Cerca e trova immobili

CANTONECamila nel paese delle meraviglie

15.09.16 - 06:00
Il 5 settembre è stato dato alle stampe tramite l'etichetta britannica Right Recordings “A Thousand Doors”, il primo album della giovane cantante e attrice locarnese Camila Koller
Camila nel paese delle meraviglie
Il 5 settembre è stato dato alle stampe tramite l'etichetta britannica Right Recordings “A Thousand Doors”, il primo album della giovane cantante e attrice locarnese Camila Koller

LOCARNO - Dodici tracce di ottima fattura, messe a punto in territori alt-folk, recuperando, nel contempo, riflessi di matrice pop, pop d'autore. Nel disco, un concept, troviamo l'apporto dell'ex Zero In On Elias Bertini, così come due duetti (“House On The Water”, “In A Maze”) con la songwriter ticinese, di base da qualche tempo nel Regno Unito, Nadine Carina.

Camila, raccontami il processo compositivo del disco...

«A fine 2011 ho deciso di realizzare un album. In quel periodo mi sentivo un po’ persa, non sapevo bene cosa fare, dove andare, per farmi strada nel mondo dello spettacolo: era giunto il momento di creare qualcosa di mio e non più di cercare approvazione per partecipare a progetti altrui. La musica mi è sempre stata vicina, canto e suono da quando ero piccola, e mi è sempre piaciuto inventare melodie e canzoni. Un giorno ho semplicemente preso la chitarra, mi sono seduta sul letto e ho cominciato a improvvisare linee vocali e testi. So che c’è chi prima crea la musica, chi prima il testo, io ho bisogno che tutte e due le cose si fondano già all’inizio. I primi arrangiamenti li ho creati con un’applicazione per il telefono che, come i programmi del computer, dà la possibilità di registrare più tracce. Così ho potuto inserire più voci, il pianoforte, il flauto, le percussioni, facendomi un’idea più chiara di dove volevo arrivare. Le pre-produzioni vere e proprie, però, le ho elaborate con un pc... Insomma, non sono andata in studio soltanto col telefono...».

Perché il titolo “A Thousand Doors”?

«Essenzialmente perché è il titolo del primo singolo, che per me ha significato molto. È la prima canzone che ho scritto, tra l'altro, e il testo era mirato a darmi forza e coraggio per insistere. Ero tornata da poco in Ticino dopo aver finito la scuola di recitazione a Londra e, in qualche modo, mi sentivo impotente. Come attore devi abituarti a ricevere porte in faccia continuamente, perciò questo testo mi ha dato una mano a ricordare che di porte ce ne sono tante, fatte per essere chiuse, però, alle nostre spalle... Se sono chiuse a chiave, vuol dire che non sono quelle giuste, ma ce ne sono sempre altre mille...».

Perché la scelta di mettere a punto un concept?

«L’idea mi è venuta dopo aver scritto “A Thousand Doors”, che è facilmente riconducibile al momento in cui Alice si ritrova al cospetto di tante porte e deve sceglierne una. Premetto che da bambina la storia di “Alice nel paese delle meraviglie” mi deprimeva. La pazzia dei personaggi non mi faceva ridere, anzi, mi faceva paura. Crescendo, però, ho capito che quel racconto era il riflesso, la metafora della nostra società, mimetizzata da storiella (apparentemente) infantile. Ottimo punto di partenza da cui prendere ispirazione. Ho deciso di trovare prima dei titoli che c’entrassero con Alice per poi creare le canzoni intorno a questi. Il contenuto, però, è libero: riguarda il mio vissuto e la mia visione di questo strano mondo in cui viviamo». 

Cosa vuoi dirmi dei testi in termini generali?

«In generale, i testi, riguardano mie esperienze personali e la mia visione della nostra realtà. Quel che vedo è che abbiamo perso di vista il vero scopo nella vita: siamo tutti ossessionati dal tempo e dall’invecchiamento - io in particolare -, siamo tutti dipendenti da qualcosa, abbiamo continuamente paura, quindi, per non rischiare, non facciamo niente che sia fuori dalla “norma”. Molte canzoni sono campanelli d’allarme per me stessa e per chiunque abbia bisogno di svegliarsi da questo sonno indotto».

Dei versi, delle strofe, di “Wonderland” e “Everyone Is Mad”, nello specifico, cosa vuoi dirmi?

«“Wonderland” è un po’ particolare, diciamo che è l’unico testo un po’ spensierato dell’album, perché è dedicato al mio posto segreto, magico: la mia stanza. Tutto ciò che ho creato è lì, insieme alla montagna di libri, perlopiù fantasy, che devo ancora leggere. A volte cerchiamo il “paese delle meraviglie”, ma poi capiamo che ce l’abbiamo proprio sotto il naso: a casa. “Everyone is Mad”, invece, è l’opposto, è il testo più duro, più polemico, del disco. Già dal titolo si può intuire. Il mondo è impazzito. Siamo stati condizionati a credere che certi schemi sono “normali”, ma se ci fermassimo a pensare veramente a fondo, con la nostra testa, scopriremmo che poi tanto normali non sono. Ormai regna la paura, e tutto è permesso in nome della “pace” e della “sicurezza”, anche uccidere. Se questo non è un controsenso…».

Raccontami della collaborazione con Nadine Carina...

«Conosco Nadine dai tempi delle elementari/medie. Suonavamo nella banda di Losone, io il sax e lei il clarinetto. Se ci ripenso mi fa ridere! Ci siamo ritrovate circa cinque anni fa e abbiamo incominciato a scrivere canzoni insieme, nei boschi, in riva al lago. È stato molto bello il processo creativo. In più, ci siamo rese conto che a livello vocale ci completavamo abbastanza bene: lei trovava le armonie più basse e io quelle più alte. Abbiamo ancora un paio di canzoni nel cassetto».

E dell’apporto di Elias…

«Elias è stato fondamentale per farmi finire ciò che avevo intenzione di realizzare. Ho sempre avuto tante idee in testa, ma la mia mancanza di autodisciplina ha giocato contro. Lui mi ha dato un po’ della sua, mi ha spinta a lavorare e ha pure imparato le mie canzoni, nonostante non fosse per niente il suo genere, per poi poterle suonare in studio. Perché, anche se le ho composte io, non sono una grande chitarrista».

Quali, secondo te, le maggiori influenze musicali confluite nell’album?

«I miei generi preferiti sono il pop - perché mi piace ballare -, il folk - di qualsiasi parte del mondo -, che è più misterioso e toccante, e le colonne sonore. Dato che sono anche attrice e adoro il cinema, mi soffermo spesso ad ascoltare la musica dei film. Dei film fantasy, prevalentemente, che è un po’ magica ed epica».

Cosa hai ascoltato nel corso del processo di lavorazione?

«La radio e le playlist di YouTube. Ascoltare il nuovo e il vecchio insegna molto; capisci quali sono le nuove tendenze, impari a decidere cosa mantenere del passato e anche ad apprezzare le novità. In questi ultimi anni ho seguito l’ascesa di Ed Sheeran e lo ammiro molto per ciò che è riuscito a realizzare, sia a livello di composizione, sia a a livello di live act. Ha preso il cuore del folk, la chitarra, si è presentato da solo su palchi enormi, come ai vecchi tempi, riuscendo a rendere lo spettacolo pop, moderno».

Dove, come e quando si sono svolte le sessioni di registrazione?

«Ho registrato l’album al Mono Studio di Milano, con il tecnico del suono Matteo Sandri, nel periodo di marzo-aprile 2015, in contemporanea con le registrazioni di Elias Bertini, prima di andare a Londra per sei mesi. A febbraio la mia casa discografica voleva che l'album durasse di più, quindi mi sono rimessa a comporre, tornando in studio a marzo-aprile di quest’anno».

Oltre a Elias e Nadine, chi ha collaborato al processo di lavorazione dell’album?

«Grazie al Mono studio ho potuto conoscere dei bravissimi musicisti, tra cui Emanuele Alosi, batterista, ed Enea Bardi, bassista, che suona, però, praticamente qualsiasi strumento gli si metta davanti. Anche Mattia Stefanini degli Zero in On ha suonato un pezzo. E poi Victor Fumagalli mi ha aiutato tantissimo con l’arrangiamento di “Everyone is Mad”: Victor è del Mendrisiotto, ma ci siamo conosciuti a Londra, dove, tra l’altro, si è appena diplomato alla National Film and Television School come compositore di colonne sonore».

Come ha preso forma la collaborazione con la label?

«Quando sono andata a Londra l’anno scorso, ho inviato le mie canzoni ad alcuni “addetti ai lavori”. Mi ha risposto un regista che avevo conosciuto sul set di un videoclip almeno sei anni fa, con cui però nel corso del tempo sono rimasta in contatto. Lui aveva smesso da poco di lavorare per Right Recordings, ma ha comunque girato il mio album alla label. Alla label è piaciuta molto anche l’idea del concept, oltre al genere e ai testi...».

Come avverrà la promozione in dimensione live? Stai pianificando date in Ticino?

«Al momento sono un po’ indecisa sulla scelta del Paese. L’album è uscito ufficialmente in Inghilterra, stanno già passando diverse canzoni nelle radio, quindi pensavo di organizzare qualcosa a Londra prossimamente. Ma prima di fine anno ho già previsto un paio di date anche in Ticino».

So che fai parte della compagnia teatrale Caléa: ti senti più songwriter o attrice?

«Ho sempre amato il palcoscenico, poter trasmettere messaggi ed emozioni recitando, cantando o ballando. Il problema era che cantare e/o suonare in pubblico mi faceva più paura che recitare, perché, secondo me, le note fuori posto il pubblico le sente, mentre le battute dette in modo po’ diverso no. Quando si recita c’è molta più libertà in quel senso, a mio parere. Ma grazie al musical che ho fatto con la mia compagnia qualche anno fa, “Ailoviù”, ho potuto superare questa paura, mettendomi in testa che in realtà non stavo cantando, non c’erano note giuste o sbagliate, ma semplicemente una storia da raccontare, come sempre. Quindi è questo che sono, una “racconta-cantastorie”».

 

 

 

 

 


 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE