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REGNO UNITOHannah Peel: in profondità, nei labirinti della mente

19.09.16 - 06:00
Hannah Peel narra la genesi di “Awake But Always Dreaming” (My Own Pleasure, 23 settembre 2016), il suo secondo album
Hannah Peel: in profondità, nei labirinti della mente
Hannah Peel narra la genesi di “Awake But Always Dreaming” (My Own Pleasure, 23 settembre 2016), il suo secondo album

LONDRA - Prolifica songwriter, a cinque anni da “The Broken Wave” (Static Caravan, 2011), il suo primo disco da solista, nel corso di questo tempo ha dato alla luce numerosi progetti: il combo Magnetic North, in primis, condiviso con Simon Tong ed Erland Cooper, focalizzandosi nel contempo su sonorità più artificiali in compagnia di John Foxx (John Foxx and The Maths) e di Erol Erdal Alkan (Beyond The Wizards Sleeve).

Un disco “Awake But Always Dreaming”, in cui Hannah Peel - a differenza di “The Broken Wave”, elaborato, prevalentemente, al di sopra di risonanze alt-folk/chamber pop oriented - recupera elementi electro, synth pop, modulandoli dentro la memoria, dentro la facoltà di ricordare: undici tracce ammalianti, tra cui una cover, “Cars In The Garden” dell’ex Blue Nile Paul Buchanan, messa a punto con Hayden Thorpe (Wild Beasts).

Hannah, raccontami lo sviluppo di “Awake But Always Dreaming”...

«Ho incominciato a dare forma ai primi testi cinque anni fa. Inizialmente, a influenzarmi fu il romanzo “Le città invisibili” (Einaudi, 1972), in particolare la mappatura surreale che Italo Calvino tracciò al suo interno. Alla fine, ho scritto una sessantina di canzoni, senza sapere esattamente quale direzione ognuna di esse stava prendendo… Questo fino agli istanti in cui a mia nonna è stata diagnostica una forma di demenza».

Vuoi spiegarmi meglio?

«Mia nonna è morta all’inizio del 2016. Sono stati anni difficili: davanti alla progressione della sua malattia mi sentivo una testimone impotente. Ogni giorno lei lo viveva segretamente in un limbo tutto suo, in cui a me, purtroppo, non era consentito entrare…».

Cosa vuoi dirmi del titolo, “Awake But Always Dreaming”?

«Ogni mattina, per noi, il risveglio avviene in un mondo che conosciamo. Se invece non avessimo idea di chi siamo, di dove ci troviamo, incapaci di interrompere il sogno che, fotogramma dopo fotogramma, prosegue inarrestabile?».

Potresti entrare nel dettaglio dei testi, in generale?

«Ho tentato di introdurmi nella mente, nella memoria, sviluppando il disco in due parti: la prima analizza il risveglio, il mattino, fatto di luce, di bagliori, mentre la seconda percorre l’oscurità della notte, il sonno, dove tutto diventa irreale...».

Una scelta stilistica differente, dal punto di vista musicale, rispetto a “The Broken Wave”...

«Amo sperimentare con i vari livelli di fragilità e di contrasto: l’amalgama venuto alla luce, costruito con la mia voce e una serie di sintetizzatori analogici, è il frutto della collaborazione messa  a punto con John Foxx, che mi ha portato con sé all’interno di questa nuova dimensione sonora...».

Dove si sono svolte le registrazioni?

«Ho co-prodotto l’album con Erland (Cooper), registrando le tracce tra le mura del nostro studio a Hoxton (Londra). Ho voluto però terminare le session a Donegal (Attica Audio Recording), in Irlanda, dove vive la mia famiglia».

Quale o quali album ricordi di avere ascoltato nel corso del processo di lavorazione?

«“A Walk Across The Rooftops” (Linn Records, 1983) dei Blue Nile».

Perché la scelta di inserire la cover di “Cars In The Garden” all’interno del progetto?

«I versi e l’essenzialità dell’arrangiamento mi riportano al passato. Ai miei ricordi di bambina...».

 



 

 

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