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John Dear: una guida spirituale tra blues, rock'n'roll e psichedelia

SVIZZERAJohn Dear: una guida spirituale tra blues, rock'n'roll e psichedelia

03.04.19 - 06:01
In uscita venerdì 5 aprile - in digitale, vinile e cd - “Drugstore Cowboys” (autoproduzione/Irascible), il nuovo album del duo vodese John Dear
FOTO NOURA GAUPER
John Dear: una guida spirituale tra blues, rock'n'roll e psichedelia
In uscita venerdì 5 aprile - in digitale, vinile e cd - “Drugstore Cowboys” (autoproduzione/Irascible), il nuovo album del duo vodese John Dear

di Marco Sestito

LOSANNA - A cinque anni dalla realizzazione del disco di esordio, “Far Down The Ghost Road” (autoproduzione/Irascible, 2014), il progetto John Dear - condiviso da Guillaume Wuhrmann (alias John W. Dear - voce, chitarra) e Catia Bellini (Alma June - batteria) - si appresta a dare alla luce il secondo lavoro.

Anticipato dal singolo (e video) “Drugstore Cowboy”, l’album raccoglie complessivamente dieci tracce. Dieci tracce pronte a trascinare (le nostre) anime vaganti in profondità, fino alle viscere della Terra. Un (altro) viaggio panoramico dentro gli inferi, che comodamente ci mostra di quanto putridume si nutre questo mondo, questa società soggiogata da pagliacci. E John Dear, intanto, recuperando psichedelia, blues seminale e rock’n’roll, funge da guida spirituale...

Catia, posso immaginare che il titolo dell’album, “Drugstore Cowboys”, evochi la pellicola datata 1989 di Gus Van Sant con Matt Dillon (“Drugstore Cowboy”, ndr)...

«È così. D’altra parte, io e Guillaume abbiamo amato molto quel film all’epoca. E nel momento in cui eravamo alle prese con la composizione del pezzo omonimo, che risuona delirante quanto la pellicola stessa, la citazione è stata pressoché immediata».

Il disco porta dentro di sé un’attestazione, una tesi, ben precisa: ovvero che in questo nostro tempo la verità è un vecchio ricordo e la lucidità una scelta… John Dear ha la soluzione?

«No, purtroppo no. Difficile trovarla in un’epoca in cui i valori sono completamente stravolti…».

Il disco è stato co-prodotto da Guillaume e dall’ex Kill It Kid Chris Turpin: come ha preso forma il sodalizio artistico?

«Abbiamo condiviso il palco con Chris in diverse occasioni…».

Quale, secondo te, il maggior apporto di Chris?

«Ci ha dato una mano a osservare tutto quanto un po’ più da lontano...».

Tu e Guillaume avete lavorato con un approccio differente questa volta, rispetto all’album precedente?

«A differenza di “Drugstore Cowboys”, “Far Down The Ghost Road” ritengo sia… come dire, più scolastico… Diciamo che all’epoca stavamo lavorando ancora ai nostri suoni, alle nostre sonorità. Dovevamo capire dove e come collocare tutto quanto».

Raccontami le registrazioni…

«Siamo tornati alla Fonderie di Friburgo, affidando le incisioni - effettuate prevalentemente in presa diretta - a Sacha Love (basso, contrabbasso): dieci giorni, lo scorso mese di giugno, rinchiusi in studio con Chris (chitarra slide, chitarra resofonica), la sua ragazza Stephanie Jean Ward (pianoforte, cori) - anche lei ex Kill It Kid - e Ganesh Geymeier (sassofono)».

Credo non abbiate mai suonato da queste parti, giusto?

«No, non ancora… Ma proprio in questi giorni stiamo definendo una data estiva al Lido San Domenico di Castagnola».

 

 

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