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CANTONENuova destinazione “Vladyland”

27.03.18 - 06:01
Eclettica come pochi, la transgender più famosa d'Italia è anche un'ottima cantante. È quanto abbiamo potuto appurare ascoltando “Vladyland”, il suo primo album
Nuova destinazione “Vladyland”
Eclettica come pochi, la transgender più famosa d'Italia è anche un'ottima cantante. È quanto abbiamo potuto appurare ascoltando “Vladyland”, il suo primo album

LUGANO - Un disco su cui Vladimir Luxuria ha lavorato con due ticinesi, ossia Gionata, autore delle canzoni - nove, di cui otto inedite -, e il produttore Claudio Cheulini.

Versi e strofe, che Gionata le ha perfettamente «cucito addosso», scorrono, in equilibrio, tra impressioni, riflessioni e provocazioni, all'interno di un mood in grado di portarci, brano dopo brano, in territori sonori spesso differenti, pur privilegiando electro, funk e pop.

Registrato alla Sauna di Varano Borghi (Varese) dal compianto Andrea Cajelli, così come alla Digilab di Cureglia e alle Officine Meccaniche di Milano, il disco - missato da Nino Mauro e masterizzato a Los Angeles da Dave Collins - sarà pubblicato in digitale e in cd il prossimo 9 aprile tramite Casamatta Records. La presentazione in dimensione live è prevista al Teatro Sociale di Bellinzona il 6 aprile alle 20.45: sul palco con Vladimir (voce) vedremo Mattia Mantello (chitarre), Glenda Carrubba (basso), Andrea Manzoni (tastiere, synth, pianoforte) e Xavier Longchamp (batteria).

Vladimir, che tipo di Stato è Vladyland?

«Vladyland è uno Stato dove vige il rispetto reciproco e dove è bandita solo la violenza. La violenza di ogni genere».

Sei una ex parlamentare e il disco tocca anche temi sociali...

«“Vladyland” non è assolutamente un disco politico. Come me, se vogliamo, l’album ha varie sfaccettature: alcune un po’ più impegnate, altre più malinconiche e altre ancora assolutamente allegre...».

Come è nata la collaborazione con Claudio Cheulini e Gionata?

«Qualche anno fa, sempre al Teatro Sociale di Bellinzona, portai “Stasera ve le canto”, uno spettacolo un po’ autobiografico, durante il quale, di tanto in tanto, cantavo delle cover accompagnata al pianoforte. Come direttore tecnico c’era Claudio, che nel corso delle prove rimase molto
sorpreso dalla mia voce: non immaginava che cantassi… “Dovresti fare un disco”, mi disse. Dopodiché, contattò Gionata e me lo presentò...».

Raccontami la genesi delle canzoni…

«“Sono un uomo”, il primo singolo, è un brano che Gionata aveva già nel cassetto da qualche tempo, mentre le altre, con l’eccezione di “Vorrei essere la moda”, che aveva già inciso e pubblicato tempo fa, le ha scritte appositamente per me, per questo disco, cucendomele addosso».

Il titolo del primo singolo, “Sono un uomo”, può portare l’ascoltatore, diciamo così, un po’ “fuori strada”: che vuoi dirmi al riguardo?

«Quando Gionata mi ha proposto questo pezzo ho riso. Credevo scherzasse… Gli ho detto: “Scusa, mi sono serviti anni per tirare fuori un po’ di femminilità, così come sedute di chirurgia estetica e di psicoanalisi: ora devo cantare “Sono un uomo”?”. In seconda battuta, poi, quando ho sentito il brano, ho capito che l’intenzione era un’altra…».

La tua versione di “Vorrei essere la moda” conta due omaggi: uno a Bowie con “Fashion” e l’altro a Rino Gaetano con “Berta Filava”... Con quale musica sei cresciuta?

«Già lì, da adolescente, avevo due anime, quella più rock e quella più “fru-fru”. Ascoltavo David Bowie, Lou Reed e Iggy Pop tanto quanto Renato Zero, Mina e Raffaella Carrà…».

Cosa ti auguri possa lasciare questo disco all’ascoltatore?

«Qualche emozione...».

 

 

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