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L'OSPITESei una mamma di serie B?

22.03.15 - 11:15
Laura Arrigoni Pereira Mestre, infermiera spec. in Salute Mentale e Psichiatria - Ricardo Pereira Mestre, Medico e Candidato PLR al Gran Consiglio
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Sei una mamma di serie B?
Laura Arrigoni Pereira Mestre, infermiera spec. in Salute Mentale e Psichiatria - Ricardo Pereira Mestre, Medico e Candidato PLR al Gran Consiglio

Inizialmente, quando una donna scopre di essere in dolce attesa, viene invasa da una gioia indescrivibile, incontrollata. Contatta le persone a lei più care per condividere questa stupenda notizia, e comincia a fantasticare su quel piccolo “fagiolino” che occupa il suo ventre. Entra in una sorta di mondo parallelo, dove lei è invincibile. Si sente un’eroina, con il potere più grande e meraviglioso di tutti: quello di poter dare la vita!

Quando però, a mente lucida, realizza che la sua vita cambierà, solitamente il primo pensiero viene diretto alla propria professione.

“Cosa succederà? Come farò a prendermi cura del piccolo continuando a lavorare? Potrò diminuire la percentuale lavorativa? E se si, come farò ad arrivare a fine mese?”

Tutte queste domande frullano nella testa di una donna durante la gravidanza.

Poi i nove mesi passano, il pargolo nasce e per i quattro mesi di maternità, la neo-mamma pensa solo al suo bambino.

Lo sfama, si occupa di lui amorevolmente e lo segue durante i suoi progressi di crescita.

Ma prima o poi il giorno del rientro al lavoro arriva.

A questo punto si rendono evidenti le differenze tra le scelte di una mamma. Se  dal momento della gravidanza fino alla 16a settimana dopo il parto la donna ha molti diritti che tutelano la sua salute e quella del suo piccolo figlio, scaduto questo tempo il suo diritto di essere mamma e di accudire come meglio vuole il suo bambino viene a cadere. A dipendenza del posto di lavoro e delle scelte individuali, si distinguono mamme di serie A e di serie B.

Quelle di serie A possono chiedere un congedo non pagato, in alcuni casi sino a 3 anni, se il marito ha un buon lavoro lei potrà restare a casa e allevare il suo bambino sino a quando andrà all’asilo e lei tranquillamente rientrerà poi nel suo posto di lavoro. Quelle di serie B non hanno nessun diritto al congedo non pagato e possono solo licenziarsi, correndo il rischio di non riuscire più a rientrare nel mondo del lavoro.

Alla fine molte donne sono “costrette” a rientrare al lavoro per non perdere un’entrata economica importante, un posto di lavoro sempre meno garantito.

Oggi sia a livello federale che cantonale si incentivano le famiglie ad avere due redditi con possibilità di sgravio per ricorrere agli asili nido. Forse in nome del diritto della donna a lavorare ma ignorando il suo diritto ad essere madre a tempo pieno, un lavoro complesso e duro che dovrebbe essere maggiormente riconosciuto. La famiglia è cambiata e lo Stato, l’economia non dovrebbero eccessivamente influenzare le scelte dei propri cittadini e dipendenti. Sostenere non solo chi decide di lavorare ma anche chi vorrebbe stare a casa per curare il proprio figlio potendo poi rientrare nel suo posto di lavoro. Oggi non dovrebbero più esistere mamme di serie A e di serie B, perché tutte sono accomunate dall’amore per i propri figli e devono avere il diritto di essere mamme a 360°. Se ci sono più giovani problematici forse è anche perché il valore dell’educazione genitoriale è venuto a mancare. Includere nei contratti di lavoro il diritto al congedo non pagato flessibile in caso di maternità è un dovere per una politica ed economia con più cuore.

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