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STATI UNITIMappare la mente con gli ultrasuoni

23.07.21 - 08:00
Un team di ricercatori ha utilizzato la tecnologia a ultrasuoni funzionali per leggere la mente di alcune scimmie
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Mappare la mente con gli ultrasuoni
Un team di ricercatori ha utilizzato la tecnologia a ultrasuoni funzionali per leggere la mente di alcune scimmie

Mappare l’attività neurale è un obiettivo importante per i neuroscienziati che ad esempio si occupano di sviluppare interfacce cervello-macchina (BMI). Una delle principali limitazioni di tali dispositivi è che comunque richiedono un intervento chirurgico invasivo al cervello.
Oggi, però, un team di ricercatori del Caltech ha sviluppato un nuovo tipo di BMI minimamente invasivo per leggere l’attività cerebrale utilizzando la tecnologia a ultrasuoni funzionali (fUS), che è in grado di mappare con precisione l’attività neurale da regioni specifiche in profondità all’interno del cervello con una risoluzione di 100 micrometri. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Neuron.

Tecniche a confronto

In generale, i vari strumenti utilizzati per leggere l’attività cerebrale presentano alcuni svantaggi.
Gli elettrodi impiantati (elettrofisiologia) possono misurare in modo molto preciso l’attività a livello dei singoli neuroni ma, ovviamente, richiedono che gli elettrodi vengano installati nel cervello. Tecniche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) possono visualizzare l’intero cervello ma si basano su macchinari ingombranti e costosi. L’elettroencefalografia (EEG), poi, non richiede un intervento chirurgico ma può misurare solo l’attività a bassa risoluzione spaziale.
Gli ultrasuoni, invece, funzionano emettendo impulsi di suoni ad alta frequenza e misurando il modo in cui tali vibrazioni sonore echeggiano in una determinata sostanza, come i vari tessuti del corpo umano. Il suono viaggia a velocità diverse attraverso questi tipi di tessuto e si riflette tra di loro. Tale tecnica è comunemente usata, ad esempio, per acquisire immagini di un feto nell’utero e per altre immagini diagnostiche.
Gli ultrasuoni possono anche “sentire” il movimento interno degli organi, come quello dei globuli rossi nel sangue, che aumentano di tono man mano che si avvicinano alla fonte delle onde ultrasoniche e lo diminuiscono quando fluiscono via. La misurazione di questo fenomeno ha permesso agli scienziati di registrare minuscoli cambiamenti nel flusso sanguigno del cervello fino a 100 micrometri (circa la larghezza di un capello umano).
“Quando una parte del cervello diventa più attiva, c'è un aumento del flusso sanguigno nell’area. Una domanda chiave in questo lavoro è stata: se abbiamo una tecnica come l’ecografia funzionale che ci fornisce immagini ad alta risoluzione delle dinamiche del flusso sanguigno del cervello nello spazio e nel tempo, ci sono abbastanza informazioni da quell’immagine per decodificare qualcosa di utile sul comportamento?» ha riferito uno degli autori dello studio, il dottor Mikhail Shapiro.
La risposta è affermativa. La tecnica adoperata dai ricercatori, infatti, ha prodotto immagini dettagliate delle dinamiche dei segnali neurali nella regione target che non potevano essere viste con altre tecniche non invasive come la fMRI. «Abbiamo prodotto un livello di dettaglio che si avvicina all’elettrofisiologia, ma con una procedura molto meno invasiva», ha affermato Shapiro.

La tecnologia a ultrasuoni funzionali

Per sviluppare la tecnologia a ultrasuoni funzionali i ricercatori si sono serviti dell’aiuto di due scimmie rhesus, ai quali sono stati inseriti piccoli trasduttori a ultrasuoni nei crani. Si tratta di un intervento che non penetra nel cervello o nella sua membrana protettiva, ma solo sul cranio. Rispetto agli elettrodi, ciò significa che il cervello stesso non è danneggiato fisicamente.
Il dispositivo è collegato a un computer, che controlla la direzione delle onde sonore e cattura i segnali dal cervello. Per questo esperimento, il team ha mirato gli impulsi alla corteccia parietale posteriore (PPC), una regione del cervello coinvolta nella pianificazione del movimento. Ai due macachi è stato quindi insegnato a svolgere semplici compiti che comportavano il movimento degli occhi o delle braccia in determinate direzioni quando venivano presentati precise indicazioni.
Il primo test ha esaminato i movimenti degli occhi, qualcosa di abbastanza necessario prima di pianificare i movimenti concreti del corpo. Le scimmie hanno imparato a mettere a fuoco un punto centrale sullo schermo di un computer, e poi un secondo punto che lampeggiava a sinistra o a destra. Il compito dei primati era quello di sbattere gli occhi sul punto più recente, qualcosa che potrebbe sembrare semplice ma che richiede un sofisticato calcolo cerebrale. Nel secondo compito, invece di spostare semplicemente gli occhi sul punto dello schermo, le scimmie hanno imparato ad afferrare e manipolare un joystick per spostare un cursore su quel bersaglio.
Quando le scimmie hanno completato i compiti, il fUS ha misurato l’attività cerebrale nella corteccia parietale posteriore e i ricercatori hanno cercato di capire se i cambiamenti dipendenti dall’attività nelle immagini fUS potessero essere utilizzati per decodificare le intenzioni dei macachi anche prima che questi compissero un movimento. I dati di imaging ecografico e le attività corrispondenti sono stati così elaborati da un algoritmo di apprendimento automatico, che ha appreso quali schemi di attività cerebrale erano correlati a quali compiti.
Una volta addestrato, in pochi secondi l’algoritmo è stato in grado di prevedere correttamente il movimento effettivo degli occhi delle scimmie, sia a sinistra che a destra, con una precisione di circa il 78%. La precisione per manovrare esattamente il joystick è stata ancora maggiore, quasi il 90%. Oltre all’incredibile precisione, ancora più impressionante è stata la risoluzione. Con gli ultrasuoni focalizzati, infatti, è stato possibile misurare l’attività cerebrale con una risoluzione di 100 micron, cioè circa 10 neuroni nel cervello.

Prossimi sviluppi

Sebbene questa ricerca sia stata condotta solo su delle scimmie, è in corso una collaborazione con il dottor Charles Liu, neurochirurgo dell’USC, per studiare la tecnologia con volontari umani che, a causa di lesioni cerebrali traumatiche, hanno un pezzo del loro cranio rimosso. Grazie alle onde ultrasoniche, quindi, sarà possibile studiare quanto gli ultrasuoni funzionali siano capaci di misurare e decodificare l’attività cerebrale in questi individui.
«La cosa più eccitante è che l'ecografia funzionale è una tecnica giovane con un enorme potenziale. Questo è solo il nostro primo passo per offrire un’interfaccia cervello-macchina ad alte prestazioni e meno invasiva a più persone», ha dichiarato il Dottor Sumner Norman, tra gli autori principali che ha guidato lo studio.

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