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CANTONERaige: «Ecco i miei brani costruiti fuori dagli schemi»

06.10.16 - 06:00
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il rapper, il cui nuovo album “Alex” è uscito un mese fa e che presto si esibirà in Ticino
Raige: «Ecco i miei brani costruiti fuori dagli schemi»
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il rapper, il cui nuovo album “Alex” è uscito un mese fa e che presto si esibirà in Ticino

LUGANO - Abbiamo incontrato Raige ieri mattina, quasi all'alba, in un hotel di Lugano.

Alex, con questo nuovo disco, che prende il titolo dal tuo vero nome, hai scelto - come spieghi nelle note di presentazione - di toglierti di dosso «la paura di non essere all’altezza». Perché questo timore? D’altra parte, i tuoi album precedenti sono sempre stati molto apprezzati sia dal pubblico, sia dalla critica…

«Si innescano una serie di aspettative sempre più alte, sia da parte degli addetti ai lavori, come da parte del pubblico. In realtà, il disco è intitolato “Alex” perché mi sono scrollato di dosso tutte le paure che appartengono un po’ al genere da cui sono partito, il rap. Non nego di essere partito da lì, ma sono sempre stato un po’ diverso dagli altri, semplicemente perché nella costruzione delle mie canzoni, fin dall’inizio, c’è sempre stata tanta melodia. E proprio in questo album ho spinto sull’acceleratore di questa mia caratteristica: per la prima volta il rap diventa il 30% e la parte cantata il 70. Il timore, diciamo, si cela(va) in questa percentuale…».

«Non nego di essere partito dal rap»: perché questa affermazione?

«Chi, in qualche modo, ha cambiato rotta, o virato anche di pochi gradi, sembra quasi che il rap lo abbia rinnegato. Io ho sempre fatto un “hip pop”, e sottolineo “pop”. E non ne prendo le distanze nemmeno questa volta».

Un disco di undici tracce senza schemi, senza regole, senza canoni…

«Quando ho iniziato a fare musica, come ogni rapper che si rispetti, pensavo di essere un genio a spiegare un concetto con 400 parole. In realtà, con il tempo ho scoperto che il vero genio è colui che esprime lo stesso concetto utilizzandone 40, oppure soltanto quattro, preferibilmente di linguaggio comune, in modo che tutti capiscano… Da qui, l’idea che sta alla base dell’album: meno parole e più spazio per il cantato...».

Quando hai incominciato a scrivere i brani?

«L’album ha avuto una gestazione piuttosto lunga - di circa un anno e mezzo - in un brutto periodo della mia vita, tra l’altro. E quest’ultimo aspetto, sul disco, inevitabilmente, ha avuto un grande peso, portandomi a scrivere inizialmente delle canzoni molto cupe. L’ho capito nel momento in cui avevo già una certa quantità di materiale: in quegli istanti ho accantonato l’80% di ciò che avevo creato, per poi ricominciare quasi tutto daccapo. La messa a punto dell’intero disco, inoltre, è stata molto lunga anche perché non riuscivamo a individuare un produttore in grado di capire l’anima del progetto. Poi, per fortuna, ho incontrato Antonio Filippelli e Christian Milani…».

Hai parlato di un brutto periodo… Cosa è accaduto?

«È mancata mia madre. A lei ho dedicato “Dove finisce il cielo”, l’ottava traccia dell’album».

Cosa hai ascoltato nel corso di questo lungo periodo di gestazione?

«Quando scrivo, smetto di ascoltare musica e di leggere. Questo per paura di “saccheggiare” - involontariamente - qua e là. Comunque, recentemente ho comprato un po’ di dischi, che sono ancora lì, sigillati nello scaffale, ma che ascolterò a breve: tra gli altri, c’è “Phase” (Island Records, febbraio 2016) di Jack Garratt...».

Raccontami della collaborazione con Marco Masini…

«Ascoltavo Marco da bambino, in auto, insieme a mio padre. Un anno fa l’ho incontrato al Roxy Bar di Red Ronnie, e qualche tempo dopo mi ha chiamato chiedendomi di riprendere insieme “Bella stronza” all’interno di un suo progetto. Ho colto al volo l’occasione per coinvolgerlo nel mio album:  il ritornello de “Il rumore che fa”, d’altra parte, sembrava l’avessi scritto appositamente per lui».

So che tra i tuoi punti di riferimento figurano Francesco Guccini e Vinicio Capossela: hai mai avuto modo di incontrarli?

«Te lo dico sinceramente: non li voglio incontrare, non voglio conoscere i miei miti. Perché, in qualche modo, vai ad intaccare l’immagine cha hai di loro: se mi trattassero male, perché proprio quel giorno hanno la luna storta, smetterei di ascoltare i loro album. E non voglio arrivare a questo...».

Quando avremo modo di rivederti sul palco qui nella Svizzera italiana?

«Guarda, non ho ancora annunciato le date, ma ti anticipo che sabato 12  novembre mi esibirò al 6500 Music Club di Bellinzona».



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