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STATI UNITICreato il primo embrione metà uomo e metà scimmia

10.06.21 - 08:00
Un team di ricerca internazionale ha creato per la prima volta in laboratorio un embrione ibrido uomo-scimmia
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Creato il primo embrione metà uomo e metà scimmia
Un team di ricerca internazionale ha creato per la prima volta in laboratorio un embrione ibrido uomo-scimmia

Un team di scienziati ha pubblicato i risultati di un controverso esperimento in cui per la prima volta sono stati creati in laboratorio embrioni ibridi metà uomo e metà scimmia. L’obbiettivo, secondo gli autori, è quello di permettere lo sviluppo di organi umani in specie ospiti dove “coltivarli” e di gettare le basi per la comprensione di alcune malattie genetiche.
A condurre la ricerca è stata un’équipe internazionale guidata da scienziati americani del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla, che hanno collaborato con i colleghi dell’Institute of Primate Translational Medicine dell’Università della Scienza e della Tecnologia di Kunming, in Cina, e dell’Università Cattolica San Antonio de Murcia (UCAM) in Spagna.
Nell’esperimento, coordinato dal professor Juan Carlos Izpisua Belmonte, esperto di espressione genica e tra i principali studiosi di “chimere”, i ricercatori hanno trasferito 25 cellule staminali umane in embrioni di scimmia giunti al sesto giorno di sviluppo. Si tratta di cellule umane pluripotenti indotte (hEPSC), ossia cellule in grado di integrarsi sia con i tessuti embrionali veri e propri sia con i tessuti che aiutano l’embrione a svilupparsi, inserite in decine e decine di blastocisti di macaco cinomolgo (Macaca fascicularis) coltivate in provetta.
L’intenzione degli scienziati era quella di osservare come queste cellule si integravano e quali meccanismi di comunicazione si attivavano. A distanza di un giorno le cellule umane si erano integrate in 132 embrioni e dopo dieci giorni gli embrioni che continuavano a svilupparsi erano 103. Dopo questo periodo, però, la sopravvivenza degli embrioni in maturazione è crollata, al punto che dopo 19 giorni solo tre chimere erano ancora vive. Per tutto questo periodo la percentuale di cellule umane negli embrioni è rimasta alta ed è cresciuta costantemente. Al ventesimo giorno, come da programma all’inizio dello studio, le blastocisti sono state distrutte per non far sviluppare ulteriormente le chimere.
I processi osservati hanno dimostrato un maggior legame tra le cellule umane e le blastocisti di scimmia rispetto a quelli visti con maiali e pecore, per via della maggiore vicinanza evolutiva tra uomini e gli altri primati. Comprendere questi meccanismi biologici, secondo Belmonte, sarà d’aiuto per coltivare gli organi in altri animali. «Da queste analisi, sono stati identificati diversi percorsi di comunicazione che erano nuovi o rafforzati nelle cellule chimeriche. Capire quali percorsi sono coinvolti nella comunicazione delle cellule chimeriche ci consentirà di migliorare questa comunicazione e aumentare l'efficienza del chimerismo in una specie ospite che è più evolutivamente distante dagli esseri umani», ha dichiarato lo scienziato.
La ricerca è stata accolta fra molte perplessità da parte della comunità scientifica. In un editoriale pubblicato sulla rivista Cell, gli scienziati Henry Greely e Nita A. Farahany dell’Università di Stanford hanno affermato che lo studio pone diverse questioni etiche rilevanti in merito ad esempio all’origine delle cellule staminali umane utilizzate nell’esperimento, al benessere degli animali coinvolti e al rischio che un giorno tali esperimenti potranno essere condotti su embrioni impiantati in animali vivi.

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