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STATI UNITINon solo guai: la blockchain può proteggerci

13.02.18 - 11:16
Microsoft vuole usare la tecnologia alla base dei vituperati bitcoin per elaborare sistemi di protezione dell'identità digitale e migliorare la privacy
Non solo guai: la blockchain può proteggerci
Microsoft vuole usare la tecnologia alla base dei vituperati bitcoin per elaborare sistemi di protezione dell'identità digitale e migliorare la privacy

NEW YORK - Microsoft abbraccia la tecnologia blockchain, quella alla base della creazione dei bitcoin, ma per applicarla nel campo della protezione dei dati personali. In un post ufficiale la compagnia di Redmond ha annunciato di voler usare questo tipo di tecnologia per l'immagazzinamento di identità digitali e per migliorare la privacy.

La blockchain, letteralmente catena di blocchi, è una sorta di libro mastro digitale che tiene nota di diverse operazioni che sono tutte criptate. Solo per fare un esempio, l'Estonia uno dei paesi più digitalizzati al mondo vuole trasferire tutto - dal sistema pensionistico al fisco - sulla blockchain.

«Crediamo sia essenziale per le persone possedere e controllare tutti gli elementi della propria identità digitale - spiega Microsoft in un post ufficiale - piuttosto che dare consenso ad un numero infinito di app e servizi e lasciare che i propri dati si diffondano tra i diversi provider, gli utenti necessitano di un luogo digitale dove possono conservare la loro identità». Potranno così preservare i loro dati e averne accesso. Il piano è in collaborazione con la Decentralized identity foundation.

La tecnologia blockchain, secondo alcuni esperti la vera rivoluzione del fenomeno bitcoin, garantisce la sicurezza delle informazioni e può essere uno strumento a tutela di documenti delicatissimi e che toccano direttamente la sfera personale.

Ad ottobre, in due seminari organizzati a Milano e a Pavia dal giudice Amedeo Santosuosso, direttore scientifico dello European center for Law, science and new technologies (Eclt) dell'università di Pavia, e con la partecipazione di Oliver R. Goodenough, dell'Università del Vermont e collaboratore del Centro per l'Informatica giuridica dell'università di Stanford (Codex), è stata lanciata l'idea di usare la tecnologia blockchain per il testamento biologico e le dichiarazioni di volontà relative ai trattamenti salvavita «per avere la certezza che i documenti siano non modificabili».

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