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CANTONEGiordana, nel nome della dignità femminile

05.03.18 - 06:01
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Tullio Giordana, che sabato al Cinestar di Lugano ha presentato il suo ultimo film, “Nome di donna”, in uscita nelle sale giovedì 8 marzo
Giordana, nel nome della dignità femminile
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Tullio Giordana, che sabato al Cinestar di Lugano ha presentato il suo ultimo film, “Nome di donna”, in uscita nelle sale giovedì 8 marzo

LUGANO - L’8 marzo non è un giorno qualunque: la pellicola di Giordana arriva nei cinema un giorno ben preciso, nella Giornata internazionale della donna. E con il soggetto di Cristiana Mainardi, il regista porta sul grande schermo il desiderio di riscatto della dignità femminile, affrontando con sensibilità e maestria quella realtà subdola in grado di insinuarsi, in silenzio, nella quotidianità di coloro che si ritrovano costrette a viverla.

Che si ritrovano costrette a viverla come la protagonista del film, di cui veste i panni Cristiana Capotondi: Nina è una madre single che da Milano si trasferisce in provincia, dove trova un impiego presso una residenza per anziani facoltosi. Un mondo elegante, perfetto. Apparentemente, però. La struttura cela un torbido segreto. Nina se ne rende conto nel momento in cui viene convocata dal direttore. Ma lei no, non scende a compromessi e, senza ascoltare le colleghe, stringe i denti, dando il via a una battaglia per far valere i suoi diritti, i suoi diritti di donna, e la sua dignità.

Marco Tullio Giordana, parliamo di un film che lei ha finito di girare nell’estate 2017, poco prima che scoppiasse lo scandalo Weinstein. Uno scandalo che ha spinto l’intera industria cinematografica in un cataclisma senza precedenti. Qual è stata la sua prima reazione, quando ha saputo?

«La mia è stata una reazione di ammirazione. Una reazione di ammirazione verso il coraggio di tutte quelle attrici che, senza la paura di perdere la faccia, hanno denunciato i soprusi a cui sono state sottoposte. Devo dire che anche la reazione internazionale è stata di protezione. Una protezione che però si è sentita un po’ meno in Italia, dove, purtroppo, sono state avanzate affermazioni filistee e antipatiche, per non dire di peggio...».

Crede che qualcuno abbia comunque potuto anche abusare di questo scandalo?

«Non si può escludere nulla. E questo può accadere soprattutto con la libertà e le impunità di internet, in cui il falso può apparire con la stessa autorità del vero. Se c’è chi ha agito attraverso questa modalità, con il semplice intento di gettare fango addosso a qualcuno, beh... Io sono dell'opinione che prima o poi la verità viene sempre a galla… Quindi...».

Nina è un personaggio uscito dal silenzio come Asia Argento e le colleghe: perché, normalmente, però, c’è la paura di denunciare, perché c’è il timore di uscire allo scoperto, perché c’è omertà? Aspetti, questi, che si respirano nitidamente anche nei fotogrammi del film...

«Come ben sappiamo, il “fenomeno” non è una “specialità” soltanto del cinema, bensì di tutti i luoghi di lavoro in cui vi è una catena di comando, dove quel qualcuno che sta sopra crede di poter disporre delle persone come se fossero di sua proprietà. In un simile contesto, purtroppo, la solidarietà per le vittime non c’è. Non c’è e la vittima, dopo la denuncia, resta sola. Perciò serve coraggio. Tanto coraggio».

Quando le ha proposto il soggetto Cristiana Mainardi?

«Ci siamo incontrati per la prima volta due anni e mezzo fa».

Come lo ha accolto?

«Non avrei mai pensato di fare un film del genere, perché ho sempre creduto che una donna lo avrebbe raccontato meglio. Perciò, quando Cristiana mi ha proposto la sceneggiatura - così sensibile in tutti i risvolti - mi è sembrato finalmente di trovare un punto di vista non ovvio. Anzi, molto sentito e molto partecipato».

So che in parte alla sceneggiatura ha lavorato anche lei. In quali termini, esattamente?

«Io firmo questa sceneggiatura in modo un po’ defilato, perché il grande lavoro - al 90%, direi - è tutto di Cristiana».

Personalmente, mi è piaciuto molto il personaggio di Ines, questa donna anziana, saggia, ospite della struttura in cui Nina lavora…

«È un personaggio scritto su misura per Adriana Asti...».

Nel film troviamo diversi attori di teatro, come la stessa Asti, Valerio Binasco e Bebo Storti: perché questa scelta?

«Generalmente, mi trovo molto bene a lavorare con gli attori di teatro, presumo anche per una certa affinità con la lingua…».

E la scelta di Cristiana Capotondi per il ruolo di Nina come è avvenuta?

«Cristiana, dal canto suo, non ha ancora calcato il palcoscenico, ma penso che un giorno o l’altro la vedremo impegnata anche in quel contesto. È un’attrice dotata di una tale autodisciplina e di una tale serietà che, secondo me, nel momento in cui scoprirà il teatro deciderà di farlo in ogni stagione...».

 

 

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