.

L’economia ticinese ha bisogno di manodopera estera. Il fatto è che la libera circolazione, combinata con la paurosa crisi occupazionale della Lombardia, ha favorito l’afflusso di oltre 62'500 frontalieri in pochi anni, con ripercussioni di diverso tipo. Non solo sul traffico (visto che il car-pooling sembra ancora sconosciuto e la mobilità aziendale stenta), ma soprattutto sul mercato del lavoro ticinese, che sta subendo una forte pressione in quei settori non coperti da contratti collettivi di lavoro e una sostituzione di lavoratori indigeni con italiani nel terziario. Il dumping salariale è sempre dietro l’angolo quando si è disposti ad accettare uno stipendio insostenibile per un residente che deve vivere con il costo della vita nostrano. Questa corsa al ribasso è possibile solo poiché lavorare in Svizzera per un frontaliere presenta notevoli vantaggi fiscali che si sommano ad un costo della vita più basso in Italia. Il negoziato sui frontalieri ci ha quindi offerto l’occasione per mitigare in modo significativo l’attrattività fiscale del Ticino. L’Italia si è infatti impegnata ad eliminare, a medio termine, la disparità di trattamento fiscale che favorisce i suoi frontalieri e ad imporre il loro reddito con le stesse aliquote ordinarie - molto progressive – applicate agli altri contribuenti italiani. Ergo, Roma potrebbe conseguire un gettito fiscale supplementare di oltre 300 mio. all’anno, se l’opposizione leghista in Lombardia glielo permetterà (ma non dipende da noi). Strapparsi le vesti difronte a questo futuro maggiore incasso da parte italiana significa misconoscere la vera posta in gioco e non giova alla tutela dei lavoratori residenti in Ticino.

Lo scopo finale dell’esercizio non è quello di elemosinare una dozzina di mio. all’anno in più per il nostro Cantone – che ha urgente necessità di ben altri interventi per risanare il suo squilibrio finanziario strutturale – bensì di correggere le attuali distorsioni del mercato del lavoro.

 

 


 

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