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Rinchiuso in un monolocale, i segreti di un artista

LUGANORinchiuso in un monolocale, i segreti di un artista

12.08.20 - 00:01
Stefano Frassetto, papà di 35 M2, la folle (e amatissima) striscia di 20 Minuti, si racconta. Ecco il video.
Stefano Frassetto
Rinchiuso in un monolocale, i segreti di un artista
Stefano Frassetto, papà di 35 M2, la folle (e amatissima) striscia di 20 Minuti, si racconta. Ecco il video.
Ospite di PiazzaTicino.ch, il vignettista piemontese ha raccontato come nascono le sue pazze idee. E non solo.

LUGANO - Lui è il papà di 35 M2 (nome ispirato a un monolocale di una città metropolitana). Ed è naturalmente anche il papà del folle Pedro e dei suoi altrettanto folli amici. Stefano Frassetto, vignettista di livello, classe 1968, è l'autore delle strisce che rallegrano, ogni giorno lavorativo, i lettori di 20 Minuti. Dalla "sua" Torino è stato ospite di PiazzaTicino.ch.

Allora Stefano, da dove nascono i tuoi personaggi, tanto assurdi?
«Pedro è ispirato a un mio amico storico, con cui ho condiviso la gioventù. Andavamo in vacanza insieme e ci divertivamo un sacco. Era un pazzo. Adesso ha messo su famiglia, si è un po' normalizzato. Anche gli altri sono particolari, e sono forse legati in qualche modo alla mia infanzia, al luogo in cui sono cresciuto, che non era proprio Beverly Hills...»

Quanto tempo serve per realizzare una striscia per 20 Minuti?
«Il problema è trovare le idee, e lì il tempo è variabile. Non misurabile. Ho avuto una gioventù molto folkloristica da cui traggo spunto. Altre idee arrivano dall'attualità. Dal momento in cui ho lo spunto, in quattro ore realizzo testi e disegni. A farmi da assistente, c'è il mio coniglio. Si chiama Barcellona ed è molto silenzioso. Un buon collega».

Hai un curriculum di tutto rispetto (indimenticabili le vignette sul mitico Giornalino, ndr). E oggi collabori con varie testate, tra cui il prestigioso Le Temps. Come vivi le tue giornate di lavoro?
«Alla mattina mi dedico alle strisce per 20 Minuti. Al pomeriggio invece ai ritratti per vari altri giornali».

Mai avuto vuoti creativi?
«Certo. Ci sta che la creatività sia altalenante. E a quel punto mi affido al pensiero del regista Billy Wilder. Lui quando non aveva idee, pensava a come se la sarebbe sbrigata il suo idolo, Ernst Lubitsch. Allo stesso modo, quando io non so come districarmi da una situazione di stallo, cerco di pensare a come avrebbero reagito maestri del fumetto come Charles Schulz. E ne esco sempre bene». 

Hai rapporti lavorativi col Ticino e con la Romandia. Come è la Svizzera vista da Stefano Frassetto?
«Io adoro la Svizzera. E non lo dico per piaggeria. Quando ero ragazzino venivo spesso in Svizzera con mio padre. Lui aveva vissuto e lavorato per vari anni a Solothurn. Sì Solothurn, non chiamatemela Soletta, che suona male». 

Dunque?
«Mio padre rimase molto legato a Solothurn. Anche dopo essere tornato in Italia, una volta all'anno ci portava per qualche giorno a fare vacanza su suolo elvetico. E lo stesso poi ho fatto io, a mia volta, con i miei figli. Non ci posso fare nulla, la Svizzera mi piace sul serio».

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