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Avviato un nuovo dispositivo per mappare l’energia oscura dell’universo

STATI UNITIAvviato un nuovo dispositivo per mappare l’energia oscura dell’universo

07.04.20 - 08:00
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Avviato un nuovo dispositivo per mappare l’energia oscura dell’universo
Il Dark Energy Spectroscopic Instrument ha rivolto verso il cielo i suoi 5.000 occhi robotici per indagare l’energia oscura

TUCSON - Uno strumento potentissimo
Nel mondo della scienza l’energia oscura è una sostanza tanto famosa quanto misteriosa. Essa costituisce ben il 70% dell’universo, ma gli scienziati hanno sempre espresso teorie confuse a proposito. Oggi, però, l’enigma potrebbe essere svelato grazie a un nuovo potentissimo strumento che rischia di avviare una vera e propria rivoluzione nel mondo della fisica.
Lo scorso ottobre, infatti, è stato effettuato il primo test del Dark Energy Spectroscopic Instrument (Desi), progettato per indagare appunto la misteriosa energia oscura. Il nuovo dispositivo, installato nel piano focale del Nicholas U. Mayall Telescope, ha rivolto i suoi 5.000 occhi robotici in fibra ottica verso il cielo notturno per catturare le prime immagini della luce di una galassia.
Nello specifico, l’installazione di Desi è iniziata nel febbraio del 2018 al Mayall Telescope, un telescopio riflettore di 4 metri di diametro posizionato al Kitt Peak National Observatory in Arizona, vicino Tucson. Desi e i suoi componenti pesano circa 11 tonnellate, mentre il braccio mobile del telescopio Mayall su cui Desi è installato pesa 250 tonnellate e si alza fino a 27 metri sopra il pavimento nella cupola di 14 piani della Mayall.
I componenti di Desi sono stati progettati per puntare in maniera automatica insiemi prestabiliti di galassie, raccogliere la loro luce e farne lo spettro. Desi è quindi in grado di dividere la luce proveniente dalle galassie in strette bande di colore al fine di misurare con precisione la distanza di questi oggetti celesti dalla Terra e riuscire così a stabilire di quanto l’universo si è espanso mentre la luce ha viaggiato verso il nostro pianeta.
Uno degli aspetti forse più impressionanti riguarda il numero di galassie che Desi potrà osservare.
In condizioni ideali, infatti, il dispositivo è in grado di scrutare 5.000 galassie ogni 20 minuti. Il test effettuato ad ottobre rappresenta solo l’inizio della fase finale degli esperimenti di Desi, che dovrebbe avviare ufficialmente le sue osservazioni proprio nel 2020.

5.000 occhi verso il cielo
Desi comprende mezzo milione di singole parti e il suo piano focale è organizzato in una serie di 10 petali che contengono ciascuno 500 posizionatori automatici robotizzati e una piccola telecamera che aiuta il telescopio a puntare e a mettere a fuoco. I 5.000 posizionatori sono situati sopra il telescopio e ruotano in una sorta di danza coreografica per focalizzarsi individualmente sulle galassie.
Ognuno dei piccoli occhi robotici di Desi è collegato a un cavo in fibra ottica che ha la larghezza media di un capello umano. Il tempo che i posizionatori impiegano per ruotare verso una nuova sequenza di galassie è di circa 10 secondi, una velocità senza precedenti che permetterà a Desi di mappare un numero di oggetti 20 volte superiore rispetto a qualsiasi precedente esperimento.
Recentemente, al Kitt Peak è arrivata una raccolta di spettrografi progettati per suddividere la luce raccolta in tre bande di colore separate, che consentono misurazioni precise della distanza delle galassie osservate su un’ampia gamma di colori. Questi spettrografi, che permettono agli occhi robotici di Desi di osservare anche galassie deboli e distanti, sono concepiti per misurare lo spostamento verso il rosso, il cosiddetto redshift. Ciascun spettrografo poi contiene tre telecamere, una per lunghezza d’onda ultravioletta, visibile e infrarossa.
Nel test di ottobre, i 5.000 occhi spettroscopici di Desi hanno raccolto la luce emessa dalla galassia Triangolo. Successivamente, la luce proveniente da ogni singolo cavo in fibra ottica è stata divisa in uno spettro che ha rivelato le impronte digitali degli elementi presenti nella galassia e ha infine aiutato a misurare la distanza della galassia stessa dalla Terra.

Una mappa 3D dell’universo
Desi osserverà l’universo in profondità, le sue origini e le prime fasi del suo sviluppo, fino a circa 11 miliardi di anni fa. Lo scopo è quello di creare la mappa 3D dell’universo più dettagliata di sempre.
Lungo un arco temporale di 5 anni, analizzando la distanza di 35 milioni di galassie e 2.4 milioni di quasar, localizzati su un terzo dell’area del cielo, Desi sarà in grado di rilevare misure molto precise della velocità di espansione dell’universo.
«Desi ci fornirà una mappa tridimensionale delle galassie, dei quasar e dei gas intergalattici presenti su una parte molto ampia dell’universo», ha dichiarato Xiaohui Fan, professore di astronomia presso l’Osservatorio Steward. «Guardando quella mappa, potremo vedere come è cambiata la struttura dell’universo al passare del tempo cosmico, e questo ci darà un’idea di quanto velocemente l’universo si stia espandendo, in un dato momento».
Fan ha anche spiegato che Desi può mappare un numero di quasar e galassie 20 volte superiore rispetto alle indagini precedenti, che si sono limitate a un numero piuttosto basso di immagini lungo la storia dell’universo. «Questa survey coprirà la sua storia quasi ininterrottamente e ciò ci permetterà di misurare l’effetto dell’energia oscura con una precisione molto migliore rispetto a prima», ha infatti affermato Fan.
Grazie agli spettri ottenuti da Desi si riusciranno a effettuare altri studi, oltre quello dell’energia oscura. Ad esempio, oltre a sondare quasar e galassie, Desi acquisirà spettri di stelle e aiuterà a rispondere a domande sulla natura della materia oscura, una sostanza che benché invisibile si ritiene superi di gran lunga la quantità di materia visibile nel cosmo. Inoltre, la survey aiuterà gli scienziati a comprendere meglio l’evoluzione delle galassie e dei quasar nel tempo. “Con Desi stiamo creando un set di dati che in futuro si rivelerà utile a tutti i tipi di studi astrofisici», ha dichiarato Buell Jannuzi, direttore dello Steward Observatory.

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