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SVIZZERAIl mondo culturale dopo il virus? «Dovrà reinventarsi»

28.03.20 - 12:02
Lo dice Philippe Bischof di Pro Helvetia: «Stiamo vivendo un vero terremoto».
Archivio Depositphotos/Keystone
Fonte ATS
Il mondo culturale dopo il virus? «Dovrà reinventarsi»
Lo dice Philippe Bischof di Pro Helvetia: «Stiamo vivendo un vero terremoto».
Il settore si sta digitalizzando. Ma il problema resta la gratuità della nuova offerta.

BERNA - La crisi legata al coronavirus porterà il mondo culturale svizzero a reinventarsi. Per affrontare la sfida rappresentata dal “tutti a casa”, si stanno moltiplicando le proposte online e digitali, mentre gli artisti stanno già pensando al dopo pandemia.

«Non possiamo immaginare che tutto torni come prima, solo in ritardo, sarebbe ingenuo» secondo Philippe Bischof, direttore di Pro Helvetia, la fondazione che promuove la cultura svizzera. In un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano 24Heures, Bischof si chiede, per esempio, se il concetto di settore culturale globalizzato abbia ancora un futuro.

Chi può prevedere se il pubblico risponderà come oggi a un evento che propone culture e provenienze diverse, si domanda. Quello che stiamo vivendo è un «vero terremoto» sostiene Bischof, che malgrado tutto resta ottimista.

Quando vedo tutti i supporti e i formati che si stanno creando in questo momento per diffondere la cultura, penso piuttosto a cambiamenti graduali, a una trasformazione del settore, rileva ancora Bischof.

Ciò che a suo avviso resta problematico è la disponibilità gratuita di questa nuova offerta digitale. «Dobbiamo trovare altri mezzi» dice, spiegando che Pro Helvetia ha contattato un sito di finanziamento partecipativo per poter pagare questi servizi. Gli artisti non devono operare gratuitamente, aggiunge.

Bischof definisce i 280 milioni di franchi messi a disposizione dal Consiglio federale un «segnale politico molto forte». Questa «grossa somma» permetterà di salvare coloro che sono più a rischio. Egli si dice «sollevato da questa soluzione, anche se ci sono ancora questioni da risolvere». Anche i comuni, i cantoni e le fondazioni si stanno mobilitando, conclude.

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