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PRIME IMPRESSIONI - ESCLUSIVALa Vanquish che tutti aspettavamo

18.08.14 - 02:32
Rompe il muro dei 300 chilometri orari e accelera più in fretta. Ma non importa. Perché al pari della Rapide ha un nuovo, fantastico, cambio automatico e una dinamica da prima della classe. Nessun’altra GT è altrettanto equilibrata ed affilata.
Aston Martin
La Vanquish che tutti aspettavamo
Rompe il muro dei 300 chilometri orari e accelera più in fretta. Ma non importa. Perché al pari della Rapide ha un nuovo, fantastico, cambio automatico e una dinamica da prima della classe. Nessun’altra GT è altrettanto equilibrata ed affilata.

La leggenda del mostro di Loch Ness ha indubbiamente aiutato il turismo di una cittadina piuttosto discosta quale Inverness, la capitale delle Highlands. Forse qualsiasi località pittoresca ma priva di turisti dovrebbe inventarsi una leggenda simile per attirarne migliaia anno dopo anno. Leggenda o no, la tentazione è troppo forte. Quando ci passi di fianco devi per forza fermarti sulle sponde del Lago Ness e affacciarti per verificare se scorgi qualcosa di insolito o particolare. Chissà: forse avendo riempito la vallata con il suono pieno e musicale di un 12 cilindri Aston Martin anche il mostro avrebbe voluto emergere per verificare quale strano oggetto mobile possa emettere un suono altrettanto sinfonico. Un vero peccato che non l’abbia vista, la nuova Vanquish, altrimenti anche lui non sarebbe più riuscito a toglierle gli occhi di dosso. Perché all’incredibile e potentissimo fascino delle Aston Martin è impossibile resistere. Allo stesso modo in cui, al volante, è impossibile non sentirsi almeno un po’ James Bond.

Esattamente il giorno prima della prova di cui scrivo ero passato da queste parti con un’Aston Martin Rapide S, la sportiva a quattro porte e quattro posti più esclusiva del pianeta. E proprio come la Rapide S, anche la Vanquish ha goduto di pressappoco gli stessi aggiornamenti tecnici. Nulla che si possa riconoscere da fuori, a patto di non essere un profondo (ma veramente profondo) conoscitore del marchio. Solo qualche inedita colorazione, dei cerchi in lega di nuova foggia e alcune rifiniture interne marcano la differenza tra passato e presente. Un passato che non ha brillato per alcune scelte tecniche, ma che ora può splendere con piena luminosità grazie ad un accurato lavoro di affinamento. Primo tra tutti il nuovo cambio automatico: dal precedente sei rapporti “Touchtronic II” si è passati ad un Touchtronic III ad 8 rapporti sviluppato dalla nota ZF, integrato però per la prima volta in uno schema Transaxle, quindi con motore all’avantreno e cambio al retrotreno. E questo nuovo cambio era proprio quello che ci voleva per far si che la Vanquish conquistasse quel posto che anche solo per la linea e per il suo V12 si meriterebbe nell’olimpo delle Gran Turismo.

Non soltanto perché non smetteresti mai di guardarla o di immortalarla dalle angolazioni migliori, bensì perché anche a seguito della delusione dovuta al non aver avvistato il famigerato mostro che sta sotto al lago, puoi accendere quello che sta sotto al cofano e guidare per ore e ore perdendoti nelle scenografiche, caratteristiche, tormentate ed entusiasmanti stradine scozzesi. È mediamente più comoda di qualsiasi concorrente che mi venga in mente. Dopo aver percorso 300 chilometri su queste dissestate stradine delle Highlands la schiena non è distrutta, i timpani ancora intatti, la mente non ancora stanca. Non si scende dall’abitacolo riposati come su una Bentley, ma nemmeno sfiancati come su una rivale di Maranello.
È una Gran Turismo che, però, non si dimentica di essere una grande coupé sportiva dal comportamento degno del casato che rappresenta. Ancor più ora che piccoli ma sapienti lavori di affinamento hanno saputo affilarla al punto giusto, proprio come sulla Rapide S di cui abbiamo scritto la scorsa settimana. Ovviamente quando si incalza il ritmo giusto la Vanquish è ancora più sanguigna della cugina a quattro porte con cui condivide il pianale e gran parte degli organi meccanici. Se già la Rapide ti sapeva sorprendere con un’invidiabile compostezza e stabilità, aiutata dal baricentro basso, sulla Vanquish tutto ciò viene traslato su un corpo vettura più compatto, più basso, ma non per questo più nervoso. Semplicemente le Pirelli PZero riescono ad aggrapparsi ancora di più all’asfalto. Aiutano le sospensioni più rigide del 15% all’anteriore e 35% al posteriore, così come una ECU dello sterzo sapientemente ricalibrato per una precisione ancora maggiore dello sterzo. Sebbene possa sembrare assurdo dirlo di un’automobile con 576 cavalli e 630 Newtonmetri di coppia (rispettivamente 3 e 10 in più di quanti fino ad oggi erogati), la parola che più si addice alla Vanquish è: equilibrio. La perfetta ripartizione dei pesi tra i due assi, il baricentro basso, la comunicatività e l’avvicinarsi progressivo al limite. Tutto è equilibrato e messo a punto con tanto amore per la guida.

Questo spettacolare sei litri diviso in dodici cilindri è spettacolare, caratterizzato da una colonna sonora che aggrada le orecchie e stimola i sensi ai bassi quanto agli alti regimi, quando nei pressi della zona rossa inizia la vera e propria musicalità. Un motore spettacolare perché i cavalli erogati sono frutto della cilindrata e si sente dalla pienezza con cui accumula giri protraendosi sino al limitatore. Ed il bello è che, pari pari al telaio, allo sterzo e alle sospensioni, più ci si avvicina al limitatore più diventa affilato. Un proporzionalità integrata ed estesa a tutti i componenti dinamici dell’automobile. I rapporti del cambio sono perfetti, tanto che pur avendo otto rapporti non bisogna abusare della palette fisse sul piantone dello sterzo con cui le si innesta e si scala “comme il faut”. Veloce, senza esitazioni, con quel piccolo tocco analogico che non guasta mai. E queste belle sensazioni di guida (scusatemi la banalità dell’aggettivo) sono tali proprio perché sono quelle classiche che ritrovi su una qualsiasi raffinata ed equilibrata sportiva a trazione posteriore con un grosso motore posto davanti all’abitacolo. Un po’ come rincontrare un amico di vecchia data e, nonostante gli anni passati distanti, interagire e divertirsi come si faceva prima di perdersi di vista. Senza esitazioni e senza imbarazzi. Con naturalezza. E se devo dirla tutta, l’apice dell’esperienza di guida della Vanquish emerge quando viene chiamato in causa il nuovo differenziale Oerlikon Graziano. Sono quelle curve da seconda o ancora meglio terza piena, veloci, dove con qualche grado di acceleratore in più riesci a “chiudere” la parte finale della curva con il posteriore. Senza derapare o controsterzare, semplicemente riallineando lo sterzo ad una velocità maggiore di prima. Una finezza non da poco.

Percorrendo queste strade che da Inverness mi hanno portato sulle costiere occidentali della Scozia si capisce perché spesso i nostri colleghi del Regno Unito si lamentano del fatto che non tutte le automobili sportive (anzi: a dir la verità sono molto poche) funzionano sulle strade “giuste” della loro nazione. L’asfalto è ruvido e garantisce un buon grip meccanico, ma è ricco di avvallamenti in ogni dove, vanta una densità di buche pari a quella del formaggio di Emmental e le crepe che sembrano riprodurre il sistema circolatorio umano. È fantastico guidare qui, con questi panorami spettacolari, ma può essere davvero un incubo se l’auto non sopporta questa tipologia di superficie. Bisogna mettere a punto un’automobile davvero stabile ma non troppo rigida per riuscirci. E Aston Martin ci è riuscita a pieni voti. Tanto che i 576 cavalli, alla fine della giornata, riesci a sfruttarli tutti. Ma proprio tutti.

 

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