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LUGANO«Non moriremo mai, leggere un fumetto sull’iPad non ha alcun senso»

28.09.16 - 06:00
I 30 anni di Dylan Dog alla Fiera sul Ceresio. Tra gli ospiti anche Michele Masiero, direttore editoriale della Sergio Bonelli Editore: «L’indagatore dell’incubo? Piace perché è un perdente»
PM
«Non moriremo mai, leggere un fumetto sull’iPad non ha alcun senso»
I 30 anni di Dylan Dog alla Fiera sul Ceresio. Tra gli ospiti anche Michele Masiero, direttore editoriale della Sergio Bonelli Editore: «L’indagatore dell’incubo? Piace perché è un perdente»

LUGANO - «Perché Dylan dog continua a piacere? Perché è un perdente, un uomo pieno di dubbi, uno di noi insomma». È così che Michele Masiero, direttore editoriale della Sergio Bonelli Editore, celebra i 30 anni dell’indagatore dell’incubo. Il tormentato personaggio ideato da Tiziano Sclavi sarà l’ospite d’onore della sesta Fiera del Fumetto di Lugano, in programma dal 7 al 9 ottobre al Palazzo dei Congressi. Il giubileo diventa il pretesto per una riflessione generale sul mondo del fumetto. «E io non credo che il fumetto morirà – sostiene Masiero –. Non ho paura dell’avanzata del digitale, perché il fumetto letto sull’iPad non ha alcun senso».

E ha, invece, senso fare fumetti in un’epoca in cui si vive a pane e smartphone?
Sì. Perché oggi c’è un’incredibile esigenza di sentire storie. La gente ha fame di fantasia.

Sì, però il giovanissimo potenziale lettore ha mille altre alternative. E fa fatica ad andare in edicola a comprare un fumetto.
Dobbiamo puntare anche altrove per catturare l’attenzione del pubblico. Ad esempio sulle librerie. Da qualche tempo riproponiamo le storie più belle dei nostri personaggi sotto forma di libro. Anche le collaborazioni con grandi quotidiani, ai quali alleghiamo alcuni nostri albi, rientrano in questo concetto. Non possiamo più basarci solo sulle edicole. Dobbiamo essere creativi non solo nell’inventare storie, ma anche nel distribuirle.

E in questo le nuove tecnologie non vi possono aiutare?
Nella promozione sì. Ma non penso proprio che un collezionista si metta ad acquistare Dylan Dog o Zagor in digitale. È anche una questione di feticismo. Uno ha bisogno di sentire il profumo della carta e di vedere la sua collezione, lì nell’armadio.

Apriamo una parentesi su Tex. Nel 2018 compie 70 anni. Come è possibile che un personaggio legato a un genere classico come il western resista così tanto?
Forse dipende dal carattere del personaggio e dal periodo storico in cui viene proposto. Nel dopo guerra le edicole erano piene di fumetti piuttosto semplici, quasi ingenui. Tex ha saputo coinvolgere un pubblico più adulto. Il resto è stato tramandato di generazione in generazione. È un fenomeno che a volte anche noi facciamo fatica a spiegare.

Torniamo a Dylan Dog. In 30 anni sono state affrontate tematiche sociali di vario genere. Il ruolo di denuncia della testata è rimasto intatto?
Il messaggio deve passare, ma senza che sia troppo esplicito. In maniera intelligente. In Dylan Dog troviamo vari strati di lettura. Chi vuole leggersi una semplice storia horror, può fermarsi in superficie. Gli altri possono tentare di leggere tra le righe, cercando di andare più in profondità. Sin dall’inizio questa è stata la grande intuizione di Sclavi.

Negli ultimi due anni Dylan Dog ha subito una graduale rivoluzione. Gli è stato affibbiato, ad esempio, un cellulare. Un personaggio dei fumetti, forse, non andrebbe mai modificato nelle sue caratteristiche profonde.
Quando nel 1986 Dylan arrivò in edicola, le vendite partirono in sordina. Poi, grazie al passaparola, ci fu un effetto devastante. Spiazzante. A incuriosire era la sua ironia, la sua malinconia, il suo rapporto complesso con le donne, il fatto di non essere un personaggio tutto d’un pezzo. Ecco, io penso che tutto questo, cellulare o non cellulare, sia rimasto. Ed è questa sua disarmante normalità a continuare ad affascinare i lettori.

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