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L'OSPITEIl Ticino è una Repubblica fondata sul lavoro

03.06.15 - 12:05
Natalia Ferrara Micocci, avvocato, deputata PLRT al Gran Consiglio
tipress
Il Ticino è una Repubblica fondata sul lavoro
Natalia Ferrara Micocci, avvocato, deputata PLRT al Gran Consiglio

Titolo accattivante “Salviamo il lavoro in Ticino!”, ripetuto uso di espressioni calamita: “meno frontalieri”, “salario dignitoso per i residenti” e “più lavoro per i giovani”. Al primo colpo d’occhio molti sarebbero portati a votare a favore di questa iniziativa. Sono fiduciosa, invece, che la maggior parte delle persone, dopo essersi informate, voteranno no il prossimo 14 giugno.

Nessuno nasconde che in Ticino esiste un problema di salari troppo bassi per rapporto al costo della vita. Ma l’iniziativa in votazione è paradossale: per salvare l’occupazione ticinese dal dumping e dall’effetto sostituzione, punta su una soluzione “all’italiana”. Il sistema italiano è appunto pieno di regole, paletti e misure protezionistiche che però non danno affatto i risultati sperati. Tanto che quel mercato del lavoro è decisamente più in difficoltà del nostro: basti pensare che nella vicina Penisola si sta considerando si introdurre un “salario minimo” di 7 euro all’ora… neanche l’equivalente di un pacchetto di sigarette. Il nostro sistema non è perfetto, certo, ma funziona e può essere migliorato, continuando ad investire su formazione, innovazione, partenariato sociale, fiscalità e su tutte quelle misure concrete (davvero applicabili) che rafforzano il tessuto economico invece di distruggerlo.

Stesso discorso varrebbe per il salario mensile che, se accolta l’iniziativa, verrebbe fissato in Ticino tra CHF 2'400 e CHF 3’500 al massimo, a seconda del settore economico e della mansione. Non è questa la strada che porta alla dignità e ad una migliore qualità di vita di chi lavora. Questo è un vicolo cieco di ipocrisia ed inconcludenza. In Svizzera solo altri due Cantoni hanno adottato una simile norma, peccato che nessuno dei due abbia ancora potuto applicarla, perché, nel rispetto della libertà economica garantita dalla Costituzione federale, a livello cantonale possono essere stabiliti solo salari minimi inferiori al minimo esistenziale. Dunque, invece che più lavoro per i residenti, maggiore dignità e meno distorsioni del mercato, avremmo presto persone che lavorano per un salario – legale – al di sotto dei CHF 3'000 mensili. Ecco alcuni esempi: servizi di alloggio e ristorazione tra CHF 2'388 e 2'452 al mese; agenzie di viaggio CHF 2'971 al mese; servizi postali e attività di corriere CHF 2'642 al mese.

L’obiettivo dell’iniziativa è nobile, il risultato tutt’altro che dignitoso. Non basta adottare nuove norme di legge per stare meglio, l’Italia è l’esempio più emblematico. L’articolo 1 della Costituzione italiana recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Bene. Peccato che di lavoro in Italia ce ne sia troppo poco, mentre il Ticino rimane un ottimo datore di lavoro. Con i salari minimi che si vogliono introdurre, avremmo concretamente ancora più spazio per frontalierato, perché si potranno offrire salari ancora più bassi degli attuali, inaccettabili per i residenti.

Ci vogliono salari liberi ma giusti, e non salari fissi, che, in realtà, non sono minimi ma miseri.

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