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LUGANOMuovi il corpo, danza: e Lugano è una festa

02.05.14 - 09:19
Per le strade, in piazza, sugli autobus: da venerdì a domenica una tre giorni di "festa danzante" in contemporanea in 21 città della Svizzera con esibizioni, spettacoli improvvisati, installazioni dedicate
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Muovi il corpo, danza: e Lugano è una festa
Per le strade, in piazza, sugli autobus: da venerdì a domenica una tre giorni di "festa danzante" in contemporanea in 21 città della Svizzera con esibizioni, spettacoli improvvisati, installazioni dedicate

LUGANO - Un virus si aggira per Lugano. È il virus della danza, che sale sugli autobus, entra nelle piazze, si mostra per le strade e prova a contagiare chi passa e alza lo sguardo. Da oggi e per l’intero fine settimana, la Svizzera si ferma per ballare, in una «festa danzante» che coinvolge 21 città e che, per la sua nona edizione, prova a raggiungere luoghi fuori del comune.  Passi di tango fra le panchine del lungolago, flash mob al parco Ciani o “Back to the fabulous years” in location a sorpresa, contest all style allo Studio Foce, lezioni in piazza Manzoni, installazioni cinetiche ogni sera, con proiezioni di cinque minuti a intervalli di un quarto d’ora l’una dall’altra. E una coinvolgente performance itinerante, che prende il via dai capolinea della periferia, passa da piazza Dante e si chiude con un happening in piazza Riforma, sabato dalle 14.30 con le compagnie Aiep-Ariella Vidach e Progetto Brockenhaus. Sei danzatori, nove percussionisti: più chiunque voglia aggregarsi. «Arriveremo alla pensilina centrale in autobus, già abbigliati di costumi realizzati con materiali urbani: fili di ferro, veli di plastica bianca, tanto colore», spiega Emanuel Rosenberg di Progetto Brockenhaus. Un espediente per incuriosire e coinvolgere la gente a bordo, assieme a volantini e danze non invadenti.

Emanuel, prima volta che scendete dal palco?
"Abbiamo già realizzato diverse performance create o adattate ai luoghi".

Di scendere c’è bisogno?
"Assolutamente sì. Lo spazio del teatro è molto limitato. Il nostro compito è uscire: andare verso la società, senza aspettare che sia la società a venire da noi. Cosi si crea uno scambio".

Improvvisazione o calcolo?
"La nostra performance sarà strutturata. Noi lavoriamo molto sull’ascolto, sull’osservazione, ma alla base c’è una precisa scelta dei movimenti che possano dare valore al costume. Chi vorrà unirsi a noi, invece, non avrà ovviamente una coreografia fissa".

Ti senti ballerino o attore?
"Danz-attore? Ballerino no, piuttosto danzatore. La danza attraversa tutto".

I termini non sono sinonimi?
"Il ballerino è colui che impara uno stile: che va verso le forme ristrette di uno stile. Il danzatore è aperto a varie forme: si dedica al movimento".

Dunque: danzatore o attore?
"Preferisco definirmi performer. Il nostro è un teatro fisico, basato sul corpo. Usiamo i linguaggi che abbiamo a disposizione per esprimere ciò che vogliamo insegnare".

Difficile farlo per strada?
"La difficoltà vera è riuscire a sopravvivere e guadagnare con ciò che si fa. Ma questo vale per tutti, su e giù dal palco. Giù dal palco c’è più possibilità, più flessibilità. Certo è più complicato: bisogna organizzare cose che a teatro sono già pronte. Ma lo scambio con la gente è più diretto".

Di danza e teatro si vive?
"Si riesce. Servono grandi sacrifici. Ma è un privilegio poter vivere delle proprie passioni".

Qual è il rapporto della gente con la danza?
"La gente disimpara a essere naturale. Il bambino, appena sente il ritmo, danza; crescendo, però, instaura una sorta di pudore. In età adulta, esporsi diventa quasi un tabù. Si va in discoteca, ma fuori di lì il corpo non riesce più a muoversi. Si diventa bidimensionali. Il movimento di chi va in palestra o corre è ginnastica: va bene, ma non basta. Ballare vuol dire muoversi e divertirsi con la musica. Abbiamo un corpo e dobbiamo usarlo in tutti i modi, non solo davanti al pc. Ballare fa bene all’anima".

E il tuo? Cos’è la danza, per te?
"È un modo per esprimersi senza usare le parole. Dà piacere. Per questo abbiamo pensato alla parata come a un virus: che possa contagiare tutti".

Attore, danzatore, protagonista di videoclip con Jovanotti, maestro nei laboratori per bambini: Emanuel, chi sei davvero?
"Quello che voglio è fare l’artista. La mia arte è scambio, comunicazione".

Il videoclip, a questo proposito, non è stato limitante?
"È diverso. Per realizzarlo ho passato quattro giorni intensi a contatto diretto con Jovanotti. È lì che ho vissuto lo scambio. Ho visto cosa vuol dire essere una star. Ad Arezzo, in un attimo, si sono raccolte attorno a lui centinaia di persone. È il lato positivo delle pop star, capaci di muovere la gente. Quando sono tornato a casa, tutti mi domandavano di lui, mi chiedevano com’è".

Com’è?
"È un piccolo sole. Raramente ho incontrato persone tanto radiose".

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