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Ethan Hawke, un cowboy a Locarno: «Ecco il mio “Blaze”»

CANTONEEthan Hawke, un cowboy a Locarno: «Ecco il mio “Blaze”»

08.08.18 - 22:18
In proiezione stasera in Piazza Grande nell’ambito di Locarno Festival “Blaze” (fuori concorso), terzo lungometraggio diretto da Ethan Hawke. L'attore e regista ha ritirato l’Excellence Award
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Ethan Hawke, un cowboy a Locarno: «Ecco il mio “Blaze”»
In proiezione stasera in Piazza Grande nell’ambito di Locarno Festival “Blaze” (fuori concorso), terzo lungometraggio diretto da Ethan Hawke. L'attore e regista ha ritirato l’Excellence Award

LOCARNO - Un film intenso, “Blaze”, così come la vita, l’esistenza, di Blaze Foley (interpretato dal cantautore Ben Dickey), gigante buono - e autentica leggenda - della musica country, ucciso da un colpo di pistola il 1. febbraio 1989, a nemmeno 40 anni.

Tratta dal libro “Living in the Woods in a Tree: Remembering Blaze” (University of North Texas Press, 2017) scritto da Sybil Rosen, compagna di vita del songwriter, la pellicola - la cui data di uscita nelle sale ticinesi è ancora da definire - scorre, raccontando i pezzi di vita di Foley, a ridosso delle tracce contenute in “Live at Austin Outhouse”, album dal vivo - registrato il 28 e il 29 dicembre 1988 - originariamente pubblicato soltanto su nastro.

Ethan, perché un film su Blaze Foley?

«Blaze è un personaggio misterioso della scena country & western. Ha scritto canzoni straordinarie, riprese, come sai, anche da John Prine, Merle Haggard e Willie Nelson. Eppure buona parte della gente non ha mai sentito parlare di lui. Mi è sembrato interessante raccontare un'esistenza (ancora) sconosciuta al grande pubblico e, tra le tante altre cose, di come un musicista debba lavorare e impegnarsi a fondo per riuscire a procurarsi un contratto discografico».

Raccontami della scelta di Ben Dickey per il ruolo del protagonista…

«Seguo la sua musica, le sue canzoni, da circa dieci anni. Quando ho iniziato a pensare alla realizzazione del film sapevo che dando quella parte a Ben avrei ottenuto un ottimo risultato. Sapevo che nel ruolo, così come nella reinterpretazione delle canzoni di Blaze, avrebbe riposto tutto sé stesso, tutto il suo cuore, tutto il suo dolore…».

Alla base del film hai scelto di collocare i momenti del live tenuto tra le mura dell'Austin Outhouse nel 1988. Nel contempo, vediamo l'esistenza di Blaze scorrere canzone dopo canzone...

«Volevo che le sue composizioni fossero la colonna vertebrale della pellicola. E, intanto, suddividere e alternare la sua vita in tre tempi, tra passato, presente e futuro. Dalla bellezza della storia d'amore con Sybil al buio del periodo a ridosso della sua morte, per poi scoprire, a poco a poco, ciò che la sua esistenza ha lasciato».

Quando hai ascoltato per la prima volta una canzone di Blaze?

«Ero in Canada, in macchina con Ben e suo padre. Dagli altoparlanti traboccava “Clay Pidgeons”: ero convinto che fosse un pezzo di John Prine, ma alla fine non era così…».

Quando è capitato?

«Cinque-sei anni fa».

Dimmi di Charlie Sexton, che nel film veste i panni di Townes Van Zandt…

«Avevo girato un paio di scene con Charlie in “Boyhood” (Usa, 2014): l’ho sempre ritenuto un musicista e una persona molto interessante. Quando mi trovavo nel mezzo delle riprese di “Born To Be Blue” (Usa, 2015) - in cui, come sai, ho recitato nei panni di Chet Baker - riflettevo continuamente sul fatto che Charlie in quella parte avrebbe lavorato meglio di me. Poi, quando ho iniziato a focalizzarmi su questo film, ho capito che per Townes avrei dovuto ritagliare un ampio spazio. E chi avrebbe potuto interpretare quel ruolo se non Charlie?».

Seppur per pochi istanti, nella pellicola vediamo Kris Kristofferson interpretare il padre di Blaze. Avevi già lavorato con lui in “Chelsea Walls”, film che hai diretto nel 2001. Vi siete conosciuti in quell’occasione?

«Sì. Ricordo quando lo sentii la prima volta al telefono, poco dopo avergli fatto recapitare il copione. Venni a sapere che voleva parlarmi, per cui lo chiamai. Mi disse: «La mia seconda battuta non mi piace. Se la togli, accetto la parte!». E io gli risposi: «Affare fatto!».

Prossimamente ti vedremo nei panni di Pat Garrett in “The Kid”, diretto da Vincent D’Onofrio. Parliamo di un remake di “Pat Garrett & Billy The Kid” (Usa, 1973) di Sam Peckinpah?

«No. Il film riprende la leggenda, ma nell’ottica di un 14enne che assiste all’incontro tra Billy The Kid e Pat Garrett. Nella pellicola, tra gli altri, recita anche Ben Dickey».

Prima di concludere: la tua grande passione per la musica, in passato, ti ha portato anche a suonare in una band?

«No, mai...».

Quali sono i tuoi tre album preferiti in assoluto?

«“Red Headed Stranger” (Columbia, 1975) di Willie Nelson, “Being There” (Reprise Records, 1996) dei Wilco e uno degli ultimi dischi pubblicati da Nina Simone».

Quale?

«Sono tutti straordinari, difficile sceglierne soltanto uno...».

"Io sventolo la bandiera dell'americanismo ma non quello che consiste nel nazionalismo, nella paura o nella divisione. Questa bandiera io la congiungo con l'amore". (ats)

Ethan Hawke

 

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