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STATI UNITIUn innovativo progetto per un razzo a riconnessione magnetica

23.02.21 - 08:00
Ideato un nuovo tipo di propulsore al plasma che sfrutta la riconnessione magnetica per ottenere la spinta del razzo
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Un innovativo progetto per un razzo a riconnessione magnetica
Ideato un nuovo tipo di propulsore al plasma che sfrutta la riconnessione magnetica per ottenere la spinta del razzo

Una ricercatrice del Princeton Plasma Physics Laboratory (PPPL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) ha proposto un nuovo tipo di propulsore al plasma che utilizza il fenomeno della riconnessione magnetica per accelerare ed espellere bolle di plasma, ottenendo una spinta efficace del razzo generata da gas di scarico dieci volte più veloci di quelli di altri propulsori.
Il razzo ideato dalla scienziata Fatima Ebrahimi, in sostanza, si baserebbe sull’applicazione di campi magnetici per eiettare particelle di plasma dalla parte posteriore, consentendo così di spingere il vettore nella direzione opposta grazie al principio della conservazione della quantità di moto.
Gli attuali propulsori al plasma testati nello spazio utilizzano i campi elettrici per poter spingere le particelle. Il nuovo concept, invece, propone di accelerarle usando la riconnessone magnetica, un processo presente in tutto l’universo, inclusa la superficie del Sole, in cui le linee del campo magnetico convergono, si separano improvvisamente e poi si uniscono di nuovo, producendo una gran quantità di energia. Il fenomeno della riconnessione avviene anche all’interno dei tokamak, i dispositivi a forma toroidale, cioè a ciambella, all’interno dei quali è possibile creare le condizioni per la fusione termonucleare controllata.
«Sto pensando a questa idea di dispositivo da un po’ di tempo», ha spiegato Ebrahimi in un articolo pubblicato sul Journal of Plasma Physics, in cui descrive nel dettaglio il concept. «L’idea mi è venuta nel 2017 mentre ero seduta su un ponte e pensavo alle somiglianze tra lo scarico di un’auto e le particelle di scarico ad alta velocità create dal National Spherical Torus Experiment (NSTX) del PPPL», il precursore dell’attuale impianto di fusione di punta del laboratorio. «Durante il suo funzionamento, questo tokamak produce bolle magnetiche chiamate plasmoidi che si muovono a circa 20 chilometri al secondo, che è molto simile a una spinta».
Mentre i propulsori al plasma che utilizzano i campi elettrici per spingere le particelle riescono a produrre solo un impulso specifico basso, simulazioni al computer eseguite al PPPL e al National Energy Research Scientific Computing Center hanno mostrato che il nuovo concept di propulsore al plasma può generare gas di scarico con velocità di centinaia di chilometri al secondo, dieci volte più veloci di quelli di altri propulsori. Una tale spinta potrebbe facilitare di gran lunga i viaggi spaziali per raggiungere i pianeti esterni del Sistema solare.
«I viaggi a lunga distanza richiedono mesi o anni perché l’impulso specifico dei motori a razzo di tipo chimico è molto basso, quindi il velivolo impiega tempo per mettersi al passo. Ma se realizzassimo propulsori basati sulla riconnessione magnetica, potremmo ragionevolmente completare missioni a lunga distanza in un periodo di tempo più breve», ha affermato Ebrahimi.
La ricercatrice ha sottolineato che il suo concetto di propulsore a fusione deriva direttamente dalla sua ricerca sull’energia di fusione. «Questo lavoro è stato ispirato dal passato lavoro di fusione e questa è la prima volta che i plasmoidi e la riconnessione sono stati proposti per la propulsione spaziale. Il prossimo passo è costruire un prototipo!».

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