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La vita, Lucio Dalla e il nuovo disco: Philipp Fankhauser si racconta

CANTONELa vita, Lucio Dalla e il nuovo disco: Philipp Fankhauser si racconta

13.12.19 - 06:01
Oggi esce "Let Life Flow" e il più importante bluesman svizzero è venuto a raccontarcelo
TIO/20MIN/GIORDANO
Philipp Fankhauser è passato a trovarci, e non era solo...
Philipp Fankhauser è passato a trovarci, e non era solo...
La vita, Lucio Dalla e il nuovo disco: Philipp Fankhauser si racconta
Oggi esce "Let Life Flow" e il più importante bluesman svizzero è venuto a raccontarcelo

LUGANO - Quando arriva in redazione è accompagnato dalla manager, dalla sua chitarra ma soprattutto da un simpaticissimo cagnolino. Philipp Fankhauser, indubbiamente uno dei più importanti musicisti svizzeri, è giunto in Ticino per la promozione del suo ultimo album "Let Life Flow", in uscita oggi.

«Sono sempre felicissimo di ritornarci» dopo aver trascorso qui «dieci anni della mia gioventù formativa», ci spiega Philipp. «Sono passato dal tunnel del Gottardo ma quando ho più tempo passo per Berna, il Sempione ed entro in Ticino da Camedo. Ogni volta è un po' come venire a casa». E grande è l'affetto che gli tributa il pubblico ticinese in occasione dei suoi show: l'ultimo di tempo è stato un concerto con affluenza record durante Vallemaggia Magic Blues qualche mese fa. 

È il giorno di "Let Life Flow": cosa troviamo in questo album?
«È stato un po' difficile dare seguito all'album passato, "I'll Be Around". Ero sicuro che quella sarebbe stata la vetta della mia carriera. Abbiamo deciso apposta di fare "Let Life Flow" un po' più in piccolo: non si può sempre crescere, ma sono fiero di questo disco».

Canti nella title track che “bisogna lasciar scorrere la vita”? Parli solo di te o è un invito che senti di rivolgere a tutti?
«Avevo qualche problema di salute quando ho registrato questa canzone e ho fatto una considerazione: non sai cosa ti aspetta nella vita. Ho deciso che sarebbe stata la base del mio prossimo album quando ho sentito cantare Kenny Neal cantare sul palco del Montreux Jazz Festival. Il messaggio è: lascia scorrere, perché non sai cosa ti capiterà domani. In Svizzera dovremmo essere meno severi con noi stessi».

Hai registrato sia in Mississippi che in Alabama: solo nel Sud degli Stati Uniti si può trovare un sound così definito, direi quasi scintillante? 
«Scintillante? Grazie, bello! La registrazione di base è stata fatta a Lucerna con il mio gruppo abituale. Per me è importante avere questa identità, senza dover ricorrere a dei professionisti ingaggiati negli Stati Uniti. Però, allo stesso tempo, ho bisogno del Mississippi per i fiati, le backing vocals e il mixaggio. Ne ho bisogno perché loro sanno come si fa un sound così, hanno il know-how che serve per creare questi suoni mitici. In Svizzera riusciamo a fare bellissime cose, ma il Southern Soul / Blues non è la specialità locale».

Nei tuoi anni ticinesi hai sentito moltissima musica italiana, negli anni mitici del cantautorato: cosa ti hanno lasciato quei grandi artisti?
«Hanno influenzato il mio approccio con la musica, che è sempre stato molto serio. La cosa più importante è la storia che si racconta, e ci sono parecchie analogie tra i blues e i brani dei cantautori. Anche se gli accordi non sono gli stessi la musica è identica. Sono cresciuto ascoltando De Gregori, Battisti, Battiato, e naturalmente Dalla, con quella canzone che mi segue da tutta la vita, "Milano", che ho messo nel mio album». 

Il tuo vecchio maestro ti ha promosso dopo averla sentita?
«Beh, non ha detto "eccellente", ha detto "abbastanza bene". Quindi rimaniamo calmi (ride, ndr)».

C'è qualcosa che ti colpisce della musica che si sente in radio oggi?
«Ultimamente non trovo tanto che m'interessa. Il 90% di ciò che sento alla radio non ha molta sostanza, ma ogni tanto c'è qualcosa che mi sorprende. Ricordo però che quando sono cresciuto la radio aveva anche una finalità formativa, mentre oggi mi sembra che ci sia una mera finalità commerciale e d'intrattenimento».

Con chi ti piacerebbe collaborare?
«Con Buddy Guy. Il sogno sarebbe stato di fare qualcosa con Prince: era un bluesman fantastico».

Sono passati 30 anni dal tuo disco d'esordio: "Blues For The Lady" è del 1989. Ti senti di fare un bilancio artistico?
«Quando avevo una ventina d'anni (oggi ne ha 55, ndr) ho fatto un'intervista a Berna e dissi che avrei voluto suonare fino a 80 anni. Al momento non ho necessità di fare un bilancio: andrò avanti, sperando che le persone continuino a voler sentire quello che facciamo. Sono contento di essere arrivato fin qui senza essere sceso a compromessi».

Invece il bilancio del Philipp Fankhauser uomo?
«Quello lo faccio tutti i giorni. Ci sono parti felici, altre meno in questi 40 anni in cui mi sono occupato quasi solo di musica. Certe volte mi piacerebbe avere interessi più estesi. Però penso che sono arrivato qui dove sono grazie alla scelta che ho fatto. Devo viverci con questo mix di felicità e tristezza. Se poi smetto, qualcosa dovrò fare: sto bene ma non sono diventato ricco. Potrei chiede alla Migros, ma penso che per il momento resto un cantante blues».

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