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PeopleSla: studio italiano, litio rallenta malattia

07.02.08 - 19:10
Sla: studio italiano, litio rallenta malattia

Roma, 7 feb. (Adnkronos Salute) - Un importantissimo risultato scientifico è stato raggiunto da uno studio italiano sulla sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che ha guadagnato le pagine della rivista scientifica Proceedings of the national Academy of Sciences (Pnas). "Il litio rallenta la progressione della malattia", affermano gli scienziati guidati da Francesco Fornai, professore di morfologia umana e biologia applicata all'università di Pisa. Lo studio "è promettente, ma non rappresenta la scoperta di una cura per questa malattia neurodegenerativa - rivela all'ADNKRONOS SALUTE Patrizia Longone, dell'Unità di neurobiologia molecolare dell'Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma - ma apre nuove strade. E rappresenta un nuovo punto di inizio, un nuovo filone di ricerca".

Longone ha presentato i risultati della sperimentazione, condotta su topi di laboratorio e su 44 pazienti, questa mattina proprio alla Fondazione Santa Lucia dove è stato presentato il libro 'Un medico, un malato, un uomo - come la malattia che mi uccide mi ha insegnato a vivere', scritto a quattro mani dal presidente dell'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), Mario Melazzini, e dal giornalista Marco Piazza, responsabile della comunicazione di Telethon. Il litio è una sostanza già nota in medicina, usata da decenni contro alcuni disturbi psichiatrici come il disordine bipolare. La novità dello studio italiano consiste nell'aver capito che il litio interviene proprio "nel meccanismo all'origine della Sla, cioè il meccanismo dell'autofagia. Una sorta di sistema di smaltimento dei rifiuti - prosegue Longone - comune ai microrganismi come all'uomo, che permette di eliminare dalle cellule i mitocondri o le proteine alterate. Un sistema che in tutto il mondo gli scienziati hanno scoperto rivestire un ruolo determinante nelle malattie neurodegenerative".

I mitocondri sono le 'centrali elettriche' delle cellule, ma quando sono alterati o danneggiati determinano la morte dei neuroni, o l'accumulo di sostanze tossiche. Il litio invece, continua la ricercatrice, "stimola l'autofagia, dunque aiuta a ripulire le cellule dai mitocondri alterati che potrebbero dare origine ai composti tossici". In altre parole, afferma Fornai, "abbiamo toccato il tasto giusto. Anche perché altri lavori di diversi gruppi di ricerca stanno dimostrando proprio questo, cioè che il difetto dell'autofagia è la strada finale per spiegare il mosaico delle varie forme alterate di Sla. E dunque - incalza il ricercatore - i nostri risultati sono molto incoraggianti".

Non solo sui topi, ma anche sui malati di Sla osservati, divisi nella sperimentazione in due gruppi. A uno, composto da 28 pazienti, è stato somministrato il solo farmaco standard, il riluzolo. All'altro, di 16 persone, il riluzolo in associazione con il litio. E "dopo 15 mesi di follow-up non abbiamo assistito a progressione della malattia, ma a un sensibile rallentamento", aggiunge Fornai. Lo scienziato spiega che ora, dopo la pubblicazione della ricerca su Pnas, 'fioccano' le telefonate di colleghi italiani e stranieri intenzionati a partecipare alle sperimentazioni successive, che per forza di cose dovranno arruolare un numero maggiore di persone, almeno un centinaio. E già si pensa a un "network di centri neurologici, italiani e statunitensi".

Allo stesso tempo, aggiunge Longone, "la ricerca di base si occuperà di cercare di capire quali sono i meccanismi che spiegano i risultati raggiunti". Il litio infatti si è dimostrato efficace, "ma - rivela Fornai - alla fine potrebbe non essere la sostanza che garantisce i migliori effetti. Quello che però ci conforta - prosegue - è che si tratta di un farmaco largamente usato, di cui si conoscono pregi e difetti. Oltre al fatto che costa pochissimo. E come se non bastasse - conclude - i dosaggi sperimentati sui pazienti di Sla sono la metà di quelli usati per chi ha il disordine bipolare. Dunque si hanno maggiori margini per gestire il farmaco". La sperimentazione finora tutta 'Made in Italy', oltre all'università di Pisa e la Fondazione Santa Lucia, ha coinvolto anche l'Irccs Neuromed di Pozzilli (Is) e il dipartimento di scienze mediche dell'università di Novara.

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