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ITALIAChiambretti, il coronavirus e il ringraziamento al personale sanitario

15.05.20 - 19:00
Il presentatore ha raccontato il suo ricovero in ospedale in una lettera a Repubblica
ARCHIVIO KEYSTONE
Piero Chiambretti ha raccontato i giorni del ricovero in ospedale a causa del coronavirus.
Piero Chiambretti ha raccontato i giorni del ricovero in ospedale a causa del coronavirus.
Chiambretti, il coronavirus e il ringraziamento al personale sanitario
Il presentatore ha raccontato il suo ricovero in ospedale in una lettera a Repubblica

TORINO - Piero Chiambretti ha raccontato a Repubblica i drammatici momenti che ha vissuto dopo essere stato colpito dal coronavirus, che ha contagiato (e portato via) sua madre.

In una lettera inviata al quotidiano italiano, il conduttore televisivo ha spiegato che il 16 marzo è stato ricoverato in ospedale a Torino. «Un giorno che non potrò mai dimenticare. Il pronto soccorso, i suoi rumori, la confusione di medici e malati, le barelle, le mascherine, sensazioni di qualcosa che avevo visto alla televisione, ma che dal vivo erano un'altra cosa: più definite, più realistiche e tangibili, che allontanavano il rumore fastidioso delle parole della tv, così vuote e lontane. Passare dall'interessarsi degli sviluppi del virus, a esserne colpito, cambia la prospettiva in modo netto».

«Gli occhi di quelli che arrivavano a ogni ora, come in un ospedale militare da campo, erano spalancati, terrorizzati, in cerca di qualche segnale di conforto. E da subito quel segnale arrivò da un gruppo di infermieri e medici che, bardati al punto di non riconoscerli e scambiarli, si fecero partecipi del nostro dramma» aggiunge Chiambretti. «La cosa che subito mi colpì di questi angeli fu l'età: tutti giovanissimi con una energia che trasmettevano ogni volta che li chiamavi, sempre sorridenti e rassicuranti, anche laddove le condizioni di salute non erano buone. Non avevano ricette per una pronta guarigione, non avevano la pillola magica che fa tornare tutti a casa, ma la loro efficienza mischiata alla grande umanità erano una medicina molto più forte delle medicine sperimentali che somministravano. Sempre presenti, il giorno come la notte, sempre vestiti dalla testa ai piedi con le maschere protettive che lasciavano evidenti segni in faccia».

Chiambretti non perde occasione per ringraziare il personale sanitario dell'Ospedale Mauriziano e nega di aver ricevuto un trattamento di favore. Infine il miglioramento, il giorno successivo alla morte della madre. «Era un lunedì pomeriggio, quando impreparato a lasciare l'ospedale sono tornato a casa in taxi in pigiama, considerato che portato via d'urgenza quindici giorni prima a sirene spiegate, non avevo neppure una borsa».

 
 
 
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